EDITORIALE: Quando i farmaci diventano veleno. I medicinali nell’acqua potabile

BERLINO, 30 settembre 2011 (IPS) – Le città che riciclano le acque di scarico provocano involontariamente un incremento del consumo di medicinali, e l’aumento progressivo della scarsità di acqua potabile spinge ad un maggiore riciclo di risorse idriche. Anche se il recupero delle acque reflue segue una logica ben definita, sono moltissimi i farmaci che finiscono nei sistemi di acqua potabile. Tuttora non si conoscono esattamente gli effetti di questo processo sulla salute dell’uomo, ma alcuni studi condotti sugli animali dimostrano che ci stiamo dirigendo verso una crisi.


I medicinali che agiscono sul metabolismo, gli antibiotici e gli ormoni sintetici utilizzati come contraccettivi finiscono nelle acque superficiali e nell’acqua potabile. A peggiorare le cose, la presenza di farmaci nelle acque di scarico è talmente elevata che ogni anno migliaia di tonnellate finiscono in mare, assorbiti dai pesci e dai frutti di mare che vengono poi consumati.

La produzione di antibiotici è in aumento, considerato che più del 50 per cento del consumo globale non è finalizzato a cure mediche, ma ad ingrassare il bestiame negli allevamenti.

I medicinali hanno effetti nocivi sulla riproduzione e sono causa di mutazioni genetiche, così come di malformazioni nella flora e nella fauna acquatica. Per esempio, i residui del farmaco Prozac alterano il ciclo riproduttivo dei mitili, portando i maschi a deporre le uova, mentre i farmaci per l’ipertensione incidono negativamente su scampi e granchi. A sua volta, l’infiltrazione di antibiotici e antibatterici accresce la resistenza dei batteri.

Anche i farmaci antitumorali utilizzati nella chemioterapia provocano mutazioni genetiche e malformazioni. Alcuni test hanno confermato alterazioni endocrine nella vita selvatica nei casi di esposizione agli ormoni sintetici, anche se in minime dosi. Gli analgesici come l’ibuprofene o la nicotina non vengono eliminati nel processo di depurazione dell’acqua. Perciò, se fino a ieri ci siamo illusi di poter controllare l’inalazione passiva del fumo di tabacco con il divieto di fumare nei luoghi pubblici, adesso sembra che sia possibile fumare attraverso l’acqua potabile!

Ad Anversa, Belgio, si registra la presenza più elevata di cocaina nell’acqua potabile che in ogni altra città al mondo. Verremo accusati di aver assunto droghe pesanti solo per aver bevuto un po’ d’acqua?

I tradizionali impianti per il trattamento dell’acqua potabile non sono in grado di eliminare i residui di farmaci. Alcuni studi dimostrano che il processo di coagulazione, sedimentazione e filtrazione dell’acqua elimina appena il 10-12 per cento dei principi attivi.

Questi residui si accumulano nell’acqua di scarico risultante dal trattamento, che spesso viene riciclata e utilizzata per le coltivazioni, finendo per danneggiare ulteriormente la nostra catena alimentare. Sebbene la filtrazione con carbone attivo e la depurazione tramite ozono riescano ad eliminare circa il 75 per cento di questi residui, restiamo esposti agli effetti nocivi del restante 25 per cento.

Mentre l’acqua continua a essere riciclata e ri-riciclata in quelli che possiamo definire circuiti chiusi e aumenta il consumo dei medicinali, la società e l’ecosistema saranno sempre più esposti ai pericoli causati da un ricco cocktail di farmaci. E non dovremmo sorprenderci se intere fasce di popolazione cominciassero a mostrare cambiamenti improvvisi nell’umore e nel comportamento sessuale.

Alcune ricerche condotte a Philadelphia hanno rilevato la presenza di 56 farmaci nell’acqua già depurata. Circa 20 milioni di residenti nella California del Sud rischiano di assumere senza volerlo ansiolitici e antiepilettici. L’acqua potabile di San Francisco contiene un ormone sessuale sintetico difficile da scomporre.

Purtroppo l’acqua imbottigliata è acqua potabile filtrata, venduta in contenitori di plastica usa e getta (noti nemici dell’ambiente). E la maggior parte delle aziende non esegue nessun tipo di analisi per rilevare eventuali residui di medicinali nell’acqua che poi finisce sul mercato. Persino i sistemi di filtrazione ad uso domestico riducono ma non eliminano le tracce di medicinali.

L’unica sicurezza sarebbe possedere un pozzo in un bacino idrico che possa essere controllato, un lusso che ben pochi possono permettersi.

Occorre rinnovare il sistema sanitario e studiare farmaci più efficaci. Di fronte a queste preoccupazioni legittime, la medicina tradizionale e naturale diventa più importante che mai. L’iniziativa della Costituzione del Buthan di garantire il ricorso alla medicina tradizionale per tutti i cittadini appare come una scelta visionaria. Dal momento che diffondiamo nell’ambiente medicinali in modo indiscriminato, è urgente imporre nuove norme alle case farmaceutiche sulla data di scadenza dei prodotti.

La tipica risposta di chi ha interessi economici in gioco è che non esistono test scientifici sugli effetti nocivi della presenza di medicinali nell’acqua potabile. Il problema è che quando avremo le prove e non ci sarà più ombra di dubbio, sarà troppo tardi.

Per questo sono necessarie tre iniziative parallele. Primo, i farmaci devono essere dotati di un sistema di sicurezza che garantisca la disintegrazione delle complesse formule all’esterno della confezione.

Secondo, gli impianti di potabilizzazione dell’acqua e gli stabilimenti di imbottigliamento devono essere attrezzati per rilevare la presenza di farmaci. Anche se al momento non è possibile obbligare tutte le città ad installare un impianto ad osmosi inversa che elimini il 95 per cento dei medicinali lasciandone solo un 5 per cento, poiché una simile soluzione estrema aumenterebbe notevolmente il costo dell’acqua, bisogna cominciare a muoversi. Si potrebbe ad esempio modificare la progettazione dei farmaci, senza che il costo ricada sui contribuenti.

Terzo, dovremmo concentrarci sulle cause che inducono al consumo eccessivo di farmaci. È giunto il momento di aspirare ad una vita più sana e meno stressante. Mentre le prime due iniziative devono essere intraprese dai governi, la terza è una decisione che spetta a tutti, prima che sia troppo tardi. © IPS