ONU: No alla privatizzazione della pace

NEW YORK, 3 settembre 2004 (IPS) – Nell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) mancano soldati ben equipaggiati e addestrati per il mantenimento della pace, ma la proposta di assumere forze di sicurezza private è stata accolta con scetticismo

“L’appoggio alla privatizzazione di missioni di pace è scarso o inesistente. Che io sappia, non c’è nessun paese disposto a sostenerla”, ha dichiarato ad IPS un alto funzionario Onu che ha chiesto di mantenere l’anonimato.

Nel foro mondiale si è discusso dell’aumento delle forze operative dell’attuale unità per il mantenimento della pace (peacekeeping) nella Repubblica Democratica del Congo, da 10.800 a circa 23.900, e della possibilità di dispiegare una nuova missione Onu in Sudan, con 10.000 soldati.

In questo modo, il numero totale di unità operative dispiegate in questo tipo di operazioni passerebbe da 59.000 a 82.000.

Ma la maggior parte dei paesi occidentali si mostrano reticenti ad apportare risorse umane, in particolare per ragioni politiche e di sicurezza, e relegano la funzione di peacekeeping soprattutto ai paesi in via di sviluppo.

Il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha lamentato che lo scorso anno i paesi con forze armate meglio equipaggiate si siano tenute ai margini dalle missioni internazionali.

Il quotidiano britannico Financial Times ha comunicato lo scorso novembre che Annan stava esaminando la possibilità di assumere forze private di sicurezza come un mezzo di risoluzione del problema.

Un'impresa privata di sicurezza britannica stava preparando una banca dati di circa 5000 ex soldati che potrebbero essere convocati dall’Onu nell’immediato.

Ma David Harland, del Dipartimento di operazioni di mantenimento della pace, ha assicurato ad IPS che la privatizzazione delle forze multinazionali non era stato preso in considerazione.

Harland ha negato che i peacekeeper assassinati in Kosovo lo scorso aprile provenissero da imprese di sicurezza privata, come comunicato in un primo momento.

In una sparatoria nella località di Mitrovica sono rimasti uccisi tre agenti di polizia internazionali e feriti dieci statunitensi e un australiano. Nessuno di loro faceva parte di imprese di sicurezza private.

A luglio, i 10 principali partecipanti alle operazioni di pace dell’Onu erano paesi in via di sviluppo: Pakistan (con 8.544 soldati), Bangladesh (con 7.163), Nigeria (3.579), Ghana (3.341), India (2.934), Etiopia (2.863), Sudafrica (2.480), Uruguay (1.962), Giordania (1.864) e Kenia (1.831).

I soldati dei paesi occidentali erano in media 600: 567 britannici, 564 del Canada, 561 della Francia, 479 irlandesi e 427 statunitensi.

Delle 14 missioni di mantenimento della pace, sei si concentrano in Africa: Sahara Occidentale (avviata ad aprile 1991), Repubblica Democratica del Congo (novembre 1999), Etiopia ed Eritrea (luglio 2000), Liberia (settembre 2003), Costa d’Avorio (aprile 2004).

Lo scorso aprile, il governo degli Stati Uniti ha raccolto applausi entusiastici tra le organizzazioni non governative e pacifiste, proponendo la creazione di una forza multinazionale permanente per il mantenimento della pace.

L’obiettivo dell’Iniziativa di Operazioni di pace globali (IOPG) degli Usa è istituire una forza ben addestrata ed equipaggiata di 74.000 soldati essenzialmente non statunitensi – la maggioranza africani – nei prossimi cinque anni.

Si calcola che tra il 65 e il 75 per cento dell’iniziativa verrà finanziata dal Gruppo dei Sette paesi più industrializzati del mondo (Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia e Giappone).

Gli Stati Uniti si sono già impegnati a stanziare 660 milioni di dollari per concretizzare la proposta.

D’altra parte, la convocazione di missioni di mantenimento della pace al di fuori dell’Onu – convocate sia dagli Stati Uniti sia dall’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) – hanno ridotto la portata di quelle del foro mondiale.

L’Iniziativa intende “ampliare la capacità mondiale di passare per l’Onu o altri”, ha affermato il sottosegretario alla Difesa statunitense, Douglas Feith.

Peter W. Singer, esperto dell’istituzione Brookings, ha chiesto cautela da parte della comunità internazionale quanto alle forze di sicurezza private.

“La nascita di un traffico mondiale di contrattazioni militari, più nota come ‘industria militare privatizzata’, è uno dei fenomeni più interessanti del settore, negli ultimi dieci anni”, ha scritto Singer nell’ultimo numero della rivista “Humanitarian Affairs Review”, pubblicata trimestralmente in Belgio.

Queste imprese – ha affermato – operano in oltre 50 paesi, e partecipano ai conflitti in Angola, Croazia, Etiopia, Eritrea e Sierra Leone.

Tra il 1994 e il 2000, il Dipartimento (ministero) alla Difesa degli Stati Uniti ha firmato più di 3000 contratti con imprese militari private statunitensi, per un valore che ha superato i 300 miliardi di dollari.

“Tutto sommato, coprire bisogni umanitari con soluzioni militari private non è una cosa necessariamente terribile o impossibile, ma ha evidenti vantaggi e svantaggi che devono essere continuamente soppesati e mitigati mediante politiche efficaci e il buon senso delle imprese”, ha concluso.