TUNISIA: I social media rompono il silenzio

TUNISI, 13 ottobre 2011 (IPS) – Dopo 23 anni di silenzio forzato, oggi gli artisti e i professionisti dei media tunisini attraversano un periodo in cui per la prima volta la loro libertà di espressione viene rispettata.

Centinaia di attivisti del web provenienti da tutto il mondo arabo si sono incontrati la scorsa settimana nel luogo in cui ebbe inizio la Primavera araba, in occasione del terzo raduno dei blogger arabi, per discutere del ruolo dei social media e del cyberattivismo nelle rivolte popolari che hanno rovesciato i regimi dittatoriali nel Nord Africa.

Durante l’incontro a Tunisi, si è discusso delle nuove sfide che devono affrontare i governi in questo periodo di transizione democratica. In Tunisia le elezioni dell’assemblea costituente si terranno il 23 ottobre.

Nel corso degli ultimi 20 anni di regime dell’ex presidente Zine el-Abidine Ben Ali, la Tunisia ha mantenuto la fama di essere una delle peggiori realtà al mondo per i professionisti dei media.

Nel 2010, il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) ha incluso la Tunisia tra i dieci luoghi peggiori per i blogger. I popolari siti di social network e di video-sharing come Facebook e Youtube sono stati periodicamente bloccati, blogger e giornalisti del web sono stati costantemente monitorati, perseguitati e arrestati.

“Appena sono cominciati i disordini, ho deciso di diventare politicamente attivo su Facebook; così, alcuni membri dei servizi segreti si sono presentati un giorno a casa mia, mentre ero ad una manifestazione, per interrogarmi. Hanno detto a mia madre che il mio nome era nella lista del ministero degli Interni e che avrei dovuto stare attento,” racconta a IPS Khaled Khafi, 24 anni, studente di cinema.

“Quell’episodio mi ha lasciato terrorizzato ma non ho smesso di partecipare ai raduni, che erano molto pericolosi perché magari i cecchini posizionati sui tetti avevano una tua foto e, se ti identificavano, potevano ucciderti”.

Secondo un nuovo studio del Progetto sulle tecnologie dell’informazione e l’Islam politico (PITPI): “L’apertura dei regimi chiusi: il ruolo dei social media nella Primavera araba”, i social media hanno avuto un ruolo fondamentale nell’influenzare il dibattito politico, creando social network con una ampia adesione e mobilitando organizzando azioni politiche.

In Tunisia, le discussioni su blog, Facebook e sul famoso microblog Twitter sui temi della rivoluzione e della democrazia, spesso anticipavano le proteste.

Dopo le dimissioni di Ben Ali, in Tunisia si pubblicavano circa 2.200 tweet al giorno e il successo della “Rivoluzione del gelsomino” ha aperto un dibattito in Medio Oriente e in Nord Africa sulla possibilità di costringere i leader in carica da molti anni a rinunciare al potere.

“La censura dell’informazione è stata uno dei pilastri del regime di Ben Ali”, ha dichiarato a IPS Asma Ghribi, 24 anni, studentessa universitaria e giornalista. “Una delle chiavi del successo della rivoluzione tunisina è stata la nostra capacità di soffocare quel controllo, fino a portare al collasso del sistema”.

Dallo studio è emerso che gli sforzi del governo di Ben Ali per oscurare Internet hanno dato maggiore slancio all’attivismo pubblico, poiché coloro che seguivano e condividevano attivamente informazioni attraverso i social media alla fine sono scesi in piazza.

“I social media non sono stati il motore principale delle insurrezioni, è stata piuttosto una successione di eventi; ma hanno senz’altro rappresentato uno strumento utile per sensibilizzare i cittadini”, afferma Ghribi. “Hanno offerto una piattaforma per discutere di questioni che non potevano essere affrontate pubblicamente”.

“Adesso per pubblicare o fare riprese il problema non è il denaro ma la libertà, perché la prassi era attuare ogni sorta di leggi per ostacolare la divulgazione di qualsiasi cosa che potesse dare fastidio al sistema”, aggiunge Khafi.

“Dopo la rivoluzione, il ministro degli Interni ha rilasciato 103 licenze d’esercizio a giornali e riviste, tra cui 41 settimanali, 34 mensili e 10 quotidiani. Spero solo che la censura, che ci ha costretti a rimanere in silenzio per tanto tempo, sia stata davvero eliminata e che in futuro saremo abbastanza liberi di diffondere ciò che vogliamo”.

Gli arresti, i licenziamenti, le aggressioni e le ispezioni arbitrarie della polizia hanno costretto più di 100 giornalisti tunisini all’esilio prima del crollo del regime. La libertà di stampa è garantita dalla costituzione, ma il governo precedente utilizzava leggi e provvedimenti per limitare in pratica questi diritti.

Il mese scorso, l’Alta Autorità tunisina per il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione (HARRO) ha approvato il progetto definitivo del nuovo Codice della stampa del paese.

Una volta approvato dal governo di transizione, il nuovo codice garantirà ai giornalisti il diritto all’informazione, la riservatezza delle fonti, la libertà di divulgazione e la possibilità di esprimere la propria opinione senza il timore di rappresaglie.

“Prima, non potevano esistere giornalisti e media indipendenti, ma adesso possiamo filmare, scrivere e parlare di ciò che vogliamo senza che nessuna interferisca nel nostro lavoro”, ha dichiarato a IPS Zied Mhirsi, blogger e conduttore dell’emittente tunisina Radio Express FM.

“Per tanto tempo la Tunisia è rimasta isolata, e non ci siamo dedicati a creare contatti con il resto del mondo; ma la rivoluzione ci ha dato molta visibilità, e adesso sta a noi professionisti dei media cogliere l’occasione per produrre un’informazione senza censura su ciò che accade nel nostro paese”.

“In questo nuovo clima, il nostro unico punto fermo è l’etica professionale, ossia il fatto che i giornalisti devono rimanere imparziali, obiettivi e attenersi ai fatti senza subire influenze dall’esterno”, afferma Ghribi. “I professionisti dei media hanno una grande responsabilità perché controllano l’informazione che poi viene trasmessa ai tunisini”. © IPS