PAKISTAN: Stanchi di reagire alle inondazioni

KARACHI, 10 ottobre 2011 (IPS) – Uomini e donne procedono a stento con i loro figli in braccio, immersi nell’acqua fino alla vita; una fila di carri trainati da asini trasportano i beni delle famiglie che fuggono in cerca di riparo; persone salvate da militari con indosso stivali di gomma; anziani sofferenti trasportati su letti di corda; immagini aeree mostrano intere zone sommerse dall’acqua.

Devastati dalle alluvioni, abbandonati dai donatori Zofeen Ebrahim/IPS.

Devastati dalle alluvioni, abbandonati dai donatori
Zofeen Ebrahim/IPS.

Sembrerebbe che la TV stia ritrasmettendo le stesse immagini dell’alluvione che ha devastato il Pakistan lo scorso anno, ma non è così: le scioccanti immagini di impotenza, fame, malattia e morte immortalate il mese scorso segnano il secondo anno consecutivo di inondazioni che hanno distrutto 17 dei 23 distretti nella Provincia di Sindh, 11 dei quali sono stati completamente sommersi.

Mentre il livello dell’acqua rimane stabile in quasi tutta la provincia, che secondo gli esperti sta fronteggiando un alluvione peggiore di quello dello scorso anno, in base alle stime ufficiali si registra un totale di 8 milioni di persone colpite e 600mila case distrutte.

Dall’inizio dell’alluvione, in agosto, il numero delle vittime è già salito a 400.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dichiara che il 73 per cento dei raccolti della regione e il 67 per cento delle scorte alimentari sono stati distrutti dalle piogge.

“Temiamo una crescente precarietà alimentare in Pakistan a causa degli enormi danni alle coltivazioni di cotone e canna da zucchero; gli ortaggi e il foraggio sono andati perduti e non sarà nemmeno possibile coltivare il grano a novembre”, afferma Bakshal Lashari, direttore dell’Istituto di Ingegneria e Gestione delle Risorse Idriche presso la Mehran University nel distretto Jamshoro, a Sindh. “L’economia rurale di Sindh si basa sull’agricoltura e sull’allevamento, ed entrambi sono stati gravemente danneggiati”, ha dichiarato a IPS.

Secondo l’Autorità Nazionale per la Gestione dei Disastri (NDMA), più di 94mila capi di bestiame sono morti, e “quelli sopravvissuti sono a rischio a causa della mancanza del foraggio e dei vaccini,” afferma Lashari.

Nei prossimi giorni, aggiunge, la perdita consistente dei terreni agricoli e dei capi di bestiame avrà delle ripercussioni non solo su coloro che sono stati colpiti direttamente dalle alluvioni, ma sull’intero paese.

Né la comunità internazionale né i pakistani si sono ancora mobilitati per fornire aiuti economici. Per il momento la reazione è stata debole. L’impegno dell’ONU a raccogliere 357milioni di dollari si è concluso con un ricavato di 19 milioni.

Una possibile spiegazione a una simile indifferenza potrebbe essere la mancanza di informazioni provenienti dalle aree disastrate, che ha fatto credere che la situazione non fosse così grave come lo scorso anno, quando l’alluvione ha sommerso un quinto del paese sud asiatico colpendo 21 milioni di abitanti.

“Le persone non comprendono la gravità della situazione poiché i media non danno spazio alla notizia della tragedia…gli alluvioni non vendono,” dichiara a IPS il giovane imprenditore Faisal Kapadia. Adesso, prosegue, il “fattore fiducia” si è ridotto perché “i media tradizionali, invece di esortare le società filantropiche pubbliche e private, si concentrano sugli episodi di corruzione e (sulla cattiva gestione) delle operazioni di soccorso, (nonostante) questo accada in qualsiasi parte del mondo.

La settimana scorsa il canale televisivo privato DawnNews ha dedicato per due giorni uno spazio di 4 ore alla maratona telethon, ma una degli ospiti, Sophia Jamal, ha dichiarato che la campagna è stata tanto “straziante” quanto inutile: “le persone telefonavano per parlare o per chiedere cosa avesse intenzione di fare il governo. Avrei voluto chiedergli che cosa avessero intenzione di fare loro, invece,” ha dichiarato a IPS.

Al di là della semplice indifferenza nei confronti delle vittime dell’alluvione, gli esperti sostengono che la cattiva gestione dei soccorsi da parte del governo lo scorso anno abbia spinto molti a voltare le spalle nell’attuale emergenza.

In un’intervista rilasciata a IPS, Mubashir Akram, portavoce dell’associazione di volontariato Oxfam-Regno Unito, dichiara che dopo le inondazioni del 2010 gli esperti avevano sviluppato un piano dettagliato di misure di riduzione del rischio di calamità naturali (DRR), che però non è stato messo in atto dal governo.

Tra i nove settori prioritari indicati dalla NDMA, accordi istituzionali e legali per la gestione del rischio di calamità naturali (DRM), valutazione dei pericoli e della vulnerabilità, istituzione di un sistema di allarme per la prevenzione dei rischi, integrazione del DRR, sviluppo di capacità di risposta e di recupero dopo le catastrofi, formazione, istruzione e sensibilizzazione.

“Queste misure avrebbero richiesto un investimento di soli 30 milioni di dollari e adesso avremmo risparmiato miliardi di dollari”.

La NDMA ha reso noto che nelle casse del governo ci sono ancora 56,8 milioni di dollari avanzati dal fondo dell’anno scorso, che il governo non è riuscito a svincolare quando le persone ne avevano più bisogno. Per l’ex presidente della NDMA Nadeem Ahmed, il fondo non sarebbe stato utilizzato a causa di “ostacoli burocratici”.

Naeem Sadiq, un uomo d’affari di Karachi, è tra i tanti cittadini che hanno assistito per la prima volta e con i propri occhi “alla distruzione e all’impotenza di milioni di persone di fronte alla vastità delle inondazioni”. Insieme ad alcuni noti filantropi, aveva formato un gruppo che ha gestito gli aiuti alle vittime e le opere di risanamento fino alle inondazioni di quest’anno.

Anche lui ha notato il consistente calo di interesse o la “negazione della tragedia”. “Sta aumentando il grado di desensibilizzazione e di stanchezza, è naturale,” dichiara Sadiq a IPS.

“La stanchezza dei donatori è il problema maggiore,” concorda Kapadia. “La gente è stanca dell’ennesimo disastro che colpisce il paese. La crisi economica costringe le persone a dare di meno rispetto allo scorso anno, la verità è che ci sono meno soldi”.

Ma non tutti risentono del calo di solidarietà. L’uomo d’affari Salim Tabani, insieme ad alcuni amici che condividono le stesse idee, si sta impegnando per fornire un aiuto immediato. Nel 2010 hanno distribuito razioni di cibo a 150mila persone nell’arco di 3 mesi. “Inoltre abbiamo ultimato la costruzione di mille case in legno e 30 in calcestruzzo per coloro che sono rimasti senza tetto lo scorso anno”, afferma.

Quest’anno il gruppo ha raccolto una somma pari al 20 per cento del ricavato del 2010, proveniente in gran parte dagli stessi donatori. “Quest’anno – sostiene – l’interesse è stato minore. Credo che ormai le persone si siano abituate alle catastrofi naturali”. © IPS