Golfo di Guinea: le nuove prospettive di sviluppo di Ghana e Burkina-Faso

Equilibri.net, 12 agosto 2010 (Equilibri) (IPS) – La scoperta di nuovi giacimenti auriferi e petroliferi in alcuni Paesi africani potrebbe dare nuovo impulso alla crescita economica della macro-regione occidentale. Il Ghana e il Burkina Faso intravedono la possibilità di utilizzare queste nuove entrate per riparare alla crisi economica dovuta alla riduzione dell’esportazione di cacao e di cotone. Va evitato l’esempio negativo della Nigeria, ricca di greggio ma fortemente instabile.

La situazione politica interna

Il Ghana, primo Paese africano ad ottenere l'indipendenza nel 1957, è considerato oggi un modello riuscito di democrazia. Primo campione del panafricanismo, dopo un periodo caratterizzato da continui golpe militari il Paese si è indirizzato verso la democrazia accompagnando il processo politico con una ristrutturazione economica. Il Capo di Stato (National Democratic Congress-NDC), dopo due mandati consecutivi (quelli permessi dalla Costituzione), ha organizzato delle elezioni libere e trasparenti, dalle quali è uscito vincitore il leader dell'opposizione John Kufour (New Patriotic Party-NPP), a sua volta in carica per otto anni.

Con il ballottaggio dello scorso gennaio l'NDC è ritornato al potere con John Atta-Mills, nonostante al primo turno fosse stato solamente il secondo candidato più votato. La seconda alternanza pacifica in Ghana in otto anni, fatto raro in Africa, ha simbolicamente sancito la maturazione della democrazia locale. Ulteriori tutele a salvaguardia dello Stato di diritto sono l'indipendenza della giustizia e i progetti di riforma attualmente al vaglio.

Il primo prevederebbe la creazione di organismi indipendenti che controllino e determinino i compensi spettanti al Presidente e ai deputati privando di questa prerogativa il Capo di Stato stesso ed il Presidente del Parlamento. Il secondo provvedimento in via di definizione prevederebbe una riforma del sistema di registrazione degli elettori, in modo che la gente possa iscriversi negli uffici distrettuali della Commissione elettorale in qualsiasi momento al compimento della maggiore età. In tal modo si eviterebbero le lunghe code, le incomprensioni e le accuse tra i diversi partiti di manipolare il sistema di registrazione.

Il Paese, pur presentando già diversi punti di forza e un sistema economico tra i più sviluppati dell'area, sta attraversando un processo di ristrutturazione di alcuni settori strategici che potrebbe ulteriormente aumentare la competitività ed attirare nuovi investimenti stranieri: l'esecutivo Ghanese ha deciso di puntare nel 2010 sulla modernizzazione del settore agricolo, maggiori risorse per i lavori pubblici e nel settore delle telecomunicazioni, investimenti per il miglioramento dell’efficienza energetica. Secondo il Ministro dell’economia il prodotto interno lordo del Paese crescerà del 6,5% rispetto al 4,7% del 2009, con un incremento del 6,2% del settore agricolo e del 3,8 per l’industria. L’inflazione diminuirà e per la prima volta sarà inferiore alla doppia cifra (9,2%).

Il Burkina Faso è retto dal Presidente Blaise Compaoré in collaborazione col Premier Tertius Zongo. Sul Capo di Stato, riconosciuto come uomo di pace e mediatore nei conflitti africani, pesano le ombre del passato. Salito al potere con un colpo di stato nel 1987 ai danni del leader pan-africanista Thomas Sankara, il Presidente Burkinabè ha da allora giocato un ruolo estremamente attivo nella politica regionale. Dopo aver aiutato l'ex Presidente Charles Taylor, insieme con il Presidente Libico Gheddafi, a rovesciare il governo al potere in Liberia nel 1989, ha sostenuto attivamente alcuni movimenti armati coinvolti nei conflitti in Sierra Leone – il Fronte Rivoluzionario Unito (RUF) – e Angola – l'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (UNITA) di Jonas Savimbi. Compaorè è stato inoltre protagonista degli accordi di pace di Ouagadougou nel 2007 tra il Governo della Costa d'Avorio e i ribelli di Guillaume Soro (ora Primo Ministro), fornendo basi e protezione a quest'ultimi durante alcune fasi del conflitto. La sua mediazione in Guinea è stata invece criticata, in seguito alle polemiche sull'assegnazione della concessione del terminale per i container di Port Autonome de Conakry alla GETM International, di cui è socio.

Le linee guida scelte dall'esecutivo burkinabè sono: la salvaguardia dell'ambiente e la lotta alla povertà; l'aumento della produzione agricola; l'organizzazione e il supporto al settore informale e all'artigianato; l'aiuto alle attività produttive delle donne; il sostegno allo sviluppo di piccole e medie industrie. Il Governo ha finora ottenuto risultati ragguardevoli nel miglioramento del settore sanitario e infrastrutturale, promuovendo al contempo un innalzamento degli standard qualitativi del sistema scolastico. La corruzione risulta invece essere ancora un grave handicap: in un rapporto (dati 2009) della Banca Mondiale in cui si valuta la percezione della corruzione nei Paesi africani, in Burkina Faso è risultata un'incidenza del 55%. A maggior ragione dopo i recenti scandali che hanno messo in luce i rapporti tra le agenzie di intelligence e di controllo dello Stato, la società civile e i media. L'87% delle imprese ha dovuto pagare funzionari statali per ottenere un accesso preferenziale al mercato, mentre l'81% ha versato tangenti per vincere un appalto pubblico. Alcuni produttori, con la complicità di tecnici agricoli, sono riusciti ad ottenere finanziamenti pubblici pur utilizzando concimi di scarsa qualità e registrando livelli molto bassi di redditività.

Nuovi settori di investimento

La crisi economica ha spinto i Paesi africani a cercare soluzioni alternative e intraprendere la strada della diversificazione, allargando il proprio sguardo oltre i settori tradizionalmente trainanti. Le fluttuazioni dei prezzi dei prodotti energetici e dei beni alimentari sul mercato internazionale hanno provocato nei mesi passati non pochi problemi per l'equilibrio di bilancia dei pagamenti di alcuni Stati eccessivamente dipendenti dall'esportazione di singole commodities.

Il Burkina Faso, tra i principali esportatori di cotone, ha dovuto cedere la presidenza dell’Associazione dei produttori di cotone africani (APROCA) al Senegal. Sulla decisione ha influito una serie di fattori: i guai giudiziari del capo della locale federazione, François Traoré; l’incapacità di trovare soluzioni comuni al calo della produzione e alla riduzione quantitativa dei produttori, tenuti fuori dal mercato da prezzi spesso artificialmente bassi; la diversità di vedute sulla questione del cotone geneticamente modificato. In primis il Paese, ha deciso di affrontare il problema della carenza alimentare, causato dall'impennata dei prezzi dei cereali, promuovendo l'attività agricola mediante la SONAGESS (Società nazionale per la gestione delle scorte di sicurezza alimentare).

Il settore che maggiormente beneficia dell'utilizzo di nuovi fertilizzanti e di nuove tecniche è quello della coltivazione del riso. Lo Stato, attraverso l’ente pubblico, acquista dagli agricoltori il riso bianco e il riso parboiled pagando un prezzo minimo fissato per legge, per poi rivenderlo alle carceri, alle mense scolastiche ed ospedaliere e all'esercito. Un progetto simile coinvolgerà a breve la produzione della cipolla. Successivamente, sfidando il Fondo Monetario Internazionale che richiedeva la privatizzazione di alcune imprese statali come condizione per accedere ai finanziamenti dei programmi di riduzione della povertà, il Governo ha deciso di rimuovere l'acqua e le utility di energia elettrica dalla lista delle aziende pubbliche da destatalizzare.

Dopo aver guardato i risultati delle SONABEL (compagnia nazionale di elettricità e acqua) e l'ONEA (ufficio igiene), l'Esecutivo ha ritenuto che bastasse una semplice ristrutturazione della società di gestione. Come in molti altri Paesi africani, che avevano già venduto le loro acque e le loro centrali elettriche alle società multinazionali, il Burkina Faso aveva sì ridotto i costi nel lungo termine ma a scapito dei consumatori. In particolar modo alle fasce più povere, incapaci di sostenere l'aumento dei prezzi, erano state chiuse le forniture di acqua quando nei quartieri ricchi c’era abbondanza di nuove infrastrutture. Questa situazione, che rischiava di privare dell'accesso all'acqua corrente il 60% della popolazione, ha creato tumulti in tutto il Paese, influenzando la decisione di sospendere la privatizzazione.

Altri progetti sono stati comunque promossi in occasione della riunione di Governo: importanti quote della società telefonica ONATEL, della compagnia petrolifera nazionale SONABHY e della BUMIGEB sono state cedute a privati. Un ulteriore progetto sviluppato dal Burkina, dal Ghana, dalla Sierra Leone, dal Camerun e dal Senegal riguarda un maggior investimento nel settore all’avanguardia degli alimenti biologici. Secondo uno studio della FAO, si tratta di un mercato destinato a crescere del 5-10% per anno nel prossimo triennio, offrendo nuove opportunità agli agricoltori dei Paesi poveri.

L’Africa occidentale, però, non è stata ancora in grado di capitalizzare su questo mercato a causa della mancanza di istituzioni che controllino i certificati. Entrare nel mercato richiede un periodo di conversione dall’agricoltura convenzionale a quella biologica (comprese le modifiche di produzione e la raccolta al confezionamento, certificazione e commercializzazione) durante la quale gli agricoltori sostengono costi maggiori derivanti da nuove tecniche, senza inizialmente beneficiare dei prezzi più elevati associati all’etichetta biologica. Alcuni gruppi di contadini che non avevano mai esportato prima prodotti hanno dovuti riorentare l'offerta sul mercato locale, accettando un prezzo più basso.

Adesso, come conseguenza della migliore struttura e organizzazione, gruppi di agricoltori sono in grado di redigere e negoziare contratti con un esportatore. Ad esempio i coltivatori d’ananas del Ghana e del Camerun hanno visto le loro esportazioni in crescita nonostante la crisi economica. Circa 30 coltivatori ghanesi su piccola scala sono riusciti ad aumentare le loro vendite fino a 116 tonnellate dopo aver ottenuto la certificazione biologica ed aver elaborato un progetto concentrato su tutte le fasi della filiera, dalla produzione, raccolta e confezionamento all’autenticazione e al marketing. L'ex Costa d'Oro ha deciso di investire i finanziamenti del Fondo Africano di sviluppo (ADF) nelle fonti rinnovabili. A marzo sono stati installati i primi pannelli solari prodotti localmente dalla Business Atlas ed Energy System (ABES), una società privata esperta nel settore con sede in Finlandia e in Ghana. D'altronde il Paese, afflitto da un deficit energetico cronico, è costretto a dipendere dalle importazioni di combustibili fossili dai suoi vicini in aggiunta ai costosi procedimenti per produrre l'energia elettrica e idroelettrica.

Un secondo progetto, riguarda l'incremento dell'utilizzo del bambù come fonte di energia per le famiglie povere al posto del carbone e della legna da ardere. Il piano di 48 mesi lanciato nel marzo 2009-2013 è coordinato dalla rete internazionale per bambù e vimini (INBAR) in collaborazione coi governi di Ghana ed Etiopia. Henry Kamal, Vice Ministro per le Risorse Naturali, ha ribadito “che il carbone continuerà a svolgere un ruolo importante nel settore energetico del Paese ma la possibilità di avere un'alternativa è ben accolta”.

Investimenti nel settore minerario

Il Ghana, secondo produttore africano di oro, per il 2010 ha pianificato una riforma del settore per ridurre i rischi connessi all'attività (18 morti nel novembre 2009 a Dompoase in una miniera illegale) e aumentare i controlli sulle rendite e sulle esportazioni dell'oro.

Nella zona orientale è al vaglio la ricostituzione della Ghana Diamonds Company (RSC), una compagnia statale (allargata alle imprese straniere), con l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli indigeni. L'ambizioso progetto è volto al rafforzamento delle capacità dei minatori artigianali e di imprese minerarie di promuovere lo sviluppo nazionale. La compagnia, permettendo ai minatori di piccola scala di continuare ad operare sulle sue concessioni, aiuta a creare nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Come recentemente ribadito dal Vice Ministro della regione orientale, Baba Jamal, “l'ambizione richiede investimenti in aree che possono generare ricchezza e portare grande miglioramento per la crescita economica e i tassi di produttività. Il settore minerario non è solo una risorsa naturale ma un vanto del nostro patrimonio”.

La proposta di tassazione sui guadagni derivanti dall'oro si basa sulla constatazione che le aziende multinazionali guadagnano molto dallo sfruttamento del sottosuolo ghanese, senza che il Paese ne ricavi una percentuale considerata adeguata. Nel 2007 il Ghana ha prodotto 83,6 tonnellate di oro ma soltanto il 10% del gettito fiscale totale locale proveniva dall’industria mineraria e le sue attività contribuivano soltanto al 5% del PIL. Tra i motivi del basso impatto economico del settore minerario ci sono i notevoli vantaggi fiscali concessi, come nella maggior parte dei Paesi africani, alle società minerarie. Ad esempio, sono esenti da dazi sul carburante e l’importazione di macchine, pagano una percentuale fiscale inferiore e possono ridurre la base imponibile mediante deduzioni speciali. L’ex Costa D’Oro raccoglie così solamente il 25% dei profitti delle corporations minerarie.

Dal 2007 il Paese africano, secondo un calcolo della ONG Christian Aid, perde annualmente circa 36 milioni di euro. Il mispricing presunto e i ricavi fissi bassi influenzano le royalties del valore dei minerali estratti, le entrate dello Stato e delle altre compagnie minerarie. Il Ghana calcola il tasso di royalty a un minimo del 3%, che aumenta di conseguenza con gli utili della società fino ad un massimo del 6%. Se sulla carta risultano profitti inferiori anche i pagamenti dei canoni sono più bassi causando la perdita di diversi milioni di euro. Secondo le organizzazioni DanWatch e Concord Danimarca “l’autorità del Ghana di garantirsi una parte equa del profitto ottenuto dalle multinazionali sul suo territorio è molto limitata”. Le due ONG chiedono delle riforme internazionali che obblighino le multinazionali a produrre dettagliate spese dei ricavi Paese per Paese (attualmente presentano soltanto una dichiarazione annuale che copre l’intero gruppo senza dover annunciare la tassazione pagata nei singoli paesi in via di sviluppo) e che vengano conferiti gli strumenti adatti a raccogliere le tasse che spettano loro.

L’oro è già il secondo prodotto esportato dal Burkina Faso dopo il cotone e l’esecutivo di Zongo sta promovendo fortemente lo sviluppo dell’industria mineraria. Nonostante la crisi economica e finanziaria mondiale, il settore minerario ed estrattivo Burkinabè sta vivendo un vero boom. La produzione industriale è più che raddoppiata passando dai circa 5000 kg del 2008 ai 11642 kg del 2009, attirando l’attenzione degli investitori stranieri. Al Promin Burkina 2009 di Dicembre, dove il Governo ha presentato i suoi piani per uno sviluppo sostenibile del settore minerario, hanno partecipato più di 800 operatori provenienti da tutto il mondo. Nel 2009, sono state aperte la miniera di zinco nel Sanguié Perko e una piccola miniera di manganese (altro minerale di cui il Burkina è ricco) nel Kier Tuy, creando 3000 nuovi posti di lavoro.

Nel 2010 sono state inaugurate le miniere d’oro di Essakane e d’Inata e quella di manganese di Kier. Il Governo, ha annunciato di voler cercare un partner affidabile per lo sfruttamento di manganese nel Timbao e l’avvio della valutazione geologica dei potenziali di estrazione a Ovest e a Nord del Paese. Secondo i geologi ci sono grandi potenzialità di petrolio e uranio in quelle regioni. Le cave inaugurate quest’anno fanno parte di un progetto volto a coinvolgere le comunità locali. Le società di gestione, spesso straniere (la IAMGOLD di Essakane è canadese), assumono gli abitanti dei villaggi circostanti e forniscono scuole, edifici, chiese ed energia elettrica. Ad Essakane la società di gestione ha creato una diga per aiutare gli agricoltori e si è fatta carico del ripristino del patrimonio forestale ed arboreo ridotto dai lavori. In questo modo si rispettano gli input imposti dal Governo per poter esercitare l’attività mineraria. “Lo sviluppo del business si dipana attraverso il progresso della comunità e della società in modo che ci sia vita al termine dell’attività estrattiva”.

Investimenti nel settore petrolifero

Benché l’Africa sia tuttora una regione relativamente poco esplorata dalle compagnie petrolifere, è stato proprio nell’offshore, nelle acque profonde al largo rispettivamente del Ghana e della Sierra Leone, che si è fatta la scoperta più importante degli ultimi anni. Così promettente da far ben sperare per l’esistenza di una vasta nuova regione petrolifera estesa su tutta la fascia costiera tra i due Paesi. L’entrata in scena delle società asiatiche (Cina, India, Giappone, Corea del Sud), brasiliane e russe poi ha creato un quadro di notevole concorrenza dal lato della domanda degli idrocarburi: una condizione potenzialmente molto favorevole ai Paesi esportatori. In particolare le compagnie asiatiche sono mosse da una domanda energetica interna in crescita, dispongono di notevoli capacità finanziarie e rispondono a governi meno propensi a condizionarne la libertà di movimento a vincoli di opportunità politica nei Paesi ospitanti.

Attualmente il settore petrolifero ghanese è caratterizzato da più ombre che luci. L’unica raffineria presente, a Tema, è carica di debiti e lavora solamente al 70% delle sue possibilità. Come recentemente dichiarato dal Ministro dell’Energia Joe Oteng-Adjei a Reuters, “si possono raffinare 45000 barili al giorno ma la nostra intenzione è di arrivare a 145000. Siamo alla ricerca di investitori che mettano a disposizione le loro competenze”. Il bacino di Accra-Keta, potenzialmente in grado di produrre cento milioni di barili di petrolio, dal 2012 sarà gestito dalla Tap-Oil Limited, dall’Afex Internazional e dalla Challenger Minerals Incorporated, in collaborazione con il Ghana National Petroleum Corporation (GNPC).

Secondo il compromesso, la Ghana Tap-Oil Limited avrà una partecipazione del 36% del Ghana GNPC (società di gestione del bacino), mentre l’Afex Internazional e la Challenger Minerals Incorporated avranno il 27% ciascuno. Nel Giubileo, il più grande deposito offshore ghanese, la compagnia irlandese Tullow Oil si aspetta una rendita iniziale da 120000 barili al giorno. Con una riserva di 800 milioni di barili di petrolio di alta qualità e il potenziale per almeno un miliardo in più, l'area potrebbe rendere l’ex colonia inglese la quinta nazione produttrice nell’Africa sub-sahariana dopo Nigeria, Angola, Sudan e Gabon. Il Governo è fiducioso nel fatto che le esportazioni di greggio aumenteranno la crescita annua del PIL del 10% nei prossimi anni. Restano da affrontare due problemi: le entrate fiscali relativamente basse e lo smaltimento degli scarti petroliferi nella discarica Agbogbloshie.

Nonostante le convenzioni internazionali vietino l’esportazioni di rifiuti pericolosi nei Paesi in via di sviluppo, in quanto privi delle infrastrutture adatte a smaltire secondo i parametri ambientali, ogni mese arrivano dall’Europa e dal Nord America nel porto di Tema circa 600 container che scaricano le loro apparecchiature obsolete e le scorie degli idrocarburi. Recentemente è stata sanzionata la compagnia olandese Trafigura per aver depositato oli di scarto in un porto della Costa d’Avorio. Il Ghana sta studiando l’inserimento di una clausola di trasparenza contrattuale che regoli l’attività petrolifera. Il Paese, che si aspetta enormi ricavi dalla nascente industria dell’oro nero, vorrebbe evitare ciò che è successo con le risorse aurifere.

La trasparenza del contratto può diventare uno strumento eccezionale per la gestione responsabile delle risorse naturali. Senza le clausole di riservatezza sui contratti stipulati tra le compagnie e il Governo, si riduce il rischio di corruzione e la rinegoziazione ex-post dei contratti. Prendendo spunto da una direttiva dell’International Finance Corporation (IFC) sulla sostenibilità sociale ed ambientale degli investimenti esteri, si vorrebbe chiedere la disponibilità alle società che operano nel campo petrolifero (ad esempio la Tullow Oil, Anadarko, Sabre,…) di partecipare ad appalti pubblici e perseguire unastrategia aziendale maggiormente improntata alla trasparenza.

Gli accordi internazionali

Il Ghana e il Burkina Faso sono stati tra i protagonisti della 35° sessione del Consiglio dei Ministri del gruppo dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e dell’Unione Europea (UE). Di comune accordo si è optato per la revisione dell’accordo di Cotonou che regola le relazioni economiche e commerciali tra i due gruppi. Si è deciso di elaborare politiche comuni nei confronti delle nuove sfide ambientali: l’eliminazione di alcune barriere tariffarie nell’UE per i prodotti provenienti dall’ACP; la creazione di un mercato interno dell’ACP con barriere doganali a sua tutela: l’introduzione di un periodo transitorio sufficiente per consentire il progressivo adeguamento delle economie dei Paesi ACP.

Il Paese guidato dal Presidente Blaise Compaoré ha stipulato una serie di accordi con i vicini della Costa d’Avorio riguardanti la creazione di un gasdotto comune, l'integrazione del settore petrolifero e dell’energia pulita, la scelta di una posizione collegiale nelle strutture sub-regionali dell’UEMOA e dell’ECOWAS, una doppia cittadinanza per gli ivoriani residenti in Burkina e la creazione di un Ministero responsabile della gestione dei flussi migratori. Il Paese “degli elefanti” è infatti il principale approdo dei migranti del Burkinabé.

Il Vice Ministro degli Esteri del Ghana, in Guinea Equatoriale per rafforzare le relazioni bilaterali tra i due Paesi, ha firmato quattro accordi di cooperazione nei settori dell’agricoltura, delle piccole medie imprese, del commercio e dell’istruzione. A sua volta si prevede che una delegazione dello Stato Guineiano si rechi ad Accra per promuovere la collaborazione nei settori del petrolio, del trasporto, dell’istruzione e della cultura, come pure della pesca e dell’ambiente.

Un altro importante accordo è quello firmato tra l’ex colonia inglese e il Canada, che investe annualmente 71 milioni di dollari. Il Paese nordamericano, tra i principali partner strategici dello Stato africano, tramite la Canadian International Development Agency (CIDA) ha creato nuovi pozzi per estrarre l’acqua potabile, ha fornito nuovi servizi igienico-sanitari ed ha destinato due milioni di dollari per aiutare ad affrontare l’impatto delle gravi inondazioni avvenute nel Nord. Il rapporto preferenziale tra Accra e Ottawa, strette alleate nei vari consessi internazionali, si è ulteriormente rafforzato in seguito all'ingresso del Paese africano nel 2006 nella Francophonie, favorito dall'appoggio canadese.

Il potenziale petrolifero scoperto in Ghana ha attirato l’attenzione degli Stati Uniti, che intendono confermare la propria influenza nella regione dinanzi all'attivismo cinese. Non è un caso che il Ghana sia stato il primo Paese africano ad essere visitato dal neo Presidente Obama. Nel 2002 una relazione dell’Oil Policy Initiative Group (AOPIG) aveva raccomandato di considerare il Golfo di Guinea una zona di interesse vitale, dove stabilire un comando militare autonomo e possibilmente trovare un porto che ospitasse la flotta statunitense (l’isola di Sao Tomè).

La mediazione del National Intelligence Council ha permesso alle multinazionali americane di svolgere un'efficace opera di lobbismo: se nel 2005 il petrolio importato dall’Africa era il 15%, adesso è salito al 25%. La presenza statunitense nel settore energetico è rilevante: Kosmos Energy, che ha nel suo consiglio di amministrazione l’ambasciatore ghanese negli Stati Uniti, detiene il 10% della Ghana National Petroleum Corporation, il 3,5% del Gruppo EO Ghana ed ha la licenza per la trivellazione nel ricco bacino Deepwater Tano Block; l’Anadarko, con un bagaglio di esperienza nella perforazione offshore accumulato negli Usa, in Canada ed Algeria, fa parte della lobby USA-Africa; la Tullow Oil ha il 23% della Ghana National Petroleum Corporation ed il 50% della società di gestione del Giubileo.

Conclusioni

La crescita economica del Burkina Faso è in costante miglioramento nonostante la crisi del cotone, grazie agli investimenti nell’agricoltura, nella produzione di oro e negli investimenti pubblici. Restano dei dubbi legati alla possibile non riconferma del duo Compaoré-Zongo alle elezioni di fine anno. Il Premier è piaciuto per il suo stile comunicativo, per il suo metodo di governance e per i primi successi nella lotta alla corruzione e al malgoverno: qualora si riuscisse a dare continuità al programma di governo si profilerebbe l’opportunità di trasformare il Burkina in uno stato all’avanguardia nel panorama africano.

Il Ghana, dopo aver raggiunto la maturità politica con la seconda pacifica alternanza di Governo in otto anni, ha intrapreso la strada delle riforme. La clausola di trasparenza, un miglior controllo delle attività minerarie e petrolifere e una maggior tassazione sull’oro rispondono al desiderio di mantenere maggiori profitti nel Paese in modo da re-investirli nelle infrastrutture e nei servizi al cittadino. Gli impieghi nelle fonti rinnovabili e nel settore biologico nel lungo periodo porteranno sicuramente benefici tangibili. Se, accanto alla stabilità politica, venisse garantita la continuità in ambito economico, il Ghana potrebbe indubbiamente diventare un serio concorrente del Sud Africa nella leadership dell’Africa sub sahariana. © Equilibri