EDITORIALE: Elezioni europee, crisi d’identità nei partiti socialisti

LISBONA, 4 maggio 2009 (IPS) – Dagli Stati Uniti cominciano ad arrivare le prime notizie positive sulla crisi economica, anche dal settore bancario (Goldman Sachs, Citigroup, Morgan Chase, ecc.). Per ora non sono che timidi segnali, ma Barack Obama non smette di combattere su tutti i fronti, con coraggio e rigore.

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Al contrario, nell’Unione europea mancano leader responsabili: quelli attuali non individuano le cause della crisi e le sue possibili soluzioni, e non riescono a concordare un piano europeo coerente e orientato verso il futuro. Alcuni osservatori temono il peggio, che si possa addirittura arrivare ad una disgregazione del progetto europeo, e anche se non mi metto tra loro, la situazione mi sembra piuttosto grave.

All’inizio di giugno si terranno le elezioni europee, ma vista la mancanza di idee nuove e lo scarso dibattito tra i partiti in lizza, c’è da temere una forte astensione. Gli elettori non credono che gli attuali leader possano risolvere i loro problemi immediati, perciò rispondono con indifferenza e disinteresse.

In questo panorama, il Partito socialista europeo, guidato da una personalità capace, il sindacalista ed ex primo ministro danese Poul Nyrup Rasmussen, ha presentato lo scorso 19 marzo in vista del prossimo vertice del G20 una dichiarazione sottoscritta da tutti i leader socialisti europei… che poi però non è stata presa in considerazione. La stessa sorte è toccata ad un’altra proposta analoga della Confederazione europea dei sindacati. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Per superare questa crisi servono invece politiche di sinistra, per affrontare i problemi fondamentali: la crescente disoccupazione, la mancanza di credito che trascina verso il fallimento piccole e medie imprese, l’aumento della povertà. In mancanza di politiche sociali e ambientali efficaci, che la gente possa sentire sulla propria pelle, la fiducia dei cittadini europei non verrà ristabilita. E senza fiducia mancheranno le condizioni per superare la depressione.

La dichiarazione del Partito socialista europeo illustra le sue proposte anti-crisi in sette punti:

Un incremento significativo degli investimenti, sostanzialmente per stimolare l’economia e fornire denaro alle banche, perché queste possano a loro volta concedere crediti a chi ne ha più bisogno.

L’attuazione di maggiori agevolazioni creditizie per assicurare il rilancio dell’economia reale, non per attività finanziarie di tipo speculativo.

Un patto sociale per l’occupazione, da finanziare attraverso i fondi sociali europei e i fondi di sviluppo regionale.

Un patto per il progresso sociale, inteso ad evitare nuove divisioni in Europa.

Una politica di solidarietà economica tra i 27 Stati membri dell’Unione europea che preveda un aiuto ai paesi che ne hanno più necessità, e coordinato dalla Commissione europea in stretta collaborazione con i membri e anche con la partecipazione del Fondo monetario internazionale.

Un’azione globale concertata tra tutti gli Stati per stimolare una crescita economica più sicura e sostenibile, una normalizzazione finanziaria basata su una migliore regolamentazione del sistema che preveda l’affermazione di valori etici, e per assicurare che i negoziati commerciali mondiali del Round di Doha portino a un nuovo ordine commerciale che benefici tutti i paesi e aumenti la solidarietà delle nazioni ricche nei confronti di quelle più povere; e l’eliminazione dei paradisi fiscali e del segreto bancario.

Infine, riprendere in mano gli Obiettivi di sviluppo del millennio in modo da raggiungere tutti i traguardi fissati entro la scadenza del 2015.

Secondo il Partito socialista europeo, questo progetto permetterà di superare la crisi economica, e al tempo stesso di approfittare di questa opportunità storica per costruire un futuro migliore e più giusto. Con questo programma, i socialisti si presenteranno alle elezioni che si svolgeranno nei diversi paesi dell’Unione tra il 4 e il 7 giugno, per eleggere nel Parlamento europeo i rappresentanti di 500 milioni di cittadini. I partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti possono vincere questa sfida, ma devono guadagnarsi la fiducia dell’elettorato, e convincerlo che porteranno a compimento le loro promesse.

Il Partito popolare europeo, che riunisce i partiti di destra, ha già un candidato alla Presidenza della Commissione europea: il suo attuale presidente José Manuel Durão Barroso, che spera di essere rieletto. Vale a dire, sempre la stessa storia.

Ma questo è un problema della destra. Ciò che è inaccettabile, perché è un errore colossale e incomprensibile per gli elettori di sinistra, è la posizione finora adottata dai primi tre ministri socialisti europei – il britannico Gordon Brown, lo spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero e il portoghese José Sócrates – in favore del candidato del Partito popolare.

È una rinuncia ideologica per ragioni personali o nazionali? Il Partito socialista europeo abdicherebbe alle proprie funzioni se non presentasse un candidato socialista, poiché di certo non mancano tra le sue fila buoni candidati, e alcuni eccellenti. I dirigenti citati devono rispondere ai loro obblighi, altrimenti si renderanno responsabili di una sconfitta elettorale decisiva e, per di più, lasceranno l’Unione europea senza una leadership adeguata per una stretta cooperazione con gli Stati Uniti di Obama volta a vincere la crisi.