POLITICA: Caso Bhutto, l’Onu rifiuta di riaprire le indagini

NAZIONI UNITE, 1 aprile 2010 (IPS) – Una commissione ristretta delle Nazioni Unite incaricata di indagare sull’assassinio dell’ex Primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto, avvenuto nel 2007, ha nettamente respinto una richiesta di riapertura delle indagini.

Il rifiuto è arrivato meno di 24 ore dopo la prevista pubblicazione al Palazzo di vetro di un rapporto sull’omicidio.

Il portavoce Onu Martin Nesirky ha spiegato ieri che la commissione ritiene di aver concluso il proprio lavoro, “e che non è necessario prendere in esame nessuna informazione aggiuntiva”.

“Le spiegazioni fornite dai commissari ci dicono che ad oggi il loro lavoro è concluso”, ha dichiarato.

Questo rifiuto è arrivato come uno schiaffo per il Presidente pakistano Asif Ali Zardari, vedovo della Bhutto, che aveva anche presentato una “richiesta urgente” di rinviare la pubblicazione del rapporto della commissione.

Il Segretario Generale Ban Ki-moon ha comunque deciso di acconsentire alla richiesta e il dossier dovrebbe uscire il 15 aprile.

Qualche ora dopo il rinvio, dopo un incontro con i tre commissari, il Segretario Generale ha dichiarato che “ogni fatto e circostanza rilevante è già stato esaminato, e il rapporto è completo e pronto per la pubblicazione”.

Ma all’ultimo momento, in seguito alla richiesta di Zardari, le Nazioni Unite hanno fermato l'uscita del rapporto, cancellando la conferenza stampa prevista martedì pomeriggio per la presentazione del dossier. La commissione era stata nominata proprio per una richiesta del governo pakistano di aprire un’indagine sull’omicidio e sulle circostanze che avevano portato alla morte di Benazir Bhutto, per mano di un attentatore suicida.

Della commissione, guidata dall’ambasciatore cileno Heraldo Munoz, facevano parte anche Marzuki Darusman, un ex procuratore generale dell’Indonesia e Peter Fitzgerald, della polizia nazionale irlandese.

Il rapporto sull’inchiesta, dopo nove mesi di intensa attività, sembra concludersi con diverse critiche nei confronti dell’esercito e dell’apparato di sicurezza del Pakistan, per il suo fallimento nel proteggere la Bhutto.

Raccoglie poi alcune delle prove raccolte da una squadra britannica di Scotland Yard, che critica il governo per non essere riuscito ad impedire l’inquinamento delle prove sulla scena del crimine, permettendo che venissero eliminate prove sostanziali.

Bhutto venne uccisa nel dicembre 2007, durante la campagna per le elezioni presidenziali. L’assassinio avvenne circa 10 settimane dopo il suo rientro nel paese dall’esilio politico.

Secondo alcune notizie giunte da Islamabad, il governo pakistano voleva che i commissari individuassero due capi di stato non identificati che sembra avessero avvertito la Bhutto delle minacce alla sua vita, un elemento giudicato fondamentale per l’inchiesta.

Interpellato su questi avvertimenti, Nesirky ha detto che i commissari hanno esaminato un numero notevole di informazioni rilevanti, incluso le notizie comparse sui media negli ultimi giorni.

“Dopo essersi consultati, alla luce delle ultime informazioni, continuano a sostenere di aver portato a terminare il loro lavoro”, afferma.

Quanto alla possibilità di estendere il mandato della commissione, il portavoce ha spiegato che i commissari ribadiscono di aver concluso il loro lavoro.

“Ogni estensione che preveda un rinvio nella presentazione del rapporto sarà puramente tecnica”, ha dichiarato Nesirky.

Ha poi aggiunto che il governo del Pakistan, se lo volesse, è libero di fornire qualsiasi informazione che ritiene valga la pena di prendere in considerazione.

Il rifiuto al governo di Zardari arriva proprio mentre il presidente è sul punto di perdere la propria autorità politica, laddove il parlamento minaccia di privarlo di alcuni dei suoi poteri.

Nel frattempo, è arrivata una richiesta alle autorità svizzere di riaprire un vecchio caso di corruzione contro Zardari.

La richiesta fa seguito alla decisione della Corte Suprema di annullare l’amnistia concessa al presidente, che lo aveva tutelato dal procedimento legale.

E alla luce della decisione della Corte, Zardari rischia di essere indagato per accuse di corruzione mentre è ancora in carica.

Il presidente ha negato con forza le accuse e ribadito di godere dell’immunità per la carica che occupa. © IPS