ARMI-AFRICA: Il Protocollo di Nairobi

NAIROBI, 12 maggio 2003 (IPS) – Pochi giorni fa, a Nairobi, i ministri degli Esteri e i responsabili politici di undici paesi africani hanno firmato un protocollo d’intesa, frutto dei recenti sforzi per ridurre la circolazione delle armi leggere in Africa.

Al termine dell’incontro (durato due giorni), il Protocollo di Nairobi su prevenzione, controllo e riduzione delle armi leggere e di piccolo calibro è stato sottoscritto da undici paesi del corno d’Africa e della regione dei Grandi Laghi: Burundi, Ruanda, Uganda, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Tanzania, Gibuti, Eritrea e Seychelles.

I governi, con questo accordo, devono necessariamente risolvere i conflitti interni che attraggono i flussi di armi leggere in Africa centrale e orientale.

Durante una conferenza stampa, il ministro degli Esteri del Kenya, Kalonzo Musyoka, ha spiegato che “la principale caratteristica dei conflitti in atto è la presenza di armi leggere e di piccolo calibro, facilmente reperibili sia legalmente che illegalmente, e che diffondono morte e sofferenza”.

Il protocollo impone ai governi di mettere al bando la fabbricazione illegale, il traffico, il possesso e l’abuso delle armi leggere e di piccolo calibro. Ma le organizzazioni non governative avvertono che le leggi possono essere efficaci solo se ugualmente restrittive in tutti i paesi.

Il rapporto pubblicato quest’anno da SaferAfrica e Saferworld, due gruppi civili pan-africani, afferma: “La legislazione deve essere specifica per ogni paese, ma la natura transnazionale del traffico di armi leggere richiede la collaborazione tra i paesi, soprattutto su aspetti del controllo legale delle armi”.

Se i paesi non avranno leggi uniformi, il traffico di armi non farà altro che spostare tutte le sue attività negli stati più permissivi.

“Il controllo sul traffico di armi e sulle attività illecite che spesso lo accompagnano, non può avere punti deboli. Queste attività potrebbero oltrepassare i confini nazionali e diffondersi nella subregione”, continua il rapporto.

La Somalia, che non è tra i paesi firmatari del protocollo, ne è un esempio. Dalla caduta del governo di Siad Barre, 14 anni fa, il paese è sconvolto da guerre civili e ancora non ha un governo centrale. Secondo Musyoka, sarebbero 60.000 le armi contrabbandate illegalmente in Kenya e usate nei combattimenti tra le diverse fazioni somale, cifre confermate anche dall’Africa Peace Forum e dal Security Research Information Centre di Nairobi.

“La Somalia deve disarmarsi completamente. Le armi sono vendute in strada e spesso gli acquirenti sono i signori della guerra, persone senza scrupoli. Sotto i colpi di queste armi continuano a morire donne e bambini”, ha detto all’IPS, Asha Abdi, esponente politico a Nairobi.

“La comunità internazionale e i paesi confinanti la Somalia dovrebbero preoccuparsi di quello che sta avvenendo. Bisogna far capire alle fazioni in lotta che è importante mettere da parte gli interessi personali e riunire la propria gente, per portare finalmente la pace nel Continente Africa”, ha aggiunto Abdi.

Nel 2002, in Kenya, sono iniziati i colloqui di pace per ripristinare l’ordine in Somalia. Nonostante i disaccordi, qualche risultato è stato raggiunto. Entro il 5 giugno 2004, i delegati delle diverse realtà sociali dovranno eleggere i membri del parlamento che a loro volta eleggeranno un presidente.

In Sudan, la guerra civile tra governo di Khartoum e ribelli del sud dura da 20 anni e si pensa che nel paese ci siano migliaia di armi illegali.

“Il traffico di armi è un problema che investe molti paesi della regione e siamo a Nairobi per trovare una soluzione”, ha detto all’IPS Ali Abdalrahaman Numeri, ambasciatore sudanese in Kenya.

I dati del 2003 del progetto di ricerca Small Arms Survey di Ginevra, parlano di circa 30 milioni di armi di piccolo calibro nell’Africa sub-Sahariana.

Nel 2001, le Nazioni Unite hanno adottato un “programma di azione per prevenire, combattere ed eliminare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro”. Oyugi Onono, funzionario del Segretariato Onu di Nairobi per le armi di piccolo calibro nella regione dei Grandi Laghi e nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i paesi, oggi a Nairobi, hanno sottoscritto questo programma.

Koffi Koffison, coordinatore presso il centro delle Nazioni Unite per la pace e il disarmo in Africa, ha dichiarato all’IPS: “Se tutti i paesi, in particolare quelli delle regioni più deboli, aderiscono al programma delle Nazioni Unite e applicano il protocollo di Nairobi, riusciremo senza alcun dubbio a tenere sotto controllo la proliferazione di armi nella regione”.