EDITORIALE: Solidarietà iberica

LISBONA, 22 marzo 2012 (IPS) – I due Stati iberici stanno attraversando uno straordinario periodo di relazioni reciproche, indipendentemente dai leader che li guidano. Dopo la Rivoluzione dei garofani del 1974 e la transizione democratica spagnola dal 1975, le relazioni tra Spagna e Portogallo sono profondamente cambiate, per il meglio. Oggi sono fraterne e affettuose tra i popoli dei due Stati, che hanno capito che dove regna la fiducia il clima è estremamente utile per entrambi.


Al contrario, i due dittatori Francisco Franco e António Salazar¬ non abbandonarono mai la sfiducia che rimase sempre viva tra loro, nonostante gli aiuti permanenti che Salazar offrì a Franco durante la Guerra Civile spagnola.

Per questa ragione, nel 1977 il presidente spagnolo Adolfo Suárez e io, che allora ero primo ministro del Portogallo, abbiamo sostituito il Patto iberico con un Trattato di amicizia e cooperazione, tuttora vigente.

Il Portogallo, paese che per quasi nove secoli di storia ha mantenuto le stesse frontiere, non perdeva un briciolo della sua identità diventando amico sincero della Spagna. Al contrario. Come è noto, l’adesione dei due paesi alla CEE, oggi Unione europea, è avvenuta lo stesso giorno, il 12 giugno 1985. E più tardi, il 16 novembre 2000, abbiamo aderito insieme all’euro, e per ragioni simili.

È più che evidente che una buona intesa politica, nel quadro europeo e anche iberoamericano, è di enorme utilità per entrambi gli Stati. Come anche sullo scenario mediterraneo, con i paesi dell’Africa settentrionale, e in particolar modo con quelli della sua fascia occidentale: Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania.

Curiosamente, negli ultimi 38 anni, sempre in democrazia, i due Stati hanno avuto spesso al governo partiti politicamente e ideologicamente vicini, e anche i loro rispettivi leader hanno avuto spesso lo stesso colore politico.

Il Partido Socialista (PS) portoghese e il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), entrambi socialisti democratici nella prima fase; il Partito Social Democrata (PSD) portoghese e il Partido Popular (PP) entrambi di destra, nella seconda, con alcune fasi alterne.

Negli ultimi anni, di forte crisi, si è tornati al PSOE e al PS con Rodríguez Zapatero e José Sócrates e, di recente, dopo le ultime elezioni, il PSD di Pedro Passos Coelho e il PP de Mariano Rajoy sono alla guida di entrambi i governi.

Si noti che, sia con questa concordanza di segno politico sia senza di essa, le relazioni tra i due Stati, entrambe democrazie radicate, sono sempre state eccellenti. Eppure, non siamo mai stati capaci di mantenere, in questi anni di crisi acuta, una voce politica comune, o quanto meno concorde, per poterci imporre nel panorama europeo con una forza sufficiente ad essere ascoltati.

Negli incontri dei consigli europei, e nei vertici successivi, i dirigenti dei nostri due Stati hanno scelto il silenzio o tutt’al più si sono limitati, senza accordarsi prima, a difendere i loro rispettivi interessi nazionali. Suppongo sia stato un errore, che viste le circostanze attuali dovrebbe essere corretto. Questo momento politico così difficile in Europa sembra suggerirlo.

Spagna e Portogallo, con le loro rispettive storie, entrambe gloriose, hanno un peso politico, culturale ed economico enorme, che non deve essere sottovalutato né dai governi né dai partiti dell’opposizione, perché entrambi devono compiacersi di un autentico senso di responsabilità al servizio dei loro rispettivi Stati. È il momento di comprendere a pieno, da entrambe le parti, l’importanza di agire all’unisono, in un momento di crisi acuta come quello che stiamo vivendo.

Mariano Rajoy, subito dopo essere stato eletto, è andato in Portogallo e ha avuto una lunga conversazione con il suo omologo portoghese, Passos Coelho, che ha peraltro coperto di elogi.

L’attuale governo portoghese vuole essere un buon allievo del cancelliere tedesco Angela Merkel e mantiene ottime relazioni con la “troika” che, con la sua politica di austerità a tutti i costi, sta imponendo tagli assassini che colpiscono una parte considerevole della sua popolazione. Il malessere sociale, il profondo malcontento, la criminalità e l’economia parallela sono le cose che abbiamo visto crescere di più negli ultimi mesi.

Rajoy non ha parlato con toni critici al Vertice europeo di Bruxelles. Ma il giorno dopo ha annunciato, inaspettatamente, che la Spagna avrebbe aumentato il deficit dal 4,4 al 5,8 per cento, per non provocare ulteriori manifestazioni pericolose di malcontento popolare. Bruxelles e il cancelliere Merkel si sono infuriati, sostenendo che questa misura, contraria ai desideri di Bruxelles, avrebbe gettato grande discredito sulla Spagna.

Il leader dell’opposizione spagnolo, Alfredo Pérez Rubalcaba, con lucidità e senso comune, ha detto invece che “la Spagna va nella giusta direzione”. Anche io lo penso.

Le cosiddette politiche di austerità sono di per sé controproducenti, come lo dimostra l’evoluzione degli ultimi mesi sia in Grecia che in Portogallo ma anche in altri paesi, come Italia e Francia. Causano l’aumento della recessione, la crescita della disoccupazione a livelli inaccettabili, lo sviluppo di un’economia parallela e la diffusione di un profondo malessere nel tessuto sociale. In altre parole: isolatamente non risolvono nulla, come lo dimostrano i paesi che le applicano, che vanno di male in peggio.

I leader al governo e i membri dell’opposizione che la pensano così, sia in Spagna che in Portogallo, devono far sentire la loro voce all’unisono contro questo stato di cose. Sarebbe un gran servizio per l’Occidente, prima che l’Unione si veda spinta nell’abisso, come già hanno avvertito Helmut Kohl e Helmut Schmidt. © IPS

(*) Mário Soares, ex presidente ed ex primo ministro del Portogallo.