LIBERTA’ D’INFORMAZIONE: Il teatro ha la meglio sul piccolo schermo

ROMA, 5 maggio 2004 (IPS) – L’Ambra Jovinelli, un vecchio teatro inaugurato nel 1909, è pieno di spettatori in attesa di cominciare la loro serata lontani dalla televisione. La folla è stranamente uniforme nella sua diversità: un gruppo di intellettuali e trentenni alternativi e quarantenni dall’aspetto bizzarro.

Il teatro politico non è nuovo in ltalia, ma sta rifiorendo in risposta al controllo esercitato sulla televisione pubblica e privata da parte del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Lo spettacolo 'Radio Clandestina' di Ascanio Celestini è un monologo politico spruzzato di ingegno e disprezzo che ruota attorno alla vicenda delle Fosse Ardeatine, una meditazione su come Roma sia diventata quello che è oggi, e aggiornata con riferimenti costanti alle vicende politiche odierne.

Lo spettacolo di Celestini è solo uno della dozzina di spettacoli in lista nel calendario del teatro.

”L’attore è un cantastorie che dà agli spettatori un contesto per comprendere meglio i fatti”, spiega ad IPS la venticinquenne Chiara D’Ambros che frequenta spesso il teatro.”In politica è difficile capire dove stia la verità. Dopo la rappresentazione, te ne vai senza risposte, ma con più interrogativi, diversi punti di vista. È anche per questo che vado a teatro”.

Fino a quattro anni fa veniva chiamato teatro di narrazione. “Dopo che la situazione politica italiana è cambiata, è stato indicato come teatro politico”, spiega il trentatreenne Celestini ad IPS.

”Noi raccontiamo la Storia raccontando le storie”, spiega Celestini. “Il nostro teatro è il prodotto delle investigazioni che i giornalisti italiani non fanno più, specialmente in televisione. La gente ha bisogno che il teatro mostri i fatti reali per riempire lo spazio vuoto lasciato dai media”. In un’inchiesta pubblicata il 28 aprile, l’Italia è stata classificata come “parzialmente libera” a causa della crescente concentrazione dei media e della conseguente pressione politica. E’ la prima volta dal 1988 che i mezzi di informazione di un paese occidentale vengono classificati come “parzialmente liberi”. Lo studio è stato condotto da Freedom House, un’organizzazione non-profit di Washington.

Berlusconi controlla il 95 per cento delle televisioni italiane, secondo la Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ).

”Il Primo ministro Silvio Berlusconi è stato capace di esercitare un’eccessiva influenza sui canali pubblici della RAI”, ha detto Karin Deutsch Karlekar, che ha diretto l’inchiesta.”Questo inoltre esacerba un ambiente già di per sé terrificante caratterizzato da una informazione sbilanciata nell’ambito dell’enorme impero mediatico di Berlusconi”. Il mastodontico gruppo della famiglia Berlusconi controlla tre dei sette canali televisivi nazionali (Rete 4, Canale 5 e Italia 1), un quotidiano (Il Giornale), la più grande casa editrice italiana (Mondadori), e una casa di produzione cinematografica (Medusa). I suoi giri d’affari comprendono anche una porzione significativa del mercato della pubblicità. Come capo del governo, ha anche il controllo dei tre canali televisivi pubblici, la RAI.

Alcuni attori e giornalisti sono stati “silenziati” durante il suo governo. L’attrice satirica Sabina Guzzanti, il cui programma, Raiot, è stato cancellato dalla RAI dopo la prima puntata (dedicata ad una divertente analisi del “conflitto di interessi” di Berlusconi), è emigrata dal piccolo schermo al teatro.

Anche Paolo Rossi, che ha creato uno spettacolo attorno al difficile tema della Costituzione Italiana, è tornato a calcare il palcoscenico.

Michele Santoro, che conduceva un talk-show politico in televisione, e l’ottantaquattrenne giornalista Enzo Biagi, hanno visto i loro programmi cancellati nel 2002, “perché hanno fatto un uso criminoso della televisione pubblica”, aveva dichiarato Berlusconi.

Nell’aprile dell’anno scorso Reporters Senza Frontiere, un’associazione internazionale che difende in tutto il mondo la libertà di stampa, ha pubblicato un reportage sull’“anomalia italiana”, chiedendo senza successo l’immediata reintegrazione dei giornalisti licenziati.

Per dare seguito alla richiesta di riforme, i legislatori italiani hanno introdotto l’anno scorso la controversa “legge Gasparri”, dal nome del Ministro per le Comunicazioni Maurizio Gasparri. Il disegno di legge avrebbe dovuto porre un freno alle proprietà incrociate della televisione e della carta stampata.

I critici però hanno sostenuto che la legge era fatta su misura per aggirare i problemi dell’impero Berlusconi. La legge doveva impedire l’attuazione della norma che avrebbe portato Rete 4, canale di Berlusconi, sul satellite, di gran lunga meno redditizio della televisione analogica. La legge era approdata in Parlamento 19 mesi fa, ma è stata rigettata dalle opposizioni per ben cinque volte. Era infine passata, ma il Presidente della Repubblica Ciampi l’aveva bloccata nel dicembre dell’anno scorso rispedendola alle Camere.

La Legge Gasparri è stata infine approvata dal Parlamento il 29 aprile scorso. Fino al 2006, Rete 4 e l’impero di Berlusconi non sono a rischio. ”Solo qualche giorno prima della giornata mondiale sulla libertà di stampa, i legislatori italiani hanno rafforzato l’abuso più eclatante dei principi che garantiscono la diversità dei media nel mondo occidentale”, ha detto Aidan White della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) in un comunicato stampa.

Non è ancora chiaro se l’Unione Europea accetterà o meno la legge così com’è. Il 20 aprile infatti il Parlamento Europeo ha chiesto alla Commissione Europea di legiferare urgentemente per impedire la concentrazione dei media dentro i confini dell’Unione, indicando l’Italia come un esempio negativo.

Fortunatamente la concentrazione è notevolmente minore nella carta stampata, che continua ad essere critica verso il governo. E in teatro, “dove puoi sentire molte voci, e non solo una”, ha detto Chiara D’Ambros.