ECONOMIA-MALAYSIA: Una nuova possibilità per i poveri delle aree rurali

KUALA LUMPUR, 6 aprile 2006 (IPS) – Dopo aver visto lo sviluppo sfiorarli per trent’anni, i poveri delle aree rurali della Malaysia – per la maggior parte di etnia nativa malese – possono oggi coltivare qualche speranza per il futuro.

Sotto il primo ministro Mahathir Mohamad, la sfida era riuscire ad eguagliare storie esemplari come quella della Corea o del Giappone. In questo processo, sono esplosi i centri urbani e sono nati nuovi ricchi; ma i poveri rurali sono rimasti ignorati, i loro redditi addirittura peggiorati, ed è aumentato il divario all’interno della comunità malese.

La scorsa settimana, il primo ministro Abdullah Badawi ha presentato il nono Malaysia Plan (9MP) per 200 milioni RM (54 milioni di dollari Usa), un progetto di sviluppo su cinque anni che mira a invertire la tendenza portando più cibo sulla tavola dei poveri e più denaro nelle sue tasche. Il piano è inteso a rafforzare l’economia, sradicare la povertà e migliorare la qualità di vita e di governance.

“Il governo crede fermamente nello sradicamento della povertà, nella necessità di una crescita più equilibrata, di benefici distribuiti in modo equo e giusto”, ha dichiarato Abdullah alla presentazione del piano in parlamento.

L’inversione di tendenza non poteva arrivare in un momento più opportuno, poiché il crescente gap tra ricchi e poveri viene percepito come il risultato di un raffinato esercizio di ingegneria socialmente costoso, che ha lo scopo di favorire la comunità dei “bumiputra” (figli della terra).

Secondo il rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano 2004, la Malaysia registra le maggiori disparità di reddito del Sud-est asiatico: il 10 per cento più ricco guadagna 22 volte di più rispetto al 10 per cento più povero della popolazione.

Per i critici di Badawi, si tratta di un passo indietro dalle stelle alle stalle, al predicare l’agricoltura e la pesca. Ma per molti esperti economici e sociali, la svolta verso un piano di sviluppo più equilibrato, con la giusta attenzione al benessere della gente comune, è un’idea gradita.

“Il 9MP dà un taglio netto agli errori del passato. I vantaggi per pochi fortunati devono essere sostituiti da cambiamenti strutturali e pari opportunità basate sul merito e sul bisogno”, scrive Khairy Jamaluddin, banchiere e leader della United Malay National Organisation (UMNO), il partito al governo guidato da Adbullah.

“Gli ultimi dubbi che il primo ministro non desse il suo imprimatur al documento economico per i prossimi cinque anni, sono stati categoricamente ed enfaticamente annullati in Parlamento venerdì pomeriggio”, ha scritto in un commento sul quotidiano News Straits Times del 1° aprile.

“Invece di lasciarsi incastrare dal pensiero e dalle strategie antiquati della burocrazia economica, Abdullah Badawi ha usato il 9MP per dare forza alle sue riforme”, ha aggiunto.

“Invece di affidarsi eccessivamente alle esportazioni elettroniche per dare impulso all’economia del paese, ha fatto l’audace tentativo di rafforzare diversi settori – anche quelli che vengono criticati come industrie in declino – per assicurare una crescita ampia e solida”, scrive Khairy. “Lui crede in una rivoluzione agricola che vada oltre le parole. Il budget stanziato per l’agricoltura e le industrie connesse è superiore del 70 per cento rispetto al piano precedente”.

Il piano mira a sradicare completamente la povertà estrema in Malaysia, risolvendo la piaga dei 300.000 abitanti – ossia l’1,2 per cento dei 26 milioni di abitanti del paese – che sopravvivono con meno di 400 RM (100 dollari) al mese.

Punti chiave del pacchetto sono sradicare la povertà, eliminare le disparità di reddito e promuovere la trasparenza e l’affidabilità per attrarre gli investitori dall’estero. Il piano punta a dimezzare il tasso di povertà complessivo al 2,8 per cento entro il 2010.

I piani su cinque anni sono stati strumenti importanti per rimodellare e ristrutturare l’economia post-coloniale, riducendo la dipendenza dal caucciù e dallo stagno, e diversificando l’industria verso la manifattura e il commercio.

Il primo di questi progetti è stato lanciato a seguito degli scontri razziali del 1969 tra i malaysiani, politicamente dominanti ma economicamente arretrati, e la minoranza cinese che detiene il potere economico.

L’agricoltura si espanderà del cinque per cento l’anno, con gli 11,4 miliardi RM (tre miliardi di dollari) stanziati dal governo per promuovere l’attività commerciale su larga scala.

Circa il 40 per cento dei malaysiani vive nelle aree rurali. Secondo Abdullah, il rilievo dato all’agricoltura porterà ad aumentare il reddito rurale, a ridurre le disparità di reddito e a sradicare la povertà.

Tuttavia, la continua attenzione per i malesi rischia di creare scontento tra la popolazione cinese – e anche tra gli indiani, che da Badawi si aspettavano delle misure volte ad alleviare i loro problemi.

“Non ce n’era neanche una”, ha affermato S. Arulchelvam, indiano autorevole e segretario generale del Partito socialista della Malaysia.

Una politica in favore dei malesi lanciata nel 1971 prevedeva che questo gruppo etnico detenesse il 30 per cento dei capitali d’impresa. Ma dopo 35 anni, la quota malese rimane ferma al 19 per cento, mentre quella degli indiani è scesa dall1,5 all’1,2 per cento, e quella cinese è aumentata di circa il 40 per cento.

Come se non bastasse, il tasso di povertà tra i malaesi è ancora il più alto, con l’8,3 per cento nel 2004, seguito dagli indiani al 2,9 per cento e dal cinese, allo 0,6 per cento.

L’etnia malese costituisce il 60 per cento della popolazione; quella cinese intorno al 26 per cento, mentre la parte restante è composta da indiani e tribù indigene.

L’icona dell’opposizione Anwar Ibrahim ha condannato la soluzione del governo di favorire i malesi, sostenendo che questa politica non solo sarebbe obsoleta e corrotta, ma comporterebbe vantaggi solo per pochi ben inseriti, a spese di malesi, cinesi e indiani poveri.

“Genera mediocrità. Indebolirà la base economica della nostra industria, mentre è arrivato il momento di abbandonare queste politiche influenzate da questioni razziali e lanciare una nuova agenda economica che aiuti tutti i poveri, a prescindere dalla razza”, ha commentato Anwar all’IPS. “Abdullah ha promesso un governo pulito, efficiente e trasparente, ma finora ci sono state solo parole e niente fatti”.