CUBA-USA: Il turismo e la liberazione dei ‘cinque’ in cima all’agenda

L’AVANA, 18 agosto 2010 (IPS) – Mentre si prepara ad accogliere il turismo statunitense, in attesa della revoca del divieto di viaggio nell’isola ai cittadini americani, Cuba alza i toni della richiesta di indulto presidenziale per i cinque agenti cubani detenuti da 12 anni nelle carceri statunitensi.

Anche se lo stato delle relazioni bilaterali appare troppo fragile per favorire un tale cambiamento, sembra sempre più probabile l’ipotesi di nuove trattative sulla liberazione dell’imprenditore statunitense Alan Gross, imprigionato e sotto inchiesta all’Avana, e sul rimpatrio dei cinque agenti cubani detenuti negli Usa.

Gross, un ebreo americano, è stato arrestato a Cuba il 3 dicembre 2009 con l’accusa di spionaggio e per aver distribuito, , secondo le autorità a fini eversivi, computer portatili, telefoni cellulari e apparecchiature satellitari per i collegamenti internet.

I cinque cubani – Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Antonio Guerrero, Fernando González e René González – stanno scontando lunghe condanne in diverse prigioni degli Stati Uniti dopo essere stati arrestati nel 1998 e condannati nel 2001, in un processo che l’Avana considera “illegale e arbitrario”.

I cinque sono stati condannati per spionaggio, anche se l’accusa non ha potuto dimostrare per nessuno di loro che fossero in possesso di documenti considerati segreti o sensibili dai servizi di sicurezza statunitensi.

Cuba li definisce eroi della patria nella lotta al terrorismo, infiltrati e monitorati dal gruppo anti-castrista in esilio a Miami, Florida.

Nelle ultime settimane, l‘ex presidente Fidel Castro, apparentemente ristabilito da un grave malessere che da quattro anni lo tiene lontano dalla scena politica, ha parlato della possibilità del rilascio dei cinque cubani “entro fine anno”. A sua volta, Washington reclama con forza la liberazione di Gross per motivi umanitari.

Il conflitto tra Washington e l’Avana è stato segnato dal blocco economico statunitense imposto a Cuba nel 1962.

Per Arturo López Levy, un cubano emigrato negli Stati Uniti, professore e ricercatore presso l’Università di Denver, la “liberazione dei cinque” è possibile se i governi di Washington e dell’Avana iniziassero a “negoziare in modo costruttivo” su altri temi strategici di interesse comune.

“Se ci saranno progressi sulle maggiori questioni di interesse bilaterale, in grado di convincere le agenzie governative incaricate di politica estera che il rilascio sia una mossa razionale, non avrebbe senso paralizzarli solo per trattenere i detenuti, il cui processo è stato offuscato da comportamenti di dubbia giustizia e imparzialità”, ha dichiarato López Levy in un’intervista via e-mail.

Per Esteban Morales, accademico cubano esperto di relazioni tra Cina e Usa, il presidente Obama ha tutto il potere di perdonare ‘i cinque’, soprattutto “perché non è stata dimostrata la loro colpevolezza, e se è solo perché non si sono registrati come agenti negli Stati Uniti, hanno già scontato la loro pena”.

A suo parere, si tratta di un caso evidente di aggressione politica verso Cuba. “È uno scandalo che questi uomini siano prigionieri, mentre terroristi e criminali cubani come Luis Posada Carriles e Orlando Bosch camminano tranquillamente per le strade di Miami (mecca degli esiliati cubani negli Stati Uniti)”.

Quanto ai presunti negoziati guidati dall’arcivescovo dell’Avana, Jaime Ortega, Morales risponde con un laconico “potrebbe esserci qualcosa”.

All’inizio di questo mese, il cardinale Ortega ha visitato Washington e ha incontrato James Jones, consigliere per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca, e Arturo Valenzuela, Segretario di Stato per gli affari occidentali, alimentando le voci sulle possibili imminenti liberazioni.

I colloqui tra Ortega e le autorità all’inizio dell’anno avevano portato alla decisione del governo di rilasciare 52 dissidenti incarcerati.

Ma secondo Morales non ci sarebbero stati cambiamenti sostanziali nelle relazioni tra Washington e l’Avana, visto che l’amministrazione Obama “ha confermato che manterrà il blocco (che gli Usa chiamano embargo), a cui si aggrappa come un elemento chiave della sua politica con Cuba”.

Obama, dice Morales, ha “diviso in due il blocco e lo utilizza in modo intelligente, come una tenaglia contro Cuba”. Secondo la sua analisi, il presidente degli Stati Uniti adotta da un lato misure che mirano a favorire un riavvicinamento con la società civile di Cuba e, dall’altro “stringe il pugno contro il governo cubano”.

“Questa divisione ha un fine sovversivo, la si sta utilizzando come elemento di pressione interna, per approfittare delle gravi difficoltà economiche del nostro paese. Se Obama non ha dedicato più tempo a questo è perché ha altre priorità importanti, e non considera Cuba un pericolo”.

All’inizio di agosto, il ministro del turismo, Manuel Marrero, ha confermato i piani per costruire 16 campi da golf nell’ambito di un progetto che include la vendita di immobili a stranieri in quelle aree. A quanto pare il governo è già pronto a scommettere sulla revoca delle restrizioni sui viaggi degli statunitensi a Cuba.

“Ci sono speranze che il divieto venga revocato, e dobbiamo essere pronti a ogni evenienza. Dobbiamo prepararci a un turismo di massa più esigente. Per di più, questo non è un problema che riguarda il blocco, ma un diritto costituzionale dei cittadini statunitensi che è stato violato, denuncia Morales.

A questo proposito, l’esperto non ha alcun dubbio che le pressioni del Congresso americano continueranno a crescere culminando nell’approvazione di un disegno di legge sulla revoca del divieto di viaggio, e consentendo le esportazioni di prodotti Usa verso Cuba. A giugno, l’iniziativa ha ricevuto il sostegno della Commissione per l’Agricoltura della Camera.

“Il dibattito – commenta Morales – può inclinarsi a favore della soppressione del divieto di viaggio quando si capirà che con Cuba si possono fare buoni affari. Per questo la nostra economia deve migliorare, altrimenti non entrerà capitale nel paese”. © IPS