CINEMA: In Palestina un festival dietro il muro

RAMALLAH, 30 aprile 2004 (IPS) – In fila davanti alla biglietteria, per l’inaugurazione del Festival di Cinema europeo nella città cisgiordana di Ramallah, si sentivano solo resoconti dell’incursione dell’esercito israeliano avvenuta poche ore prima

Questa città, in stato d’assedio al tramonto, è tornata alla vita normale la sera, con decine di persone in attesa fuori dal Teatro e Cineteca Alkasaba per assistere alla presentazione della produzione franco-libanese “La cometa”.

È una delle 28 opere presentate al festival, che dall’8 al 20 aprile ha ospitato film austriaci, tedeschi, belgi, britannici, finlandesi, greci e olandesi.

Il festival è stato celebrato “nonostante il luogo e il muro dell’apartheid che gli israeliani stanno costruendo per isolare città e villaggi palestinesi”, ha dichiarato all’IPS Petra Barghouthi, addetta stampa.

Il Festival del Cinema europeo ha racchiuso un ampio ventaglio di attività volte a rianimare la vita culturale palestinese, rimasta profondamente colpita dopo lo scoppio dell’Intifada (insurrezione popolare contro l’occupazione israeliana) di settembre 2000.

Città e villaggi palestinesi dove ancora piovono missili e volano proiettili possono non sembrare il luogo più adatto per lo sviluppo culturale, soprattutto quando la lotta contro l’occupazione è la massima priorità.

“Invece è il momento giusto – ha affermato George Ibrahim, direttore generale di Alkasaba –. La cultura è un aspetto fondamentale della vita. Facciamo resistenza contro l’occupazione, e perciò dobbiamo proseguire la nostra vita di tutti i giorni”.

Ma la vita di tutti i giorni è un’utopia per i quasi tre milioni di abitanti di Cisgiordania e Gaza, viste le misure di sicurezza imposte da Israele, secondo Khalid Elyyan, coordinatore del festival.

“Con questo festival cerchiamo di superare i blocchi delle strade e i check-point israeliani, per far capire che se loro costruiscono un muro di cemento, noi costruiamo una cultura che è molto più forte ed elevata”, ha detto Elyyan all’IPS.

“Presentando l’Europa a Ramallah, dimostriamo che possiamo attraversare il muro”, ha aggiunto.

L’instabilità politica in Palestina e le restrizioni sui movimenti tra le diverse località hanno contribuito al declino della vita culturale, ha osservato il ministro della Cultura, Yehya Yakhluf.

“L’occupazione israeliana è il primo ostacolo sul cammino dello sviluppo, l’educazione, la conoscenza e tutti gli aspetti della vita. Gli israeliani stanno distruggendo deliberatamente la vita culturale palestinese”, ha assicurato Yakhluf.

I centri culturali sono stati chiusi “nel quadro di una politica di castigo collettivo”. Ma “gli avvenimenti culturali evidenziano che la vita continua nonostante tutti i processi malsani imposti dalle autorità dell’occupazione”, ha proseguito.

Questo festival, come altri fenomeni culturali, “illumina uno spazio di speranza in mezzo allo sconforto che nasce dall’oscurità e dall’aggressione e l’occupazione israeliana”.

Il festival apre una piattaforma per lo scambio culturale, ha detto Alfonso Garrigosa, vice-segretario dell’ufficio di assistenza tecnica in Palestina della Commissione europea, organo esecutivo dell’Unione europea.

“La Commissione europea ha sempre incoraggiato il dialogo culturale tra le diverse civiltà e la cooperazione con i partner del Mediterraneo; per questo appoggiamo questo festival, tentando di rianimare la vita culturale palestinese”, ha aggiunto.

La determinazione palestinese nel combattere le difficoltà provocate dal conflitto con Israele si riflettono anche nella sua volontà di migliorare le attività culturali, che non si limitano al cinema e al teatro.

“Tutte le istituzioni culturali organizzano attività popolari e gratuite come forma di terapia, a volte per i bambini”, ha detto Adila Al-Aidi, direttrice del Centro culturale Khalil Sakakini, di Ramallah.

“La partecipazione a queste attività non è diminuita, pur essendosi ridotta l’affluenza di pubblico proveniente da fuori città, a causa dei blocchi delle strade israeliane”, ha proseguito Al-Aidi.

“Gli artisti palestinesi concordano sul fatto che i centri culturali devono continuare a lavorare”, ha segnalato Ibrahim Muzain, direttore dell’Istituto d'Arta Feckra.

“Qui in Palestina, la politica determina la decisione di organizzare un’attività artistica, soprattutto perché viviamo sotto l’occupazione”, ha detto George Ibrahim.

“Usando l’humour contro il dolore e usando l’arte per combattere contro l’occupazione, non siamo da meno di chi sceglie il cammino della lotta armata”, ha concluso.