POLITICA: La comunità globale fugge dalla Somalia troppo instabile

NAZIONI UNITE, 19 dicembre 2008 (IPS) – La comunità internazionale sta prendendo le distanze da una delle zone di guerra più pericolose e politicamente turbolente del Corno d’Africa: la Somalia, perennemente devastata dagli scontri.

Il segretario generale Ban Ki-moon alla conferenza stampa di fine anno ONU/ Paulo Filgueiras

Il segretario generale Ban Ki-moon alla conferenza stampa di fine anno
ONU/ Paulo Filgueiras

Mercoledì scorso, il segretario generale Ban Ki-moon ha confessato di avere praticamente perso ogni speranza sull’invio di una forza di peacekeeping ONU nel paese, ormai considerato uno stato fallito.

“Il rischio di anarchia in Somalia è evidente e concreto. Perciò è necessario agire”, ha dichiarato ai giornalisti alla consueta conferenza stampa di fine anno.

”Ho parlato con i leader di 50 paesi e con tre organizzazioni internazionali sulla possibilità di coordinare una forza multinazionale. Nessun paese si è offerto di guidarla”, anche se alcuni hanno acconsentito ad inviare truppe, ha aggiunto.

Ban ha ammesso che la situazione in Somalia è “molto instabile e pericolosa, e assai rischiosa per eventuali operazioni di peacekeeping”.

Il mandato del contingente ONU proposto dovrebbe essere molto limitato, quanto all’uso delle armi e al lancio di operazioni militari.

”È un’operazione di mantenimento della pace, non di rafforzamento della pace, perciò deve esserci una differenziazione e una chiara definizione del ruolo, del mandato e della funzione di peacekeeping”, ha precisato Ban.

”Se non c’è nessuna pace da mantenere – ha osservato – le operazioni di peacekeeping non hanno ragione di esistere nel paese”.

In una conferenza stampa martedì scorso, il segretario di Stato USA uscente Condoleezza Rice aveva dichiarato che Washington si augura che l’ONU sarà in grado di riunire una nuova forza di mantenimento della pace in Somalia entro fine anno.

Ma il segretario generale ha spiegato di avere già fatto “enormi sforzi” negli ultimi quattro mesi per costituire una forza multinazionale, come richiesto dal Consiglio di sicurezza.

Ha poi sottolineato che un solo paese – senza specificare quale – tra i 15 membri del Consiglio di sicurezza si è detto disposto a fornire fondi, ponti aerei e altri equipaggiamenti.

Pochi paesi hanno messo a disposizione unità militari, ma nessuno si è offerto di guidare l’eventuale forza di peacekeeping, che dovrebbe essere “una forza di spedizione molto esperta, autosufficiente, con piene potenzialità di difendersi da minacce ostili”.

Quasi nessuno stato membro è disposto a mettere a rischio le proprie truppe in questo ambiente così pericoloso.

L’aumento delle attività di pirateria a largo delle coste della Somalia è un’altra seria minaccia con cui la nuova forza dell’ONU potrebbe doversi confrontare.

Da gennaio 2007, la missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom), formata da circa 3.450 soldati, sta cercando di mantenere la pace senza successo. Ma il numero totale delle unità militari è di molto inferiore al contingente autorizzato di 8mila truppe.

I soldati di Amisom, inviati per aiutare il governo di transizione sostenuto dall’Occidente del presidente Abdullahi Yusuf Ahmed, provengono principalmente da Burundi, Uganda, Ghana e Nigeria. Sono loro che dovevano essere sostituiti dalla forza multinazionale dell’ONU.

Ma in mancanza di questa nuova unità, Ban ha chiesto agli stati membri di rafforzare l’Amisom contribuendo con nuovi eserciti, nuovi fondi ed attrezzature. La risposta è stata deludente.

Nel suo ultimo rapporto al Consiglio di sicurezza lo scorso settembre, il segretario generale aveva dichiarato: “Si sono verificati attacchi immotivati e senza precedenti contro le posizioni di Amisom” quest’anno, con diversi soldati uccisi o feriti.

All’inizio di questa settimana, la Somalia è anche precipitata in una crisi politica interna, quando il presidente Ahmed ha sfidato il parlamento cercando di cacciare il primo ministro per sostituirlo con uno dei suoi uomini.

Intanto, i ribelli islamici hanno rafforzato sempre di più il controllo di alcuni dei principali villaggi e città, mentre il governo di transizione è ancora rifugiato a Baidoa, nella Somalia centrale.

Alla conferenza stampa, il segretario generale si è detto preoccupato anche per il futuro dello Zimbabwe, un altro paese africano alle prese con una crisi politica e umanitaria.

”La situazione umanitaria è ogni giorno più allarmante. Lo Zimbabwe è sull’orlo del collasso economico, sociale e politico” ha affermato. “Ne ho parlato con il presidente [Robert] Mugabe a Doha qualche settimana fa. Gli ho detto che le cose devono cambiare, in fretta, e che io e le Nazioni Unite siamo pronti a dare il nostro contributo”.

Ban spiega che Mugabe aveva accettato di ricevere un inviato dell’ONU, Haile Mankerios.

”Adesso ci dicono che i tempi non sono maturi. Ma se non è questo il momento giusto, allora quando?”, ha chiesto.

Per di più, lo Zimbabwe è stato recentemente colpito da un’epidemia di colera, che ha provocato oltre mille morti.

A chi gli ha chiesto di fare un bilancio sui suoi due anni di mandato come segretario generale, Ban ha risposto: “Se dovessi fare solo una riflessione personale, ho cominciato il mio lavoro di segretario generale con molto entusiasmo. Era molto eccitante per me, personalmente e professionalmente”.

Poi quell’entusiasmo e quell’eccitazione si sono trasformati in una fase molto scoraggiante, ha commentato. “Dopo aver visto così tante persone che non hanno visto garantirsi il benessere personale e i propri diritti umani, mi sono sentito molto amareggiato”.

”Poi c’è sempre il problema della mancanza di risorse e di volontà politica; per questo non ho potuto vedere progressi in tutte le iniziative, le misure e le problematiche di ciascun paese, il che mi ha lasciato molto frustrato e scosso”.

Inoltre, ha osservato, il 2008 è stato anche un anno di crisi molteplici – alimentare, energetica e finanziaria.

”Ci sono così tante questioni in cui diversi attori devono essere coinvolti. Poi, con la crisi finanziaria globale, siamo ancora in un momento di allarme. Molte persone si sono fatte prendere dal panico. Queste sono cose che sento a livello personale, è solo una riflessione personale”, ha aggiunto.