OBIETTIVI DEL MILLENNIO: Le battaglie internazionali vanno combattute a livello nazionale

ROMA, 8 febbraio 2008 (IPS) – Dopo la recente inaugurazione di due centri regionali in Africa e Asia, la Campagna per gli obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite arriva in Europa. Il nuovo ufficio europeo, con quartier generale a Roma, sarà diretto da Marina Ponti, vice direttore della campagna globale e direttrice per l’Europa.

Marina Ponti Millennium Campaign

Marina Ponti
Millennium Campaign

”La Campagna del Millennio è stata lanciata nel 2002 in Italia, e cinque anni dopo torniamo nel luogo da cui siamo partiti”, ha detto Marina Ponti all'IPS in un’intervista. “Naturalmente, questo sarà un ufficio regionale e sosterrà attività di cittadini e organismi in tutti i paesi europei, anche se una parte fondamentale del lavoro si svolgerà qui in Italia”.

La Campagna del Millennio è stata lanciata dall’Onu per aiutare i cittadini a fare pressione sui loro governi, perché mantengano gli impegni assunti in sede internazionale per il raggiungimento degli otto obiettivi del millennio entro il 2015.

Tra gli obiettivi, il dimezzamento del numero di persone che oggi vivono nella povertà estrema – 1 miliardo nel mondo – l’istruzione primaria universale, l’uguaglianza di genere, la riduzione di due terzi la mortalità infantile e materna, la lotta ad Hiv/Aids, malaria e altre importanti malattie, la sostenibilità ambientale, e il raggiungimento di una “alleanza globale per lo sviluppo”.

IPS: Perché la Campagna ha deciso di aprire la sua sede europea proprio a Roma?

Marina Ponti: Spostare l’ufficio regionale da New York in Europa è una decisione importante, che in verità è stata presa dopo gli ottimi risultati ottenuti dagli uffici regionali aperti a Nairobi e a Bangkok. Risultati tanto positivi hanno evidenziato l’esigenza di aprire un ufficio anche in Europa.

Abbiamo scelto l’Italia non solo perché è un paese del G7 (gruppo di sette nazioni industrializzate, Usa, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone), ma perché la società civile italiana è estremamente attiva. C’è un movimento pacifista molto vivo, con molti attori coinvolti, come gli enti locali e le Ong, e la popolazione ha mostrato di avere un grande interesse per i temi della lotta alla povertà, alla tutela dell’ambiente, e alla costruzione di un sistema commerciale internazionale più equo.

IPS: Che tipo di supporto vi aspettate dall’Italia, in un periodo di così grande incertezza politica?

MP: Il governo uscente ha dimostrato di credere fermamente nella campagna come un modo per sfidare le istituzioni e promuovere un maggiore impegno. È vero, siamo in una situazione politica molto instabile, andremo alle elezioni tra due mesi…quello che possiamo dire è che noi realmente speriamo che gli Obiettivi del Millennio (MDG) diventino una priorità per tutti i partiti, una componente fondamentale della loro piattaforma politica, e che il prossimo governo, qualunque sia il suo colore, si fonderà realmente su quello che è stato fatto e sui passi positivi già compiuti dal governo uscente sulla cooperazione allo sviluppo.

IPS: Nel suo precedente impegno con Mani Tese aveva esplorato il “lato oscuro” del sistema finanziario internazionale. Il suo lato “più oscuro”, la corruzione, ha un impatto estremamente negativo sullo sviluppo delle popolazioni povere in tutto il mondo. I dati parlano di flussi di riciclaggio del denaro in aumento di mille miliardi di dollari ogni anno, ottenuti con il traffico di droga, di armi e altre attività criminali. Eppure, questo tema è assente dagli otto obiettivi di sviluppo. Perché?

MP: È una domanda molto importante. Gli MDG sono il risultato di un accordo tra nazioni ricche e povere. I paesi poveri si sono dovuti impegnare, e la loro responsabilità è raggiungere i primi sette obiettivi, mentre i paesi ricchi dovranno raggiungere l’obiettivo numero otto, che riguarda la qualità e quantità degli aiuti e la riforma delle regole commerciali.

Ma tra le istanze politiche della Campagna al Sud, in Africa e in Asia, il 90 per cento delle richieste ai governi riguarda proprio la lotta alla corruzione. Responsabilità, lotta alla corruzione, e sostegno reale delle riforme istituzionali costituiscono una componente essenziale per il raggiungimento degli obiettivi.

IPS: Perché dunque la Campagna del Millennio non ha avviato una discussione sui meccanismi per la lotta internazionale alla corruzione?

MP: Innanzitutto perché non esistono istituzioni internazionali in grado di superare la sovranità nazionale degli stati. Noi crediamo fermamente che i governi e gli organismi istituzionali stiano fondamentalmente seguendo le indicazioni dei governi.

Saremo in grado di combattere la corruzione superando la sovranità degli stati nel momento in cui la lotta alla corruzione diventerà una realtà a livello nazionale. Molti si battono contro istituzioni come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione mondiale per il commercio e altri organismi internazionali. Ma questi organismi riflettono in qualche modo le richieste – e dipendono realmente dalla voce – dei governi che concretamente li gestiscono. Come Campagna, abbiamo bisogno che i cittadini, e i gruppi di rappresentanza civile, facciano pressione sui governi, in modo che questi possano cambiare le politiche a livello nazionale, dove davvero serve, e in tutti gli organismi istituzionali che rappresentano. Quello che chiediamo è una vera coerenza delle politiche, ma la coerenza deve iniziare a casa propria, a livello nazionale.

IPS: Può farci un esempio?

MP: Stiamo lottando contro i sussidi agricoli, e tra i peggiori nemici di quel sistema c’è la Commissione Europea. Ma non intendiamo combattere quella battaglia a Bruxelles, perché Bruxelles non ha di fatto il potere di cambiare le politiche, finché i governi nazionali, soprattutto quelli dell’Europa meridionale, non cambieranno la loro posizione al riguardo.

Molte delle politiche che combattiamo nelle organizzazioni internazionali sono il risultato di decisioni prese a livello nazionale. È per questo che privilegiamo quel livello.

IPS: Avete denunciato una scarsa volontà politica da parte dei paesi ricchi di sostenere la cooperazione allo sviluppo. Concretamente, avete chiesto ai paesi ricchi un maggiore impegno nelle aree rurali più povere, una riformulazione della sostenibilità del debito estero all’interno del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, e pratiche commerciali più eque. A metà strada verso il 2015, qualcosa è cambiato? Cosa è successo in Europa?

MP: Nel 2005 si è verificato qualcosa di molto speciale rispetto agli MDG, quando a Lussemburgo si è arrivati a un importante accordo europeo su come raggiungere lo 0,7 per cento (dell'aiuto pubblico allo sviluppo), e abbiamo ottenuto un programma intermedio ben definito. È stato un traguardo estremamente importante per gli obiettivi. Ma di nuovo, questi impegni non sono vincolanti, quindi corrisponderanno alla realtà politica solo se governi e parlamenti percepiranno una pressione molto forte da parte dei loro elettori.

Credo che attualmente l’Europa stia ancora tenendo fede a quegli impegni, ma tra pochi anni vedremo se l’Europa vorrà realmente fare la sua parte. Credo sia fondamentale, giunti a metà strada, attivare nuovamente una forte mobilitazione e far crescere la pressione da parte dei media, dei governi locali, della società civile, per trasmettere il messaggio che i cittadini europei vogliono davvero che i loro governi mantengano le promesse fatte.

IPS: Quali sono i punti fondamentali della strategia della Campagna del Millennio di quest’anno?

MP: Questo sarà un anno molto importante, particolarmente attento a un problema chiave per la campagna europea, la qualità degli aiuti.

È più facile parlare dello 0,7 per cento, e pronunciarsi sulla quantità, perché è qualcosa di misurabile e che possiamo chiedere con precisione ai governi. Ma quantità e qualità non possono essere separate. Se chiediamo maggiori risorse non è solo per il gusto di avere di più, ma perché davvero ne abbiamo bisogno per raggiungere gli MDG, per occuparci dei paesi più poveri del mondo, per pensare alle categorie più deboli – donne, gruppi indigeni, bambini. Ritengo che nei prossimi dieci anni sarà sempre più difficile per i governi aumentare le risorse se i cittadini non avranno la certezza che queste siano state ben investite.

Credo che il dibattito sulla qualità sia tanto rilevante quanto quello sulla quantità. A settembre ci sarà un’importante conferenza ad Accra (Ghana) che valuterà i progressi fatti dai paesi donatori per migliorare la qualità dei loro aiuti allo sviluppo.

E anche quest’anno avremo lo ”Stand Up” (la consueta mobilitazione globale contro la povertà, alla sua terza edizione), dal 17 al 19 ottobre. L’anno scorso, oltre 44 milioni di persone nel mondo si sono unite al movimento Stand Up. Di queste, 750mila erano in Italia.

IPS: Qual è la relazione, se esiste, tra la spinta per lo sviluppo e le crisi globali in Medio Oriente, Pakistan, Birmania, Africa…

MP: Non possiamo ignorare quello che sta accadendo nel mondo, le emergenze sono estremamente visibili attraverso i media e l’opinione pubblica, quindi è impossibile evitare l'argomento.

Tuttavia, serve anche un cambiamento culturale, dobbiamo smettere di spostarci da un’emergenza all’altra, e iniziare a discutere di come si possa creare un ambiente capace di sostenere crescita sociale, pace, diritti umani, empowerment di uomini e donne, e sostegno del pianeta.

Finché continueremo a saltare da un conflitto all’altro, senza interrogarci sulle noiose questioni di lungo termine – le domande che in molti casi i politici non si pongono, perché potrebbero non essere più al potere nel lungo periodo – avremo poche possibilità di successo. Con una visione a breve termine, qualunque soluzione troveremo, sarà una soluzione a breve termine. Naturalmente dobbiamo occuparci di ciò che accade nel mondo, ma allo stesso tempo dobbiamo conoscere e affrontare quelle domande fondamentali e quelle sfide che non sono sotto i riflettori.