TUNISIA: La primavera araba sfiorisce

TUNISI, 23 agosto 2011 (IPS) – Sette mesi dopo le storiche rivolte popolari a Tunisi che hanno portato alla caduta del regime di Zine El Abidine Ben Ali dando il via alla cosiddetta Primavera araba, molti tunisini hanno perso ogni speranza in uno sviluppo positivo della loro rivoluzione.

Un manifesto a Tunisi dice che la rivoluzione continua Simba Russeau/IPS.

Un manifesto a Tunisi dice che la rivoluzione continua
Simba Russeau/IPS.

L’anno scorso, questo paese dell’Africa settentrionale registrava uno dei più alti tassi di disoccupazione al mondo: il 14 percento. Quasi la metà dei 10 milioni di tunisini hanno meno di 25 anni, e gli studenti universitari sono stati i più colpiti dalla crisi, rappresentando quasi il 25 percento dei disoccupati.

Molti giovani speravano che la “rivoluzione del gelsomino”, che il 14 gennaio ha spodestato Ben Ali costringendolo alla fuga in Arabia Saudita, avrebbe presto portato alla nascita di nuovi posti di lavoro.

“Credo che adesso ciò che serve è una rivoluzione del modo di pensare, perché l’unico modo per fare progressi è che le persone cambino al loro interno”, ha detto Myriam Ben Ghazi, di 21 anni.

“Anche dopo la rivoluzione, la popolazione continua ad avere la stessa mentalità che in passato, e crede che non sia cambiato nulla. Ma abbiamo conquistato la nostra libertà, stiamo combattendo la corruzione, e prima o poi la nostra economia crescerà”, ha aggiunto.

Dopo le sollevazioni popolari a Tunisi, il settore turistico, che dava lavoro a 500mila persone generando quasi 3 miliardi di dollari l’anno, è crollato del 50 percento.

Quest’anno la Banca centrale ha comunicato perdite di 2 miliardi di dollari nelle entrate del turismo e del commercio, in particolare a causa della vicina guerra civile in Libia. Dei quasi sette milioni di turisti che visitavano ogni anno questo paese, circa due milioni erano libici.

Ma alcuni tunisini pensando che il fallimento del governo ad interim del primo ministro Beji Caid Essebsi nel realizzare le riforme promesse non dipenda dal mercato e dalla crisi del settore turistico.

“Molte persone parlano della crisi del turismo in Tunisia, e di come abbia causato gravi danni alla nostra economia, ma questa è solo politica”, ha detto a IPS il medico Abdalá Naybet, di 30 anni. “Il vero problema è la corruzione del vecchio regime e il suo fallimento nel creare posti di lavoro e crescita economica”, ha proseguito.

“Il governo di Ben Ali ha fatto apparire la Tunisia come un paese che non era in grado di sopravvivere senza il turismo, e si è impegnato a farci diventare un paese con una sola risorsa, ignorando agricoltura e commercio”, ha detto Rabii Kalboussi, 23 anni.

“Credo che la Tunisia abbia un grande potenziale, se il governo di transizione concentrerà la propria attenzione su progetti di sviluppo in settori come l’agricoltura, visto che il paese ha molte risorse cui poter ricorrere, e che almeno potrebbero soddisfare i suoi bisogni interni senza dipendere da beni importati”, ha aggiunto.

Secondo una nuova inchiesta del Forum di scienze sociali applicate, l’ottimismo fra i tunisini è sceso dal 32 percento di aprile al 24 percento in agosto. La località centrale di Sidi Bouzid, considerata la culla della rivolta, ha registrato i più alti livelli di sfiducia, del 62,1 percento.

La mancanza di riforme politiche e di sviluppo sociale, e la convinzione che i superstiti del partito di Ben Ali, il Raggruppamento Costituzionale Democratico (RCD), stiano preparando una controrivoluzione, ha suscitato negli ultimi mesi una serie di scioperi e proteste nella capitale e in altre località vicine.

Per molti tunisini, il fatto che in Egitto sia stato avviato un processo, trasmesso in diretta TV, contro l’ex presidente Hosni Mubarak e i suoi figli, Alaa e Gamal, mentre in Tunisia Ben Ali e la moglie Leila Trabelsi siano stati condannati in contumacia, dimostra che la corruzione al potere persiste.

Sono sorti dubbi sull’indipendenza del sistema giudiziario tunisino dopo la recente fuga di Saida Agrebi, consigliera del presidente, e la liberazione degli ex ministri Bechir Tekkari, della giustizia e Abderrahim Zouari, dei trasporti.

“Il processo a Ben Ali è una rappresentazione teatrale. In sostanza è una droga che danno al pubblico nel tentativo di calmare gli animi. Io non definirei nemmeno rivoluzione ciò che è avvenuto in Tunisia. È stata solo una serie di proteste di piazza che alla fine hanno costretto alla fuga Ben Ali e la sua famiglia”, ha aggiunto Kalboussi.

“Ci vorrà del tempo prima che la popolazione possa avere davvero fiducia nel sistema giudiziario, visto che è lo stesso sistema contro cui lottiamo quello che ci sta giudicando”, ha commentato.

A meno di due mesi dalle prime elezioni libere del paese, la sfiducia si è tradotta anche nella mancanza di interesse nell’esercizio dei diritti civili: si sono registrati al voto solo quattro milioni di persone su 7,4 milioni di elettori attivi.

Alle elezioni del 23 ottobre, verranno eletti i membri di una Assemblea costituente che riformerà la costituzione, emendata solo nove anni fa, dopo il referendum costituzionale del 2002.

“La maggioranza dei giovani tunisini non è interessata alla politica, e teme che gli attori politici attuali siano ancora legati al vecchio regime; per questo scelgono di non andare a votare”, sostiene Ben Ghazi.

“Dovremmo puntare la nostra attenzione sulle elezioni, perché votare è una delle forme con cui i giovani possono esprimere il proprio malcontento nei confronti dei leader politici, e avanzare verso la democrazia”, ha detto.

“La verità è che questa generazione continuerà a lottare per preservare la rivoluzione”, ha aggiunto Naybet. “Ma sarà la prossima generazione che raccoglierà i frutti”. © IPS