Pur occupando una posizione bassa nel FSI, il Brasile ha molto da offrire al sud del mondo

NUOVA DELHI, 10 marzo 2020 (IPS) – Il Brasile è uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali di caffè, zucchero, manzo, soia, cotone ed etanolo, ma a causa della sua impronta ambientale e idrica occupa una posizione bassa nella classifica del FSI in termini di sostenibilità. Il contributo dell’agricoltura brasiliana alla perdita di foresta pluviale è un esempio significativo: l’anno scorso, in Amazzonia, gli incendi hanno distrutto 5.576 chilometri quadrati di foresta, suscitando lo sdegno della comunità internazionale per le politiche ambientali lassiste che hanno reso possibile tutto ciò. Inoltre, le grandi mandrie di bovini allevati dall’industria zootecnica brasiliana sono una fonte di emissioni di gas serra. La sfida del Brasile è di rendere il suo modello di sviluppo agricolo più rispettoso dell’ambiente.

Per quanto riguarda il pilastro dell’agricoltura sostenibile, il Brasile ha un punteggio di 64,2 (su una scala da 0 a 100, dove 100 rappresenta il massimo progresso compiuto per soddisfare i requisiti di un indicatore di prestazione) che lo posiziona al 51° posto su 67 paesi nella terza edizione del Food Sustainability Index (FSI), l’indice sviluppato in Italia dall’Economist Intelligence Unit in collaborazione con il Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN). In America Latina, Argentina, Messico e Colombia hanno punteggi più alti del Brasile. Il FSI si basa sui tre pilastri dell’agricoltura sostenibile, delle sfide nutrizionali e della lotta contro perdite e sprechi alimentari. Essere una potenza agricola, pertanto, non implica affatto maggiore sostenibilità.

Il settore agricolo brasiliano è cresciuto rapidamente (in media, del 4,1 percento annuo tra il 1991 e il 2015) ampliando il confine dei terreni coltivabili e migliorando la produttività. Secondo il rapporto “Prospettive agricole OCSE-FAO 2019-2028”, tra il 2010 e il 2015 la superficie forestale netta è diminuita di quasi un milione di ettari. Il settore è dominato da grandi imprese commerciali orientate all’esportazione. Le economie di scala hanno contribuito ad abbassare i costi di produzione e a conquistare una posizione di primo piano nel commercio globale. In questo modo il Brasile è diventato il terzo paese esportatore mondiale di prodotti agricoli, con esportazioni che nel 2017 hanno raggiunto i 79,3 miliardi di dollari.

Le variazioni di produttività sono necessariamente connesse al ruolo giocato dagli istituti governativi di ricerca agricola, talvolta in collaborazione con il settore privato, come nel caso dell’istituto di ricerca agricola brasiliano EMBRAPA (Empresa Brasileira de Pesquisa Agropecuaria). Per quanto riguarda i sotto-indicatori del FSI sull’agricoltura sostenibile, come il finanziamento pubblico alla ricerca e sviluppo, il Brasile è tra i primi 5 paesi su 67. EMBRAPA ha svolto un ruolo importante nella trasformazione dell’agricoltura nel Midwest brasiliano, ovvero il Cerrado, introducendo razze di bestiame alloctone e tecnologie dall’estero (come la fissazione dell’azoto e pratiche di non lavorazione del terreno) e adattandole al contesto locale per produrre maggiori quantità di cotone, semi di soia, mais e carne bovina.

Essendo una delle più importanti potenze agricole, il Brasile costituisce un modello per il sud del mondo, soprattutto per quei paesi che fanno affidamento sui piccoli coltivatori diretti per sfamarne la crescente popolazione. Sebbene a dominare siano le grandi imprese del settore agroindustriale, grazie a vari provvedimenti istituzionali i 4,4 milioni di aziende agricole a conduzione familiare che occupano meno del 25 percento della superficie agricola utilizzata sono ancora importanti in Brasile. Vasti programmi di agricoltura a conduzione familiare hanno fornito sostegno al credito, all’assicurazione e alla commercializzazione. Le aziende agricole a conduzione familiare hanno anche contribuito parzialmente a programmi di alimentazione scolastica nel paese. Dal 1999 al 2018, inoltre, è stato in funzione un Ministero dello sviluppo rurale istituito appositamente per i titolari di aziende agricole a conduzione familiare.

L’ottimo rendimento delle aziende agricole brasiliane a conduzione familiare è testimoniato dal fatto che assicurano il 70 percento del consumo alimentare interno e producono l’87 percento della manioca, il 70 percento dei fagioli, il 34 percento del riso e il 21 per cento del frumento che si consuma nel paese. Inoltre producono il 60 percento del latte e il 50 percento del pollame (http://www.brazil.gov.br/about-brazil/news/2018/06/brazilian-family-farmers-are-the-worlds-8th-largest-food-producer). Con un fatturato annuo di 55,2 miliardi di dollari, se l’approvvigionamento alimentare del paese dipendesse esclusivamente dalle aziende agricole a conduzione familiare, questo settore classificherebbe il Brasile all’ottavo posto della graduatoria mondiale nella produzione alimentare.

Per questi motivi, molti paesi del sud del mondo sono interessati ad acquisire la competenza del Brasile nel settore agricolo. Lo scorso 26 gennaio, il presidente brasiliano è stato l’ospite d’onore alle celebrazioni della Festa della Repubblica Indiana. Durante la sua visita sono stati siglati vari accordi che, secondo la dichiarazione congiunta India-Brasile rilasciata per l’occasione, prevedevano tra le altre cose la collaborazione per la produzione di etanolo, la condivisione di best practice per la salute delle colture e del bestiame, l’approfondimento della cooperazione nella ricerca agricola tra ICAR (il Consiglio indiano di ricerca agricola) ed EMBRAPA e l’allestimento di catene del freddo e mercati ortofrutticoli generali dotati di strutture all’avanguardia.

L’India è inoltre impaziente di costituire organizzazioni di produttori agricoli dotati della forza collettiva necessaria per ottenere un accesso migliore a fattori di produzione, tecnologia, credito e analisi di mercato di qualità per incrementare le entrate dei piccoli agricoltori in vari stati. A tal proposito, il paese asiatico potrà beneficiare del programma Microbacias 11, che ha ottenuto ottimi risultati nello stato brasiliano di San Paolo: in effetti, un paio d’anni fa una delegazione indiana si è recata a San Paolo per imparare da Microbacias 11 a migliorare la competitività dei piccoli coltivatori diretti nello stato di Jharkhand nell’ambito di un programma di scambio tra paesi del sud del mondo. In conclusione, pur dovendo rispondere alle esigenze dei cambiamenti climatici per rendere più sostenibile la propria agricoltura, in qualità di protagonista della scena internazionale il Brasile ha sicuramente molto da offrire ai paesi del sud del mondo.

N Chandra Mohan è un commentatore di temi economici e aziendali