DIRITTI UMANI: Giustizia internazionale dal volto femminile

LONDRA, 22 settembre 2004 (IPS) – La nomina a sostituto procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) di Fatou Bensouda, ex procuratore generale del Tribunale internazionale del Ruanda, rafforza l’impegno dell’ordine nei confronti della giustizia per le donne.

La nomina di Bensouda, una tra i 198 candidati alla carica, rafforzerà anche le indagini in corso in Uganda e nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), hanno affermato alcuni attivisti per i diritti umani.

“È una donna che ha lavorato tra le donne che hanno subito violenza”, ha detto per telefono ad IPS dall’Aja Ruth Ochieng, direttrice in Uganda di “Interscambio culturale per le donne”.

Bensouda è stata nominata dall’Assemblea degli Stati-Parte celebrata due settimane fa all’Aja, sede della CPI, organismo internazionale che giudica i casi di genocidio, i crimini di guerra e contro l’umanità. All’incontro hanno assistito rappresentanti di 80 sui 94 paesi firmatari.

L’avvocatessa del Gambia è stata eletta dall’Assemblea a scrutinio segreto, ottenendo 58 dei 78 suffragi espressi. Fino a poco tempo fa, Bensouda era consulente legale e avvocatessa di primo grado nel Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda.

Nel 2002 è stata amministratrice generale della Banca di commercio e industria del Gambia, dopo aver lavorato come avvocatessa privata a Banjul.

Tra il 1998 e il 2002 è stata procuratore generale dello Stato e ministra della Giustizia del suo paese, una piccola ex colonia britannica dell’Africa occidentale con una popolazione di 1,5 milioni di abitanti, indipendente dal 1965.

Bensouda rimarrà in carica nove anni, il limite massimo consentito dallo Statuto di Roma col quale è stata creata la CPI. Lavorerà insieme al primo procuratore generale della Corte, l’argentino Luis Moreno Ocampo, e con il sostituto procuratore per le indagini preliminari, il belga Serge Brammertz.

Le inchieste della CPI sulle violazioni commesse durante le guerre civili in Uganda e nella RDC fanno emergere la necessità che nell’accusa sia direttamente coinvolta una donna, ha osservato Ochieng.

“Di solito nei conflitti interni si tende a mettere da parte le donne. Gli uomini stanno sul campo di battaglia oppure si nascondono. Abbiamo visto molte donne che hanno subito violenze in Congo”, ha aggiunto.

In quei paesi, “le donne sono state violentate in gruppo e hanno subito la mutilazione degli organi riproduttivi”, ha detto. “Ci sono donne che hanno perso il controllo dello sfintere, o a cui sono stati amputati labbra, naso e orecchie. Le donne sono rimaste vittime delle mine perché dovevano procurare il cibo”.

Le donne che hanno subito violenza sessuale “si sentono a disagio interrogate da un uomo”, ha aggiunto Ochieng. “L’immagine di chi ha commesso il fatto si trasferisce sull’uomo che effettua l’interrogatorio”.

Brigid Inder, direttrice esecutiva dell’“Iniziativa delle donne per la giustizia di genere” con sede all’Aja ha dichiarato: “Bensouda apporta l’integrità regionale e di genere che è estremamente necessaria, e come incaricata dell’accusa si assicurerà che i crimini di violenza sessuale e di genere siano effettivamente giudicati”.

Anche la Coalizione per la CPI, che riunisce più di 2000 organizzazioni non governative, ha applaudito la nomina.

Il membro della Coalizione Christian Hemedi, presidentessa dell’Associazione per il rinnovamento dei diritti umani della RDC, ha dichiarato: “Alla luce dei primi due casi che coinvolgono paesi africani, l’inestimabile esperienza della signora Bensouda come avvocatessa in Gambia e nel tribunale del Ruanda rappresenterà un grande contributo alla CPI, adesso che sono in corso le indagini”.

Ma l’accoglienza a Bensouda è associata alla crescente preoccupazione sui limiti della CPI, che cominciano ad emergere man mano che avanzano le ricerche.