Egitto: il Canale di Suez e gli interessi internazionali

Equilibri.net, 26 maggio 2010 (IPS) – (Equilibri) – Le sorti economiche del canale artificiale egiziano risultano legate a quelle del commercio internazionale, del conflitto in Medio Oriente, della pirateria somala e dei progetti riguardanti il tunnel del Mar Morto. Per questi motivi comprendere le linee politiche dell'Autorità di Amministrazione del Canale significa capire lo scacchiere geopolitico europeo, asiatico e soprattutto mediorientale.

Trame internazionali tessono le sorti del canale

Lo scorso 14 marzo, a causa del vento Khamsin che soffia dai confini del deserto verso il Mediterraneo orientale, una tempesta di sabbia si è abbattuta sulla regione del canale di Suez, costringendo le autorità portuali a chiudere 4 porti sul Mar Rosso e riducendo a sole 26 il numero di navi fendenti le acque del canale (nel 2009 la media giornaliera è stata di 47 navi). L'accaduto, che non si registrava da vent'anni, si è ripercosso sull'economia egiziana e su quella del commercio delle compagnie marittime internazionali che solcano, attraverso il canale, i mari Mediterraneo e Rosso. Gli introiti egiziani legati al canale di Suez -terza risorsa economica per la Repubblica Araba d'Egitto dopo turismo e investimenti esteri- sembrerebbero, dunque, legati a fattori non solo di carattere amministrativo e gestionale ma anche, e soprattutto, a fattori esterni: nel caso del 14 marzo alle condizioni climatiche, ma più generalmente all'andamento dell'economia mondiale che detta i tempi del traffico commerciale, diminuendo o aumentando la movimentazione delle merci, e agli interessi strategico-militari delle potenze dello scacchiere mediorientale. Vediamone i motivi.

L'economia mondiale e i provvedimenti egiziani

La recente crisi economica internazionale ha inciso sui guadagni egiziani provenienti dai traffici del canale artificiale. Ahmed Fadel, Presidente dell'Autorità di amministrazione del Canale, ha dichiarato che nel 2009 i proventi dei transiti delle navi sono stati di 4 miliardi e 291 milioni di dollari, un miliardo di dollari in meno rispetto all'anno precedente e il passaggio delle imbarcazioni è calato del 20%, dalle 21.415 navi nel 2008 alle 17.228 nel 2009. La perdita economica ha indotto Fadel a mantenere invariate, per il secondo anno consecutivo, le tariffe per il passaggio delle navi (alcune compagnie marittime, per risparmiare sui dazi doganali del canale di Suez, in questi anni hanno preferito circumnavigare l'Africa) e a promuovere sconti del 50% per le navi a basso impatto ambientale, per quelle che trasportano gas naturale e per i battelli turistici.

I provvedimenti presi, però, non hanno invertito la rotta dei trends economici nel 2010: se a marzo, effettivamente, il traffico marittimo è cresciuto dell'1,9% rispetto al marzo 2009 – in particolare le petroliere transitate sono state 309 (4% in più)-, a febbraio il traffico è diminuito dell'1,3% e ad aprile ha registrato una flessione dell'1,1% (1.466 navi anziché 1.482), con una diminuzione delle petroliere transitate del 2,6% (259 unità) e delle altre navi dello 0,7% (1.207), rispettivamente ai mesi di febbraio e aprile del 2009. Il traffico commerciale internazionale nel canale di Suez, indipendentemente dalla politica gestionale di Fadel, è prevedibile che per tutto il 2010 si attesterà sui valori di questo primo trimestre.

Avrà, invece, un positivo e diretto impatto, a medio e lungo periodo, l'opera di ampliamento e di dragaggio del canale, avviata nel 2008 con un investimento di 250 milioni di dollari, che ha reso il letto del canale profondo 66 piedi (poco più di 20 metri) e largo 62 (poco meno di 19 metri). L'opera ha permesso il passaggio di unità navali con peso superiore alle 240.000 tonnellate: ovvero il 99% delle navi container e il 60% delle petroliere possono solcare le acque del canale, così come tutte le tipologie di imbarcazioni belliche.

Mar Rosso – Mar Morto: un nuovo canale preoccupa Fadel

I provvedimenti presi dall'Autorità portuale del canale di Suez per far fronte alla diminuzione di incassi potrebbero, però, essere inefficaci qualora venisse realizzato il tunnel sotterraneo tra Mar Rosso e Mar Morto. Il livello idrico del Mar Morto, infatti, a causa della desertificazione e della massiccia estrazione di cloruro di potassio, nonché di bromo e magnesio -ad opera di imprese israeliane e giordane-, sta rapidamente diminuendo, con gravi implicazioni di natura ambientale, morfologica ed economica. La Banca mondiale ha, dunque, finanziato, assieme ad un consorzio internazionale, un programma di interventi finalizzato al ripristino ambientale del bacino del Mar Morto: il progetto più papabile parrebbe essere la costruzione di un tunnel di 200 chilometri tra Mar Morto e Golfo di Aqaba-Eilat (Mar Rosso). Il piano d'azione prevede di trasferire fino a due miliardi di metri cubi d'acqua l'anno dal Mar Rosso, attraverso il deserto arabico, al bacino del Mar Morto e di creare sia impianti di desalinizzazione per rendere l'acqua potabile sia una centrale elettrica che produrrebbe energia sfruttando il flusso idrico. Il tunnel porterebbe benefici alle popolazioni israeliane, palestinesi e giordane che hanno gravi deficit idrici e che sono impossibilitate a coltivare una vasta area di campi. A rimetterci, invece, secondo Fadel, sarà l'Egitto.

Il Presidente dell'Autorità di amministrazione del Canale ha, infatti, ammonito che, se il tunnel verrà costruito, a causa della vicinanza con la faglia africana, eruzioni vulcaniche e terremoti distruggeranno la vita nelle acque del golfo di Aqaba-Eilat, metteranno a repentaglio la struttura del canale di Suez e influenzeranno i flussi turistici della regione e dunque l'economia statale. Di questo scenario disastroso pare geologicamente plausibile la sola ipotesi di un cambiamento dell'ecosistema del golfo di Aqaba-Eilat, ricco di coralli e abitato da un'ampia biodiversità. Quest'ultimo, mutando caratteristiche fauno-floristiche, potrebbe indurre gli escursionisti a optare per mete diverse, influenzando negativamente la circolazione dei battelli turistici nel canale artificiale e soprattutto allontanando i viaggiatori dalle città del golfo. L'Egitto, dunque, per tutelare gli incassi del turismo, ha minacciato il consorzio internazionale di impugnare un ricorso alla Corte Internazionale dell'Aja, qualora il progetto venisse approvato.

Il Canale di Suez tra pirati e flotte militari

Il canale di Suez ha un ruolo rilevante anche su un piano militare. Le flotte degli Stati in guerra nel Medio Oriente (in particolare Israele) sono, infatti, costrette a pattugliare il canale artificiale per intercettare eventuali carichi di armi: lo scorso 6 febbraio, secondo una recente indiscrezione diffusa da Hamas, la lancia missili israeliana Ahi-Hanit ha attraversato il Canale artificiale in direzione del Mar Rosso con l'obiettivo di combattere il traffico di armi proveniente dall'Iran e diretto verso la Striscia di Gaza. Il 4 novembre 2009 alcune unità di commando israeliane hanno assaltato e abbordato, a 100 miglia marine dalle coste israeliane, Francop, un mercantile battente bandiera di Antigua e di proprietà tedesca: secondo le dichiarazioni del Ministro della Difesa israeliano Barak, la nave trasportava 500 tonnellate di armi, imbarcate in Iran.

E ancora, nel 2002 la marina israeliana sequestrava nel Mar Rosso la nave Karine A., partita da Bandar Abbas (Iran) con un carico di armi di vario genere e di razzi e diretta, secondo Israele, ai miliziani fedeli a Yasser Arafat, all'epoca impegnati nella Intifada. Questi fatti inducono a ipotizzare che l'Autorità d'Amministrazione del Canale non svolga un puntiglioso lavoro di controllo e, anzi, permetta tacitamente il traffico illegale di armi per gonfiare i propri incassi doganali. Se da una parte il Presidente egiziano Mubarak ha accolto favorevolmente l'avvio dei colloqui indiretti tra Israele e Palestina per la pace in Medio Oriente, dall'altra ha mantenuto una linea politica volta ai soli interessi egiziani, senza prendere provvedimenti che rendano affidabile il traffico nel canale artificiale.

L'Egitto, piuttosto, è preoccupato del fenomeno della pirateria che interessa la zona compresa tra la Somalia e il Mar Rosso. Il trasporto di petrolio dal Medio Oriente (3,3 milioni di barili l'anno), il traffico di merci prodotte dai Paesi asiatici e diretto al mercato europeo nonché il traffico di armi che passa il Golfo di Aden per imboccare il canale di Suez, sono le principali mire dei pirati somali. Secondo le stime del Commercial Crime Services (CCS) nel primo trimestre 2010 sono già stati compiuti 17 attacchi a vascelli transitati nel Mar Rosso: gli ultimi assalti risalgono al 5 e al 12 maggio, a discapito degli equipaggi della petroliera russa “Università di Mosca” e di un cargo greco battente bandiera liberiana. La situazione risulta preoccupare Fadel, in quanto gli assalti dei pirati riducono i transiti nel canale di Suez e inducono le compagnie commerciali a seguire altre rotte o altre vie di commercio. La pirateria, però, è una minaccia internazionale. I pirati somali, infatti, non fanno differenza di sorta per i colori delle bandiere che sventolano sui vascelli. L'Egitto, dunque, dovrebbe tentare di avviare un accordo internazionale e un'azione militare congiunta che pattugli le acque interessate dal fenomeno criminoso.

Conclusioni

Le questioni fin qui sciorinate inducono a riflettere sulla complessità degli interessi che ruotano attorno al canale di Suez. La crescita economica egiziana dipende da quella del commercio internazionale, ancora convalescente dalla crisi mondiale e che stenta a riprendere a pieno regime. Dunque il 2010, come rivelano i dati dei primi mesi, probabilmente non porterà ad un amento di introiti nelle casse dell'Autorità Amministrativa del Canale. La situazione commerciale europea, asiatica e mediorientale può essere osservata a partire dai dati che riguardano il canale artificiale, una sorta di cartina tornasole della condizione economica internazionale.

Il traffico di armi, invece, potrebbe diminuire qualora il conflitto israelo-palestinese venisse risolto dai colloqui indiretti iniziati da poco: lo scetticismo delle parti in causa nel conflitto mediorientale fa però pensare che la corsa agli armamenti non verrà frenata. In ultima istanza la questione della pirateria somala parrebbe irrisolta e irrisolvibile senza un'azione comunitaria tra gli Stati che sono interessati al commercio nella regione del canale. L'economia egiziana legata al canale di Suez, dunque, potrebbe registrare nei prossimi mesi una bilancia finanziaria stazionaria o a ribasso e nel lungo periodo gli incassi potrebbero calare enormemente, assieme a quelli del settore turistico, se il tunnel tra Mar Rosso e Mar Morto venisse realizzato. © Equilibri

* Analisi pubblicata da Equilibri. www.equilibri.net