SVILUPPO: Cresci tanto quanto sai

BRUXELLES, 8 novembre 2005 (IPS) – Secondo un rapporto pubblicato la scorsa settimana dall’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, la crescita delle “società della conoscenza” crea nuove opportunità per i paesi in via di sviluppo.

Il documento, intitolato “Verso le società della conoscenza”, analizza il ruolo sempre maggiore del sapere nella crescita economica, e lo definisce un potenziale catalizzatore per lo sviluppo.

Il rapporto presenta poi un’analisi dettagliata dei fattori che ostacolano l’accesso di molti paesi alle opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

“La crescita delle società del sapere può creare nuove opportunità per i paesi del Sud”, ha detto la vice direttrice generale dell’Unesco Françoise Rivière al lancio del rapporto a Bruxelles.

“Dobbiamo far capire alle società nel Sud che possiedono una varietà di conoscenze fondamentali che devono essere sviluppate e collegate all’informazione internazionale”, ha detto. “I paesi in via di sviluppo devono essere i produttori del loro sapere, non solo i consumatori”.

Secondo l’Unesco, uno dei principali ostacoli nell’ottimizzare uno sviluppo umano sostenibile è la “disparità nell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, oggi nota come divario digitale”.

Solo l’11 per cento della popolazione mondiale ha accesso a Internet, e il 90 per cento di chi è collegato alla rete vive nei paesi industrializzati. Il rapporto osserva che il divario digitale è già la conseguenza di una divisione ancora più grave.

“Questo divario dell’informazione oggi più che mai divide i paesi dotati di ricerca attiva e potenziale di sviluppo, di sistemi educativi altamente efficaci e di una varietà di insegnamento pubblico e di servizi culturali, dai paesi con sistemi educativi carenti e istituzioni per la ricerca senza risorse, e che risentono delle conseguenze della fuga di cervelli”, si legge nello studio.

L’Unesco sostiene che per incoraggiare lo sviluppo delle società della conoscenza è necessario superare questi divari. “Non esiste un solo modello di società bene informate”, ha detto Rivière ai rappresentanti dei media. “Sta ad ogni singola società potenziare il valore delle proprie conoscenze locali e indigene”.

Secondo l’Unesco, i saperi locali e tradizionali hanno un valore inestimabile per l’agricoltura e la salute.

“Questa categoria di saperi, che spesso si ritrovano in società prive di una lingua scritta, è particolarmente vulnerabile. Laddove si stima che si rischia di vedere estinta una lingua ogni due settimane, gran parte di questa conoscenza tradizionale viene perduta”, ha aggiunto Rivière.

Gli autori affermano che le “società della conoscenza” (knowledge societies) non devono essere confuse con le “società dell’informazione” (information societies): mentre queste ultime si basano sulle innovazioni tecnologiche, le società della conoscenza contribuiscono al benessere di individui e comunità, e “comprendono dimensioni sociali, etiche e politiche più ampie”.

Citano poi l’esempio di Singapore, che ha cominciato, al momento dell’indipendenza, come paese in via di sviluppo pieno di baraccopoli, e ha raggiunto in soli quarant’anni tassi di crescita economica che superano quelli della maggior parte delle nazioni industrializzate, promovendo saperi e creatività.

Meno noto è l’esempio di Villa El Salvador in Perù, una comunità di diverse migliaia di persone che furono espulse dalla capitale Lima nel 1971. Si sono stabiliti nel deserto, hanno costruito scuole e centri di istruzione senza aiuto dall’esterno, e hanno trasformato le loro baracche in una città organizzata con più di 400.000 abitanti.

L’Unesco segnala che il 98 per cento dei bambini della cittadina vanno a scuola, l’analfabetismo tra gli adulti al 4,5 per cento è il più basso del Perù, e più di 15.000 studenti sono iscritti all’università di Villa El Salvador o nelle università di Lima.

“Il rapporto rivela uno scenario che disegna un futuro tanto incoraggiante quando preoccupante”, ha dichiarato il direttore generale dell’Unesco Koïchiro Matsuura. “Promettente perché il potenziale offerto da un uso razionale e determinato delle nuove tecnologie offre reali prospettive per uno sviluppo umano sostenibile e per la costruzione di società più democratiche; preoccupante, perché gli ostacoli e le insidie sul cammino sono fin troppo reali”.

Il rapporto dell’Unesco dice che è necessario compiere diversi passi per restringere il divario digitale e dell’informazione tra il Nord e il Sud, e muoversi verso una forma “intelligente” di sviluppo umano sostenibile.

Sollecita i governi ad estendere un’educazione di qualità per tutti, aumentare l’accesso della comunità alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e migliorare la condivisione del sapere scientifico oltreconfine.

Il documento sostiene poi l’idea di definire come priorità la diversità linguistica, condividendo le conoscenze sull’ambiente, sviluppando strumenti statistici per misurare il sapere, e aiutare chi prende le decisioni politiche a individuare le priorità.

“La posta in gioco è alta, perché il costo dell’ignoranza è più alto del costo dell’educazione e della condivisione del sapere”, dice il rapporto.

Lo studio è il primo di una nuova serie di rapporti dell’Unesco che vengono pubblicati ogni due anni, centrati sui temi che sono al centro della missione dell’organizzazione, come diversità culturale e sviluppo sostenibile. È stato presentato a due settimane dalla seconda fase del Vertice mondiale sulla società dell’informazione (WSIS) previsto per il 16-18 novembre a Tunisi, in Tunisia.