SVILUPPO: Il potere politico è ancora molto maschile

VANCOUVER, Canada

, 3 agosto 2008 (IPS) – Per i gruppi di difesa dei diritti e dell’empowerment delle donne, la
terza Conferenza di alto livello sull’efficacia degli aiuti prevista per
settembre ad Accra e la Conferenza Onu sui Finanziamenti per lo
sviluppo che si terrà a Doha a dicembre rappresentano
un’opportunità per fare qualche passo avanti sui finanziamenti per
la parità di genere.

Cecilia Alemany

Cecilia Alemany

Molti di questi gruppi saranno lì per sollecitare i loro governi a garantire l’affidabilità dei rappresentanti nazionali inviati ai summit, e creare le giuste interconnessioni per sviluppare un approccio olistico allo sviluppo, dal locale al globale. 



Tra i propositi, l’integrazione della dimensione di genere non solo tra commercio, sviluppo, investimenti esteri diretti, debito e cooperazione internazionale, ma anche governance, diritti umani e parità di genere, spiega Cecilia Alemany, della Association for Women's Rights in Development (Awid), Ong internazionale per i diritti delle donne con sede in Canada. 



Il corrispondente dell’IPS Am Johal ha intervistato Alemany, responsabile di Awid. 



IPS: Quali sono i gap e gli ostacoli che impediscono l’affermazione dei diritti delle donne nel mondo oggi?



Cecilia Alemany: Il potere politico nazionale e internazionale è ancora molto maschile, e i negoziatori dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) o dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) non sono molto sensibili alle ripercussioni che la liberalizzazione o le quote commerciali avranno sulle popolazioni, e in particolare sulle donne. 


E non è tutto. Il problema è anche che i responsabili delle decisioni politiche e dei negoziati a livello nazionale e internazionale sono quasi sempre influenzati dagli interessi delle multinazionali, piuttosto che dalle loro società in generale. Le donne e i gruppi che subiranno gli effetti di queste decisioni generalmente non vengono tenuti in considerazione, e purtroppo non vengono mai invitati al tavolo del dibattito.

Lo scorso giugno a New York, il Women's Working Group sui Finanziamenti per lo sviluppo ha organizzato un incontro di consultazione a New York, nella cui dichiarazione finale si legge che “gli scambi non sono un fine in sé: devono essere funzionali alle persone e allo sviluppo inclusivo, alla realizzazione dei diritti umani e al diritto allo sviluppo per tutti, oltre che al raggiungimento della sostenibilità ambientale ed economica. Una prospettiva di genere applicata al commercio è di tipo olistico, favorevole ad una più ampia struttura di convenzioni internazionali e di impegni multilaterali per il bene comune”.

IPS: Esiste un legame tra lo sviluppo delle competenze e i cambiamenti delle politiche pubbliche che dovrebbero essere attuati da chi può decidere in favore dell’uguaglianza delle donne?

CA: Sì, certamente. Chi decide le politiche a tutti i livelli non sempre integra la dimensione di genere nelle proprie decisioni. A livello internazionale, è palese che gli attuali programmi sulla cooperazione internazionale, per esempio, non stanno integrando obiettivi di sviluppo chiari come la parità di genere, i diritti umani e la sostenibilità ambientale.

Diversi paesi sviluppati che dovrebbero essere più progressisti quanto ai diritti delle donne, sono piuttosto ignoranti rispetto a come integrare sviluppo, diritti umani e uguaglianza di genere.

Nei dibattiti su questi temi sono stati fatti tantissimi progressi tecnici, ma senza risultati effettivi sul campo. 

La “comunità di donatori” sta coordinando un processo e un dibattito internazionale sulla “efficacia degli aiuti”, basato sulla scarsa efficacia dimostrata finora dalla cooperazione internazionale, che non ha prodotto risultati concreti nello sviluppo. Ciononostante, in questo dibattito le donne non vengono ascoltate, e i politici (impegnati nei negoziati soprattutto attraverso l’OCSE) considerano i diritti umani e la parità di genere “problemi trasversali”, che in termini pratici significa “non problemi”. 



IPS: Quali sono le principali preoccupazioni legate al Piano d’Azione di Accra (Accra Agenda for Action, AAA), per la società civile e in particolare per i gruppi femminili?

CA: L’attuale bozza del piano contiene pochissimi impegni concreti e legati a delle scadenze da monitorare entro il 2010. L'Agenda dovrebbe assicurare che l’attuazione della Dichiarazione di Parigi e il miglioramento della qualità degli aiuti non compromettano ma piuttosto contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo concordati a livello mondiale, agli obblighi verso i diritti umani, al raggiungimento degli impegni sulla parità di genere, al lavoro dignitoso per tutti, e alla tutela della sostenibilità ambientale.


IPS: E per quanto riguarda la relazione tra i donatori e i governi dei paesi in via di sviluppo? Ci sarà più trasparenza sugli aiuti?



CA: La AAA e l’intera agenda sull’Efficacia degli aiuti devono essere considerate nell’ottica di un ragionamento più ampio sull’efficacia dello sviluppo, che riconosca nelle Nazioni Unite il luogo di riferimento per stabilire le norme e delineare le politiche, in grado di assicurare una partecipazione equa di tutti i paesi, in particolare attraverso il Forum per la cooperazione economica e il processo del Finanziamento per lo sviluppo verso Doha (dicembre 2008). 


Nella bozza dell'Agenda la questione della trasparenza è affrontata in modo piuttosto limitato. È essenziale che i donatori condividano più informazioni con i governi dei paesi in via di sviluppo, per favorire processi di budget efficaci e affidabili; ma anche i cittadini hanno il diritto di essere ben informati sulla situazione degli aiuti nel loro paese.

Trasparenza non è solo “divulgazione”, è qualcosa di più, riguarda la partecipazione nei processi decisionali. È essenziale che la AAA stabilisca un nuovo modo di misurare la proprietà, riconoscendo che essa deve essere gestita dagli stessi cittadini di un paese, non dai donatori della Banca Mondiale.

Gli indicatori della proprietà devono misurare la partecipazione dei cittadini, della società civile e dei parlamenti nel decidere, pianificare, attuare e valutare i piani, le politiche, i programmi e i budget a livello nazionale.