IRAN: Accordo nucleare con Brasile e Turchia, scettici gli Usa

WASHINGTON, 19 maggio 2010 (IPS) – L’amministrazione del presidente statunitense Barack Obama ha reagito con scetticismo all’accordo di scambio di materiale nucleare firmato lunedì scorso tra Iran, Turchia e Brasile. La Casa Bianca suggerisce che Teheran dovrà comunque compiere ulteriori e significativi passi per soddisfare le richieste statunitensi ed occidentali rispetto al suo programma nucleare.

“Rispettiamo gli sforzi fatti da Turchia e Brasile – ha detto l’addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs in un comunicato diffuso poco dopo la notizia della firma avvenuta a Teheran –. Gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i nostri partner internazionali e attraverso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per rendere evidente al governo iraniano che deve dimostrare con i fatti, e non solo con le parole, la sua volontà di rispettare gli obblighi internazionali o di affrontare sanzioni”.

La dichiarazione della Casa Bianca ha trovato eco in una dichiarazione simile diffusa dall’Unione europea: “Se l’Iran ha ora accettato le proposte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), ne siamo contenti, ma ciò non risolve il problema fondamentale, che è che la comunità internazionale nutre serie preoccupazioni circa la natura pacifica del programma nucleare iraniano”, ha detto la portavoce dell’Ue Maya Kocijancic.

Esperti indipendenti, però, indicano che l’accordo in dieci punti, firmato dai ministri degli esteri dei tre paesi coinvolti, è destinato quasi certamente a intralciare gli sforzi statunitensi e occidentali per ottenere dal Consiglio di sicurezza un quarto round di sanzioni contro Teheran.

Assumendo che Teheran tenga fede agli impegni sottoscritti, Brasile e Turchia, entrambi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza, voteranno contro una risoluzione con nuove sanzioni. E ciò darà una copertura politica agli altri membri – Cina e Russia innanzi tutto – per poter decidere di usare il diritto di veto.

“Ci sono persone a Washington (ma anche a Londra e a Parigi) che sono determinate a ottenere una risoluzione con forti sanzioni, e questo accordo è un colpo a loro e a tutto l’intenso lavoro diplomatico che hanno fatto negli ultimi sei mesi”, ha scritto Gary Sick, uno specialista della Columbia university che ha lavorato su questioni connesse all’Iran per i presidenti Ford, Carter e Reagan.

“Chiaramente sarà molto più difficile, se non impossibile, avere una risoluzione con forti sanzioni se questo accordo è sul tavolo”, ha scritto Sick sul suo blog.

Secondo l’accordo, mediato dal presidente brasiliano Inacio Lula da Silva e dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e trasmesso all’Aiea in questi giorni, l’Iran trasporterà entro fine giugno 1200 chilogrammi di uranio a basso arricchimento dai suoi stock in Turchia in cambio di 120 chilogrammi di uranio arricchito al 20 per cento da usare nel reattore di ricerca di Teheran (Trr) per produrre isotopi a scopo medico.

Le quantità di uranio citate nell’accordo sono le stesse che a ottobre scorso aveva proposto l’Aiea su indicazione del gruppo 5 più uno (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, più la Germania).

Non è ancora chiaro se il nuovo accordo sarà accettato dagli Stati uniti e dall’Ue. A ottobre 1200 chili erano circa il 70 per cento delle riserve iraniane di uranio a basso arricchimento, mentre oggi sono poco più di metà di un totale stimato in 2300 chili.

Se lo scambio avesse luogo adesso, rimarrebbe comunque in Iran abbastanza uranio da usare, almeno in teoria, per raggiungere la soglia critica, dato l’attuale ritmo di arricchimento. Quindi, Washington potrebbe chiedere di aumentare la quantità di uranio trasferito in Turchia come condizione per l’approvazione dell’accordo.

Un altro possibile problema dipende dal fatto che Teheran all’inizio dell’anno aveva annunciato di aver già iniziato ad arricchire piccole quantità di uranio al 20 per cento per il Trr. Se il nuovo accordo entra in vigore, l’uranio arricchito al 20 per cento potrebbe essere importato dall’estero, probabilmente da Francia e Russia.

L’accordo però non dice se l’Iran potrà continuare con l’arricchimento al 20 per cento e i funzionari iraniani citati dalla stampa internazionale hanno precisato che questo arricchimento andrà avanti. Secondo molti osservatori, l’occidente insisterà per ottenere la cessazione di questo arricchimento come condizione per accettare l’accordo.

Entrambi questi problemi – e altri ancora – potrebbero ora essere di nuovo materia di negoziato tra l’Iran e il G5+1 come ha detto lo stesso presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad all’apertura del summit del G15 lunedì scorso. “Spero che i 5+1 arrivino ai colloqui con onestà, rispetto e lealtà – ha detto Ahmadinejad – e riconoscano il grande lavoro avviato a Teheran”.

Il comunicato dei ministri degli esteri ha dato il benvenuto alla decisione della repubblica islamica dell’Iran di continuare come in passato il dialogo con i paesi del 5+1 in Turchia “sulla base delle preoccupazioni comuni e degli impegni comuni assunti nelle loro proposte”.

“Questo rimanda la palla nel campo occidentale – ha scritto Sick – Se l’occidente accetta l’accordo e se inizia un nuovo round di negoziati, sul nucleare e sulle altre questioni, allora potremmo essere a una svolta. Se l’occidente lo respinge o se i due lati non lo usano per affrontare alcune delle questioni di fondo, allora si sarà ottenuto molto poco”.

Diversi fattori, tuttavia, suggeriscono che Washington e i suoi alleati siano abbastanza disposti a prendere sul serio quest’ultima proposta, non fosse altro per la sponsorizzazione e la crescente influenza sia della Turchia, la cui posizione strategica è oggi perfino più importante che durante la Guerra fredda, che del Brasile, che in America latina è il candidato più forte a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza.

Entrambi i paesi, poi, sono democrazie in crescita, membri del G20 e attraggono quantità considerevoli di investimenti occidentali. Inoltre, il fatto che il leader iraniano l’ayatollah Ali Khamenei è sembrano volersi associare personalmente all’accordo, incontrando il presidente Lula, rende più difficile ridurre l’accordo a una mossa di politica interna, nota Trita Parsi, presidente del Consiglio nazionale degli iraniani americani.

“Ai livelli più alti del Movimento verde a Teheran – aggiunge Parsi – potrebbero far piacere che una questione come questa venga messa da parte, perché sono frustrati per il fatto che si parli solo di nucleare e non di diritti umani. Allo stesso modo, l’amministrazione Obama potrebbe trovarsi in una situazione molto delicata rispetto a un Congresso che ha votato sanzioni molto consistenti, dirette soprattutto contro aziende di paesi terzi che fanno affari in Iran, e si è impegnato a presentare al presidente un disegno di legge unificato entro la fine di maggio. Il presidente ha sempre detto di voler aspettare per vedere se la diplomazia avrebbe avuto successo – aggiunge ancora Parsi – E se ora la diplomazia ha successo, ma nonostante questo, si decidono nuove sanzioni, allora ci saranno parecchi problemi”.

Nel suo comunicato, la Casa Bianca dice di rimanere impegnata nella ricerca di una soluzione diplomatica al problema del programma nucleare iraniano, come parte del doppio binario scelto dal G5+1 e che si consulterà costantemente con gli alleati su questi nuovi sviluppi. © IPS/Carta

* Articolo pubblicato sulla Rivista Carta. www.carta.org