OLIMPIADI: “Cittadinanza offresi” per campioni stranieri

LISBONA, 1° settembre 2004 (IPS) – Un qualunque straniero anonimo in cerca di una vita migliore può ritrovarsi in un vero e proprio incubo, per ottenere semplicemente un permesso di residenza temporanea nell’Unione Europea. Ma se è uno sportivo accreditato, le barriere – come per magia – spariscono
I pesanti portoni della “fortezza Europa” si spalancano se l’immigrante ha un’alta qualità sportiva. Così, gli innumerevoli scogli burocratici d’un tratto diventano bazzecole, prontamente schivate da un battaglione di avvocati specialisti.

L’incubo si trasforma in un sogno roseo, con il promettente futuro della cittadinanza europea, garantita nei più brevi tempi previsti dalla legge.

Diversi recenti casi recenti lo testimoniano. Come quello del &com;portoghese di origine nigeriana&com; Francis Obikwelu, medagli d’argento alle Olimpiadi d’Atene e autore del miglior tempo europeo nei 100 metri piani.

L’immigrante nigeriano, sfruttato e maltrattato per anni da padroni senza scrupoli dell’edilizia portoghese, ha dimostrato grandi qualità sportive che lo hanno strappato all’esistenza oscura di un africano che tenta di sopravvivere in Europa.

Così, Obikwelu ha ottenuto la nazionalità senza tante procedure, e oggi è il principale eroe nazionale sportivo portoghese.

Nello stesso paese, il giardiniere angolano José Charuto non ottiene la cittadinanza sebbene viva legalmente in Portogallo da 14 anni e abbia dovuto cercare aiuto presso SOS-Razzismo, perché i suoi documenti non restassero intrappolati nella macchina burocratica del pubblico Servizio stranieri e frontiere (SEF).

Diverso è stato il trattamento subito dal “portoghese di origine brasiliana”, Anderson Luiz de Sousa Deco, il goleador del club calcistico FC Porto, che in pochi giorni si è naturalizzato per poter vestire la maglia della squadra portoghese, nonostante la netta opposizione del celebre giocatore Luis Figo che, in un impulso ultranazionalista, ha lamentato che “gli inni non si imparano, si sentono”.

Intervistata da IPS sui casi di Charuto e Deco, la direzione del SEF ha riconosciuto la maggiore velocità nelle procedure per il brasiliano, “dovuta all’alto interesse nazionale” del giocatore.

I sempre maggiori cambi di nazionalità, in gran parte dai paesi poveri a quelli ricchi, cominciano a preoccupare l’Associazione internazionale delle federazioni di atletismo/atletica (IAAF) e il Comitato olimpico internazionale (COI), che hanno formato gruppi di lavoro per studiare il fenomeno.

Obikwelu è solo uno delle centinaia di sportivi professionisti che si sono sfidati in agosto ad Atene, lustrando magliette di paesi di cui in molti casi non conoscono lingua, storia e cultura.

I regolamenti del IAAF permettono ai paesi di iscrivere atleti che abbiano ottenuto la nuova cittadinanza da almeno tre anni dopo l’ultima gara disputata per il proprio paese natale. Ma esiste una clausola d’eccezione, che riduce a 12 mesi il lasso di tempo, qualora i due paesi giungano ad un accordo.

Gloria Aloize, che ha ottenuto per la Nigeria la medaglia d’argento nei 100 metri ai Giochi di Sidney del 2000, oggi ad Atene è una spagnola a tutti gli effetti, nazionalità che ha scelto per le condizioni sfavorevoli degli allenamenti nel suo paese, secondo quanto lei stessa ha spiegato.

Fino a pochi anni fa, gli sportivi del mondo in via di sviluppo sceglievano abitualmente la nazionalità di paesi che furono grandi imperi coloniali, come Spagna, Francia, Gran Bretagna, Olanda e Portogallo.

Sin dall’inizio degli anni ottanta, sono rari i giocatori di origine fiamminga presenti nelle rispettive squadre di calcio di Francia e Olanda. È più normale che la grande maggioranza sia di origine africana, nel caso dei francesi, e delle Antille, per gli olandesi.

Tuttavia, il nuovo fenomeno della globalizzazione “atletica” comprende adesso paesi la cui storia ha avuto poco o niente a che vedere con il Sud del mondo, come Danimarca, Slovenia, Ungheria e Israele.

Tra questi, spiccavano ad Atene l’ex giamaicana Marlene Ottey, oggi membro della delegazione della Slovenia, paese in cui risiede dal 1998. Secondo la legislazione comune nel resto della UE, Ottey dovrebbe aver aspettato fino al 2008, cioè dieci anni, per chiedere la cittadinanza.

Nella squadra di pallamano dell’Ungheria si trovano gli ex cubani Carlos Pérez, Reinaldo Hernández e Ivo Días, magiari da tre anni.

La maggiore proporzione di nazionalizzati si trova nella delegazione di Israele. Metà degli sportivi provengono dall’Unione Sovietica, smembratasi nel 1991.

Il crescente deterioramento delle repubbliche che formavano l’Unione Sovietica ha provocato un esodo massiccio di atleti in cerca di nazionalità dei paesi ricchi, che sono andati ad ingrossare le fila soprattutto delle delegazioni di Australia, Danimarca, Stati Uniti e Spagna.

Ma Stati Uniti, Canada, Australia e UE non sono le uniche mete degli immigrati dello sport.

Il recente esodo di mezzofondisti africani verso i paesi ricchi produttori di petrolio del Medio Oriente ha cominciato a risultare evidente ai Campionati mondiali di atletismo di Parigi, ad agosto 2003, quando dieci kenioti hanno corso con le bandiere di principati ed emirati arabi.

Il caso più noto è stato quello di Stephen Cherono, che con il nuovo nome arabo di Saif Sahaed El-Shaheen, ha fatto conquistare al Qatar il primato dei 3000 metri ad ostacoli.

Non sempre le ragioni per il cambiamento di nazionalità obbediscono a motivazioni pecuniarie.

La lanciatrice di giavellotto greca Sofia Sakorafa ha rinunciato a far parte della squadra del proprio paese chiedendo di rappresentare la Palestina ad Atene, un gesto dal significato politico bocciato dal COI che, nonostante le qualificazioni sportive e il passaporto legale dell’atleta, ha rifiutato la sua iscrizione.(FINE/2004)