MEDIA: Nelle Filippine il massacro continua

Manila, 13 settembre 2004 (IPS) – Mettere alla prova i limiti della libertà di stampa nelle Filippine può essere un’impresa pericolosa. I bravi giornalisti che scelgono l’imparzialità corrono il rischio di essere massacrati

Ogni anno vengono uccisi in media tre giornalisti e di recente il numero è drammaticamente aumentato.

Dall’inizio dell’anno ad oggi, sono stati uccisi sei giornalisti – quattro solo nelle prime due settimane di agosto. Dal 1986 hanno perso la vita 55 giornalisti e neanche uno degli omicidi è stato risolto.

L’ultima vittima è Ferdinando Consignado, un reporter della radio cattolica “Radio Veritas”, assalito ed ucciso nella sua abitazione. I notiziari hanno riferito che Consignado conduceva inchieste sulle anomalie dei progetti realizzati nella sua città dal governo.

Carlos Conde, segretario generale del sindacato nazionale giornalisti (NUJP) ha detto ad IPS che nell’ultimo anno sono morti più giornalisti nelle Filippine che in qualsiasi altro paese del mondo, fatta eccezione per l’Iraq.

“Solo l’Iraq, un paese dilaniato dalla guerra, ha un numero di uccisioni superiore”, ha detto Conde.

Alla fine di agosto il NUJP ha denunciato le continue minacce di morte rivolte ai giornalisti e ha istituito un numero verde per chi subisce intimidazioni da uomini armati.

Aquiles Zonio, corrispondente del “Philippine Daily Inquirer” nella città di General Santos, è stato minacciato di morte al suo telefono cellulare.

Zonio ha ricevuto un messaggio telefonico poco prima di mezzogiorno di sabato 22 agosto che intimava “sarai il prossimo” e concludeva con “adios”.

“Questa minaccia è ancora più sconcertante perché segue la morte di un collega di Zonio, Jonathan Abayon, il secondo giornalista ucciso nella città di General Santos dall’inizio dell’anno. Il sospettato di quell’omicidio è ancora in libertà”, ha dichiarato il NUJP.

Il sindacato ha denunciato altri episodi. A Batangas, il 5 agosto è stato assassinato Arnnel Manalo e da quel giorno i suoi colleghi sono perseguitati. Tutti lavoravano alla stessa inchiesta che – ipotizzano gli inquirenti – potrebbe essere il movente dell’omicidio di Manalo.

Il 16 agosto, due giornalisti dell’isola di Luzon si sono rivolti al NUJP dopo aver subito minacce a causa dei soggetti trattati in alcuni loro articoli. Il NUJP sta ora indagando.

Quando gli iscritti si rivolgono al sindacato per un consiglio, il NUJP insiste: “Non ignorate le minacce. Registrate quando sono avvenute, le parole usate e come vi sono state riferite”.

“Se siete stati minacciati con una telefonata, prendete nota dell’ora, la data, il numero di telefono, qualsiasi suono di sottofondo e qualsiasi caratteristica della voce dell’interlocutore. Se invece si tratta di un testo scritto, non cancellate il messaggio”, continua il sindacato.

Ma gli attacchi continuano nonostante la questione sia diventata di interesse nazionale.

L’ultimo incidente risale al 13 agosto, quando un uomo armato non identificato ha assalito il cronista radiofonico Edward Balida nel mercato di Valencia City, nella provincia di Bukidnon, nel sud del paese.

Balida, che lavora per il network “Radio Mindanao”, è sopravvissuto al colpo di arma da fuoco.

Il giornalista ha riferito al Center for Media Freedom and Responsability che quel colpo era un tentativo di omicidio per rispondere alle sue affermazioni contro il traffico di droga.

Balida ha infatti sostenuto pubblicamente la crociata del governo contro il traffico degli stupefacenti e questo può aver infastidito le bande locali legate al commercio di droga.

Secondo Arturo Lomibao, capo della Task Force Newsman, costituita recentemente dalla polizia nazionale delle Filippine (PNP) per investigare sulle uccisioni dei giornalisti, i sospettati hanno motivazioni differenti, molto spesso personali.

“E’ solo un caso se gli omicidi sono avvenuti a breve distanza l’uno dall’altro”, ha detto Lomibao ai giornalisti, senza approfondire ulteriormente.

Precedentemente, la PNP aveva dichiarato che erano necessari almeno sei mesi per determinare se un giornalista corre rischi a causa del suo lavoro.

La PNP – che ha molte difficoltà nel risolvere questa serie di omicidi – ha ammesso che se anche riuscisse ad intercettare una minaccia, non sarebbe in grado di fornire un’adeguata protezione ai soggetti considerati “potenziali obiettivi”.

Il direttore generale della PNP, Hermogenes Ebdane Jr, ha dichiarato che la migliore protezione che potrebbe offrire ai giornalisti è una “protezione statica”.

“Se il giornalista ha i mezzi, potrà pagare lui stesso una guardia del corpo, ma noi non decliniamo le nostre responsabilità di difendere i cittadini. E’ il nostro lavoro”, ha dichiarato Ebdane al “Manila Times”.

Alcuni ufficiali della PNP hanno suggerito di armare i giornalisti, soprattutto nelle province, rilasciando loro speciali permessi di porto d’armi. I giornalisti delle province, contrariamente ai colleghi dei network nazionali, sono più a rischio perché più vicini alle fonti delle notizie.

Ma alcuni giornalisti non ritengono necessario armarsi.

“Non saprei nemmeno come impugnare una pistola”, ha detto ad IPS un cronista politico.

“Ho confidenza solo con gli strumenti del mio lavoro: il blocco appunti, il registratore e la mia penna”.

Questo giornalista afferma di non sentirsi in pericolo e nelle sue parole risuona il sentimento, comune a molti giornalisti filippini, per cui la morte, le minacce, la possibilità di essere feriti sono parte del lavoro ed un fattore inevitabile se si opera in una democrazia.