MEDIORIENTE: AP, troppo tardi per avere due Stati

RAMALLAH, 26 gennaio 2011 (IPS) – La credibilità dell’Autorità palestinese (AP) sulle piazze arabe è stata ulteriormente indebolita dalle rivelazioni contenute nei “Palestine Papers”, ma per altri versi la diffusione dei documenti esplosivi da parte di Al Jazeera sembrerebbe anche rafforzare la causa palestinese sulla scena mondiale.

I Palestine Papers rivelano i compromessi che l’AP era disposta a fare su questioni chiave, come gli insediamenti ebraici illegali, lo status di Haram al-Sharif (il Monte del Tempio), i profughi e il diritto di rimpatrio, oltre alla cooperazione con Israele sulla sicurezza.

Alla pubblicazione dei documenti è seguita la diffusione su Wikileaks di nuovi dati, dai quali emerge una estesa collaborazione dell’AP con gli israeliani.

Ma se da una parte la diffusione dei papers, che evidenziano la forte spinta dei palestinesi al compromesso nei negoziati, potrebbe raccogliere consensi a livello internazionale intorno alla creazione di uno stato palestinese sulla carta, nella realtà dell’eterno conflitto israelo-palestinese e del continuo avanzare di nuovi insediamenti, la soluzione dei due Stati appare sempre più improbabile.

L’unica opzione possibile, secondo molti analisti, è la creazione di un unico stato egualitario, non razzista, nel quale israeliani e palestinesi possano convivere.

“Per quanto i detrattori dell’AP possano esultare di fronte al grosso danno e all’imbarazzo causato all’Autorità dalla diffusione dei documenti, bisogna anche considerare il risultato del maggiore consenso internazionale”, ha commentato Samir Awad dell’Università di Birzeit vicino Ramallah.

“Mentre la solidarietà internazionale per la causa palestinese continua ad aumentare, sullo sfondo di un governo israeliano fino ad oggi fondamentalmente di destra e, secondo alcuni, piuttosto razzista, l’intransigenza di Israele nei negoziati, e il suo continuo sottolineare l’assenza di un partner di pace tra i palestinesi, si sono ampiamente rivelate solo spudorate menzogne”.

L’analista israeliano Aluff Benn, nel suo commento sul quotidiano israeliano Haaretz, ha concordato: “Dai documenti emerge un’immagine opposta rispetto a quella diffusa dagli israeliani dell’assenza di un partner; i palestinesi hanno condotto negoziati seri sui confini del futuro Stato, producendo una mappa dettagliata degli scambi territoriali in Cisgiordania e nelle partizioni adiacenti di Gerusalemme Est”.

“È assai possibile che i documenti trapelati possano avere un effetto boomerang che aumenterà il sostegno al Presidente palestinese Mahmoud Abbas, dipinto come una figura perseguitata ingiustamente”, secondo il commentatore israeliano Avi Issacharoff.

“Nonostante i timori iniziali, è improbabile che la diffusione dei documenti palestinesi da parte di Al-Jazeera e The Guardian scateni un terremoto politico nell’Autorità palestinese – o anche una lotta di potere all’interno di Fatah”, ha aggiunto Issacharoff.

Questi ed altri timori sono stati espressi dai funzionari dell’AP che hanno risposto con rabbia sui media, stroncando Al Jazeera con lunghi monologhi e accusando la TV del Qatar di aver diffuso i documenti con un tempismo calcolato.

Un gruppo di giovani – si pensa attivisti di Fatah e appartenenti alle forze di sicurezza dell’AP – hanno fatto irruzione nella sede di Al Jazeera a Ramallah provocando diversi danni, prima che la polizia palestinese intervenisse. Una tattica già utilizzata dai sostenitori di Fatah per far credere di essere comuni cittadini indignati per le critiche contro l’AP.

Ma sebbene i diversi esperti concordino che l’Autorità, seppure indebolita, sopravviverà alle ultime rivelazioni, la deliberata strategia di Israele con la costruzione degli insediamenti nella Cisgiordania occupata minaccia seriamente la fattibilità di un futuro Stato palestinese.

“Qualche anno fa si era aperto uno spiraglio sulla possibilità concreta di attuare la soluzione dei due Stati. Ma Israele non ha smesso di costruire insediamenti dentro e intorno a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, rendendo impossibile uno Stato palestinese contiguo”, dice Awad.

La realtà dei fatti è cambiata drasticamente quando i negoziatori palestinesi hanno presentato “l’offerta più generosa” rispetto ai confini del loro futuro Stato.

Attualmente la Cisgiordania è divisa in tre cantoni e rappresenta un “bantustan” con frammenti di aree palestinesi circondate da insediamenti israeliani illegali, mentre alcune parti di Gerusalemme Est sono isolate dal resto della città dagli insediamenti.

Le mappe presentate dai palestinesi ai negoziati, ispirate al piano di pace di Clinton e all’Iniziativa di Ginevra, non sono più una realtà geografica.

La mappa dell’accordo di Ginevra lasciava ad esempio in territorio israeliano l’esteso insediamento illegale di Har Joma di Gerusalemme Est, mentre le mappe palestinesi lo collocavano sul lato palestinese del confine. Con la continua costruzione degli insediamenti, Har Homa è cresciuto e gli israeliani vorrebbero includerlo in futuro dentro i confini dello Stato ebraico.

Anche un altro insediamento che confina con Gerusalemme, il blocco di Etzion, è cresciuto in modo massiccio arrivando a penetrare ulteriormente in territorio palestinese. Questo, secondo gli analisti, è sempre stato il piano israeliano: continuare a costruire e ad espandersi per mettere tutti davanti al fatto compiuto e rendere sempre meno fattibile la realizzazione dello Stato palestinese, mentre i colloqui di pace si trascinavano.

L’ultimo banco di prova sarà a settembre di quest’anno, il mese fissato dall’AP per dichiarare unilateralmente lo Stato palestinese.

“Questa dichiarazione sarà più mirata a raccogliere il sostegno internazionale intorno alla causa palestinese anche se non sarà una realtà sul campo. L’unica via alla fine sarà quella di un unico Stato, con ebrei e arabi sullo stesso piano. Ma sarà preceduta da una lunga e sanguinosa battaglia simile a quella del Sud Africa”, ha commentato Awad.

Secondo John Mearsheimer, co-autore con Stephen Walt di un libro molto acclamato, “La lobby israeliana e la politica estera degli Usa”, la soluzione dei due Stati non è più praticabile.

La prossima fase sarà la battaglia per i diritti palestinesi dentro la “Grande Israele”, dice. Un elemento chiave della lotta sarà nell’ambito della diaspora ebraica, tra coloro che definisce i “retti ebrei” ossia quelli favorevoli ai diritti umani universali, e i “nuovi afrikaneer”, coloro che difenderanno la “Grande Israele” per quanto possa minacciare i cittadini palestinesi. @ IPS