MIGRAZIONE: L’altra faccia della ‘fuga di cervelli’

WASHINGTON, 6 novembre 2005 (IPS) – Alcune delle nazioni più piccole e più povere del mondo hanno perso un sorprendente 89 per cento dei loro lavoratori specializzati in favore dei paesi più ricchi, ma potrebbero anche guadagnarci economicamente grazie alle rimesse estere, ha dichiarato la Banca Mondiale.

Nella ricerca “Migrazioni internazionali, rimesse e fuga di cervelli”, l’ente finanziario con sede a Washington riferisce che in futuro le migrazioni internazionali potrebbero aumentare, ma con qualche vantaggio finanziario per i paesi in via di sviluppo.

Lo studio di 288 pagine rivela che le divergenti tendenze demografiche tra i paesi in via di sviluppo e i paesi sviluppati e il rapido calo nel costo di trasporti e telecomunicazioni rendono sempre più difficile per i governi frenare gli spostamenti di popolazione.

”Per questo motivo, le migrazioni internazionali e le questioni associate occuperanno un posto sempre più importante nell’agenda globale dell’immediato futuro”, prosegue il rapporto.

Le nazioni povere e con un numero limitato di lavoratori istruiti e specializzati stanno perdendo un numero sempre maggiore di ingegneri, dottori, infermiere e talvolta artisti, che preferiscono un salario e standard di vita migliori nei paesi ricchi.

”Secondo il rapporto, nelle piccole e povere nazioni in via di sviluppo la fuga di cervelli è massiccia “, afferma Maurice Schiff, economista della Banca Mondiale.

L’indagine dimostra che i primi 10 punti percentuali sul totale della forza lavoro istruita vengono da Africa, Carabi e America Centrale.

Nel 2000, più del 50 per cento dei cittadini dotati di istruzione universitaria delle nazioni centroamericane e insulari dei Caraibi era residente all’estero.

Nell’Africa sub-sahariana, più del 40 per cento di tutti i migranti sono lavoratori specializzati, e, nonostante la percentuale di mano d’opera professionale nella forza lavoro totale dell’Africa sub-sahariana sia appena del quattro per cento, quasi il 20 per cento dei lavoratori specializzati provengono da paesi dell’Africa sub-sahariana, escluso il Sud Africa.

In Asia, la mano d’opera specializzata raggiunge circa il 50 per cento del totale di migranti.

Secondo lo studio, l’89 per cento dei lavoratori specializzati della Guyana lasciano il paese, mentre la percentuale in Giamaica è dell’85 per cento, ad Haiti dell’84 per cento, in Ghana del 47 per cento, in Laos del 37,4 per cento e in Kenya del 39 per cento.

Tuttavia, secondo gli economisti della Banca Mondiale, più grande è il paese, minore è il problema della fuga di cervelli. In nazioni come Cina e India, la percentuale di laureati residenti all’estero va dal tre al cinque per cento circa; cifre analoghe sono state registrate in grandi paesi come Brasile, Indonesia ed ex Unione Sovietica.

”Nella media degli stati con più di 30 milioni di abitanti, la fuga di cervelli è inferiore al cinque per cento della popolazione con un’istruzione universitaria”, ha dichiarato Schiff. ”La ragione”, prosegue l’economista, “è che in quegli stati, gran parte della popolazione è professionalizzata, quindi, nonostante l’alto numero di migranti tra i lavoratori specializzati, la percentuale rimane bassa”.

Il rapporto analizza inoltre la situazione nei paesi di destinazione, soprattutto nelle nazioni ricche, affermando che in Australia, Canada e Nuova Zelanda i migranti rappresentano circa il 20 per cento della forza lavoro, negli Stati Uniti l’11,7 per cento e nell’Unione Europea solo il 6,7 per cento.

La ricerca sottolinea che non solo gli abitanti delle nazioni povere cercano futuri più lucenti oltreoceano; milioni di cittadini dell’Unione Europea vivono all’estero, soprattutto in altri paesi dell’Ue, rendendo quasi nulla la migrazione netta di cervelli verso la Ue, e piuttosto alta quella verso Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Esaminando i collegamenti tra migrazioni e sviluppo, esistono, secondo il rapporto, guadagni potenziali notevoli dalla “liberalizzazione” delle politiche di immigrazione, che si distribuirebbero tra nazioni d’origine, paesi di destinazione e gli stessi migranti.

Secondo lo studio, il danaro inviato dai migranti “aiuta ad alleviare la povertà nella loro terra”. Una pubblicazione di prossima uscita della Banca, “Aspettative economiche globali 2006”, stima che quest’anno, circa 200 milioni di individui residenti fuori dal proprio paese hanno inviato denaro per circa 225 miliardi di dollari.

Secondo François Bourguignon, economista capo della Banca Mondiale, i risultati dell’indagine ufficiale sulle famiglie riportati dallo studio dimostrano il collegamento diretto tra migrazione e riduzione della povertà. Una ricerca sui nuclei familiari filippini dimostra come le rimesse ricevute si siano tradotte in un calo del lavoro minorile, maggior scolarizzazione infantile e aumento delle ore di autoimpiego.

Viene riportato anche l’esempio del Guatemala, dove le spedizioni di denaro hanno ridotto il livello di povertà. L’impatto più rilevante era proprio sul grado di indigenza, con rimesse che raggiungevano oltre metà del reddito del 10 per cento delle famiglie più povere.

Tuttavia, sulla base di una ricerca diffusa all’inizio di ottobre dal Centro per lo sviluppo globale (CGD, Centre for Global Development) con sede a Washington, i miliardi di dollari che i migranti inviano a casa ogni anno compensano solo in parte le perdite del mondo in via di sviluppo dovute alla fuga di cervelli.

”E’ assolutamente infondata l’idea che la migrazione di una porzione significativa dei migliori e più brillanti cervelli del paese non sia particolarmente nociva e possa essere anche vantaggiosa per un paese”, rivela lo studio del CGD, aggiungendo che “se individui con talento e determinazione sono fondamentali per costruire le istituzioni, perderli può avere gravi conseguenze”.

La Banca Mondiale riconosce un qualche impatto negativo delle migrazioni, evidenziandone il prezzo da pagare. Per i paesi d’origine, i costi comprendono la perdita di elementi positivi per la società e delle risorse investite nella loro istruzione; i migranti possono inoltre subire la separazione da famiglia, amici e cultura, nonché la perdita di una effettiva protezione legale nei paesi d’arrivo. I costi nei paesi di destinazione, secondo la Banca, comprendono invece la percezione di una minaccia all’identità culturale e il fenomeno della concorrenza lavorativa per gli autoctoni.