DIRITTI-LIBERIA: ‘Useremo i nostri bambini come scudi’

HARBEL, Liberia, 11 dicembre 2008 (IPS) – “Non lasceremo entrare i bulldozer a distruggere la nostra terra. Se necessario, useremo i nostri figli come scudi; saremo costretti a farlo”, lamenta Eric Lavella, un lavoratore di mezza età impiegato presso la fabbrica della Firestone e che vive nel cuore della più vasta piantagione di caucciù della Liberia, 60 chilometri a sud della capitale Monrovia.

Due bambini giocano nel mercato di Harbel Arwen Kidd/IPS

Due bambini giocano nel mercato di Harbel
Arwen Kidd/IPS

Il quartiere di Lavella, abitato da imprenditori della Firestone, pensionati, mercanti e occupanti abusivi – e che il leader della comunità, il reverendo Johnson Flumo, stima intorno alle 3mila persone – è un ammasso di baracche di mattoni e lamiera costruite a casaccio nell’area del mercato di Harbel.

Ma dopo più di vent’anni di commercio di cibo, abbigliamento e cineserie di plastica, per gli abitanti del mercato i giorni sono ormai contati. Il mese prossimo, la Firestone vuole spostare i venditori in un nuovo mercato appena edificato e demolire il vecchio lotto commerciale. Il nuovo spazio ospiterebbe più di 1000 banchi, ma nessun alloggio. Entrambe le aree, sostiene la Firestone, sono di sua proprietà fino alla scadenza del contratto, nel 2041. ”La Firestone ha permesso ad alcune persone – che non lavorano per l’impresa – di vivere a costo zero nell’area del vecchio mercato dopo la fine della guerra civile nel 2005”, ha spiegato la Firestone in una dichiarazione ai media. “A queste persone è stato notificato il progetto di ristrutturazione ed è stato chiesto di trovare altre sistemazioni”.

Intanto, i residenti hanno presentato ricorso in tribunale per protestare contro l’ingiunzione di sfratto da parte dell’impresa, fissata per il 15 gennaio, nel capoluogo di contea di Kakata.

“Nel 1987 si era raggiunto un ‘accordo sulla parola’ con la Firestone, che prevedeva che il mercato sarebbe stato trasferito e reso autonomo sotto la LMA [Associazione statale liberiana dei commercianti]”, spiega Henry Mulbah, ex impiegato della Firestone e sindacalista, che oggi coordina l’azione legale dei residenti dell’area del mercato insieme al reverendo Flumo. “Avevano permesso alla gente di installare i loro negozi e magazzini con una stanza adibita ad alloggio dove poter dormire. Poi col tempo ai commercianti è stato consentito di portare lì le proprie famiglie”.

”Vogliono restare perché non hanno un altro posto dove andare, ma se saranno costretti a traslocare, allora chiedono un risarcimento”, ha aggiunto Mulbah. “Il punto è che il governo liberiano esige il pagamento di tasse sui beni immobili per queste strutture”.

La Firestone, una società statunitense acquisita vent’anni fa dal gruppo giapponese Bridgestone, nel 1926 aveva ottenuto i diritti esclusivi su un milione di acri di terra fertile. Da allora, l’impresa si è resa nota per episodi di abusi sul lavoro, come l’impiego di lavoratori minorenni, la presenza di una sicurezza privata eccessivamente zelante, e scarsi precedenti in materia ambientale.

La Save My Future Foundation (SAMFU), un’organizzazione non profit con sede a Monrovia, che insieme a Global Witness monitora la piantagione, spiega: “La Firestone, oggi sottoposta ad enormi pressioni, ha fatto qualche cambiamento per far fronte in parte a questi problemi. Ma i cambiamenti sono ben lontani dalle riforme profonde e di ampia portata che sarebbero necessarie per migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli impiegati”.

Dopo il controverso contratto rinegoziato nel 2005, con la mediazione dell’allora governo di transizione al termine della brutale e prolungata guerra civile nel paese, il malcontento dei lavoratori e le forti critiche da parte degli organismi internazionali come la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Liberia hanno spinto l’impresa a rivedere ancora una volta i termini della sua concessione con il governo del presidente Ellen Johnson- Sirleaf, lo scorso marzo.

In un’intervista all’IPS, il direttore della SAMFU James Makor ha dichiarato: “Il nuovo contratto non prende in considerazione una parte terza – è solo tra il governo e la Firestone. Perciò la manodopera non ha diritti, in quanto i diritti della parte terza non vengono riconosciuti per la popolazione locale, impiegati e dipendenti”. ”La Firestone ha raggirato il sistema”, commenta Makor. “La gente voleva un’udienza pubblica, ma il giorno dopo la legge è stata approvata dal parlamento della Liberia. È stato troppo veloce; come se tutto fosse già stato programmato. Non si poteva fare più niente”.

Eric Lavella era arrivato alla Firestone dalla Contea rurale di Lofa, nel nord del paese, vent’anni fa. Era rimasto mentre l’area veniva occupata, un rifugio per le famiglie in fuga dagli scontri tra le milizie di Charles Taylor e le truppe del governo nel 1990, ma era ripartito quando le violenze e i saccheggi avevano raggiunto la piantagione.

Oggi, con una famiglia di otto persone a carico, Lavella è tornato ed è stato assunto dalla Firestone per un turno di lavoro notturno di 12 ore nella supervisione del processo di trasformazione del lattice greggio in gomma trattata, che viene poi spedita dal porto commerciale di Monrovia ai mercati d’oltremare.

Escluse le ritenute fiscali e due sacchi di riso, la paga mensile di Lavella ammonta a circa 46 dollari. Come impresario, non ha diritto a nessuna indennità dalla Firestone, né ad un alloggio.

“Sono addetto al monitoraggio del processo, ma non vogliono assumermi, perché non vogliono pagarmi di più”, spiega. “Ottenere un posto alla Firestone è molto difficile. La situazione è molto complicata – i nostri figli non hanno accesso alle scuole né agli ambulatori della Firestone”.

La SAMFU stima che la Firestone impieghi direttamente 7mila persone, di cui la maggior parte battitori di gomma che guadagnano l’equivalente di 3,38 dollari al giorno. Cominciando a lavorare all’alba per raggiungere la quota giornaliera di 700 alberi da cui ricavano il lattice, i battitori spesso reclutano i propri familiari o subappaltano il lavoro per riuscire a portare a termine il difficile compito. Altri 4mila impresari, in genere operai e autisti, vengono pagati ancora meno, 2,65 dollari al giorno.

Lavorare di notte come battitore illegale è pericoloso ma redditizio: si possono ricavare 100 dollari a secchio, ma si rischia lo scontro con i “Gravel Ants”, gli ex membri delle milizie assunti dalla Firestone per combattere il lavoro illecito, e noti per la loro brutalità durante la guerra civile.

L’area del mercato di Harbel è compressa tra filari di case di mattoni rossi ammassate – gli alloggi ufficiali del personale della Firestone – mentre gli abitanti del mercato sono rinchiusi dentro box sgangherati tra i banchi del mercato e tutto intorno. Quasi tutti pagano l’affitto di una stanza ai padroni della proprietà privata, che a loro volta pagano le tasse sugli immobili al ministero della Finanza. La presidente Sirleaf è intervenuta per posticipare la demolizione dell’impresa, inizialmente prevista per ottobre, e permettere ai residenti di trovare nuovi alloggi. Ma gli abitanti del mercato sperano che dopo tanti anni che hanno vissuto lì – qualcuno per più di vent’anni – il tribunale si convinca a farli restare.

Ami Kamara è una madre di 28 anni della Sierra Leone, ed è tra le persone colpite dall’ingiunzione di sfratto. Vive in fondo ad uno stretto corridoio umido e freddo, in una stanza insieme ai due figli e al marito, un ingegnere che avuto un contratto di subappalto dalla Firestone e guadagna 60 dollari al mese. “Durante la guerra vivevamo qua, la situazione era durissima”, singhiozza. “Adesso siamo contenti della pace. Non abbiamo nessun altro posto dove andare”.