AFGHANISTAN: Urne di fango

WASHINGTON, 16 giugno 2004 (IPS) – Le elezioni previste per settembre in Afghanistan non potranno realizzarsi se l’Occidente non invierà più truppe per garantire la pace, hanno comunicato diverse organizzazioni non governative (Ong) al Gruppo degli otto (G-8) paesi più potenti del mondo

Finora si sono registrati quattro milioni sugli oltre 10 milioni di abitanti afgani con diritto al voto. Ma la situazione della sicurezza, in tutto il Paese, è ancora un problema, visto che il dispiegamento della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) si limita alle città di Kabul e Khost.

Il presidente afgano Hamid Karzai, che si presenta come candidato, ha preso parte al vertice del G-8 a Sea Island, in Georgia (Usa). In seguito, Garzai visiterà a Washington alcuni funzionari del governo di George W. Bush.

“In Afghanistan si sono fatti molti discorsi ambigui”, ha dichiarato Sam Zarifiri, vicedirettore della divisione asiatica dell’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (HRW).

“È ora che gli Usa e i suoi alleati della Nato (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) adempiano al loro impegno di dare aiuti e garantire la sicurezza in Afghanistan prima che la situazione continui a peggiorare”, ha aggiunto.

La Nato controlla l'ISAF. Stati Uniti, Canada e altri 24 paesi fanno parte dell’alleanza militare, creata per prevenire o impedire eventuali attacchi dell’Unione Sovietica contro l’Europa occidentale e la sua area d’influenza immediata.

Diversi capi di governo arabi hanno rifiutato l’invito di Bush a partecipare al vertice dei G-8. Il presidente Usa ha comunque riscosso un certo sostegno per la sua politica in Iraq da parte dei tradizionali alleati di Washington.

Ma gli alleati europei degli Stati Uniti vogliono che Bush concentri di più la sua attenzione sul conflitto israelo-palestinese, il cui protrarsi aumenta le tensioni transatlantiche e crea malessere nel mondo arabo.

La presenza di Karzai ha avuto lo scopo di riportare l’attenzione occidentale sull’Afghanistan, dove il governo nazionale, l'ISAF e circa 17mila soldati statunitensi che si muovono indipendentemente da questa forza, non sono stati in grado di imporre lo stato di diritto sulla maggior parte del territorio.

Le perdite statunitensi sono aumentate negli ultimi mesi, così come gli attacchi contro operatori di missioni umanitarie per mano di forze del movimento islamico Taleban, che ha governato dal 1996 per poi essere rovesciato da una coalizione guidata da Washington nel dicembre 2001.

Negli ultimi sei mesi, sono morti almeno 18 operatori umanitari, tra cui 5 stranieri, secondo l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International.

“Se non si creerà un ambiente sicuro e stabile, sarà impossibile proseguire nella ricostruzione dell’Afghanistan”, ha avvertito Amnesty International.

Tra gli ultimi peggiori incidenti, un capo di polizia è stato ucciso nella città orientale di Jalalabad, vicino al Pakistan, e una carovana dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) ha subito un attacco nei pressi di Khost.

“È essenziale che il governo afgano e la comunità internazionale non solo condannino questi attacchi, ma adottino le misure necessarie per recuperare la stabilità e la sicurezza in tutto il paese” ha osservato Amnesty in un comunicato, in cui avvertiva inoltre che se la situazione non migliorerà, lo svolgimento delle elezioni sarà difficile.

Anche i comizi sono minacciati dalla mancanza di fondi, secondo Human Rights Watch. L’organizzazione ha affermato che i donatori non hanno consegnato i 101 milioni di dollari necessari affinché Onu e governo di Karzai diano il via al processo.

Allo stesso tempo, i paesi della Nato hanno espresso reticenza nell’apporto di truppe all'ISAF, secondo Zarifiri.

L’Unione Sovietica, le cui truppe hanno occupato l’Afghanistan nel 1979, si è ritirata dal paese asiatico nel 1989, alla vigilia del suo crollo.

Il movimento islamico Taleban ha preso il potere nel 1996 ed è stato deposto con un’operazione militare statunitense a dicembre 2001, decisa in risposta agli attentati terroristici che provocarono 3000 morti a New York e Washington a settembre dello stesso anno.

Washington ha insediato Hamid Karzai alla carica di presidente.

Il mandatario dipende dalle forze di sicurezza che gli forniscono Stati Uniti e altri paesi per esercitare un certo potere, ma solo a Kabul e nelle vicinanze più immediate della capitale.

Le prossime elezioni servirebbero a dare legittimità a Karzai, considerato dagli oppositori un burattino degli Stati Uniti.