AMERICA LATINA: Più vecchi e più poveri

SANTIAGO DEL CILE, 23 aprile 2004 (IPS) – Miguel González ha 73 anni e sa che dovrà lavorare finché le forze lo sosterranno nel piccolo emporio alimentare a Santiago del Cile, non avendo nessuna possibilità di accedere a una pensione di anzianità

Don Miguel, come lo chiamano i suoi vicini, appartiene alla grande percentuale di persone della terza età che secondo uno studio della Commissione economica per America Latina e Caraibi (Cepal) non sono assistite dalla protezione sociale nella regione.

“Solo due su cinque persone anziane latinoamericane ricevono entrate provenienti dalla protezione sociale nell’area urbana, e una su cinque nelle zone rurali”, segnala il rapporto elaborato da José Miguel Guzmán, funzionario incaricato dell’area di Popolazione e Sviluppo della Cepal.

“Questo costringe molti adulti anziani a continuare a lavorare, al contrario di ciò che avviene nei paesi sviluppati”, aggiunge il documento dell’agenzia regionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu)) con sede a Santiago del Cile.

“Dovrò lavorare sempre, finché non morirò. Non c'è alternativa”, osserva Miguel González all’IPS, dopo aver dichiarato che per tutta la vita ha sempre lavorato come dipendente in locali commerciali senza contratti formali.

“Non sono mai stato correntista di una AFP (amministrazioni private di fondi pensionistici). Non ci ho mai pensato. È che non si sapevano queste cose”, ha commentato l’uomo.

“In America Latina e Caraibi, metà della popolazione anziana di 60 anni non ha entrate. Essere vecchio è quasi sinonimo di essere povero, visto che la vecchiaia è in un contesto di estrema povertà, persistente disuguaglianza sociale e bassa copertura della protezione sociale”, secondo i dati della Cepal.

La disattenzione nei confronti della terza età è un problema serio, tanto in termini di politiche sociali e di salute quanto economici, in una regione il cui profilo demografico punta all’invecchiamento.

Attualmente, gli adulti anziani contano 41 milioni di persone, meno dell’otto per cento su una popolazione complessiva nella regione di quasi 550 milioni, ma la percentuale triplicherà tra il 2000 e il 2050, quando raggiungeranno il 25 per cento degli abitanti di America Latina e Caraibi.

“Tra 25 anni (i membri della cosiddetta terza età) diventeranno 98 milioni e nel 1050 saliranno a 184 milioni. Allora ci saranno più anziani che bambini nella regione”, ha precisato il rapporto della Cepal.

L’invecchiamento demografico di questa zona del mondo è dovuto all’aumento della speranza di vita, tasso di fecondità più basso e maggiore spostamento dei giovani.

I governi sono coscienti delle sfide che dovranno affrontare in questo senso, ma per il momento regna la mancanza d’iniziativa, visto che meno del due per cento dei paesi latinoamericani e caraibici prevede nei propri programmi di salute obiettivi per la popolazione anziana.

È che nelle nostre società prevale un’immagine negativa, che alla vecchiaia associa “passività, malattia, deterioramento, peso e rottura sociale”. Stereotipo preoccupante, avverte il rapporto della Cepal, visto che può portare “all’esclusione (degli anziani) come gruppo”.

Allo stesso modo, questa esclusione può comportare la “invisibilità della vecchiaia a livello accademico, di politiche pubbliche e di ricerca”.

Negli anni ’90 è aumentata la domanda di posti di lavoro degli anziani di 60 anni, a causa della carenza di pensioni o al loro importo limitato, e per il bisogno di integrare le entrate familiari, ridotte dalla crisi.

La ricerca della Cepal ha stabilito che l’inserimento lavorativo degli anziani si è concretizzato in impieghi informali di bassa qualità e con salari inferiori a ciò che percepiva con la stessa occupazione il gruppo tra i 50 e i 59 anni.

Sonia Blanco, di 63 anni, è andata in pensione tre anni fa dal suo lavoro di bibliotecaria in Cile e riceve una pensione equivalente ad appena 160 dollari. Anche la pensione del marito, un ex docente, è modesta.

“Ciò che percepiamo non basta per fare nulla. Se non fosse per l’aiuto dei nostri figli, chissà dove staremmo vivendo”, ha detto Blanco all’IPS.

Tra il 40 e il 65 per cento degli adulti anziani vive con i figli, secondo le inchieste SABE (salute, benessere e invecchiamento), commissionate dall’Organizzazione panamericana di salute in diverse città latinoamericane e caraibiche.

Le maggiori percentuali di anziani che continuano a vivere con il proprio gruppo familiare sono a Città del Messico, Santiago del Cile e L’Avana, e le minori a Buenos Aires, Montevideo e Bridgetown, capitale delle Barbados.

I sondaggi SABE hanno anche stabilito che la tendenza prevalente negli adulti anziani è vivere in coppia.

Tra il 70 e l’85 per cento degli uomini e tra il 55 e il 60 per cento delle donne si sono dichiarati sposati o uniti. La differenza percentuale è dovuta al maggior numero di donne vedove, visto che queste ultime vivono di più, e che gli uomini tendono a cercare una nuova unione dopo la morte della coniuge o la separazione.

La percentuale di adulti anziani che vivono completamente da soli, non in coppia né con i figli, è relativamente bassa in America Latina, oscillando tra il cinque e il 16 per cento, il che dimostra ancora una volta che non si dispone di entrate sufficienti dopo un’intera vita di lavoro.