Depressione e povertà, un mix mortale

LAHORE, Pakistan, 21 luglio 2010 (IPS) – Lei è’sopravvissuta all’incubo ma suo marito e tre dei suoi sei bambini non ce l’hanno fatta. A parlare è Muzammil Akbar, suo marito Akbar Ali ha somministrato del veleno ai figli più grandi prima di cedere una manciata di compresse anche alla moglie.

Akbar ha 32 anni. Ricorda le parole del marito:“Perché morire un poco al giorno? Meglio morire tutto in una volta e smetterla con questa vita da cani”.

Dopo essersi ripresa dallo shock ha raccontato di aver ingerito le compresse che suo marito le aveva dato. Uscita dall’ospedale dove ha trascorso più di 2 settimane nel mese di giugno, Akbar si è vista sbattere fuori dalla sua casa e negare la custodia dei suoi tre figli rimasti. “Non ci fidiamo di lei, non possiamo affidarle i bambini”, protesta il suocero.

La tragedia familiare è avvenuta il 15 giugno a Lahore, comunità povera al nord del Pakistan, ed è rimasta sulle prime pagine per un po’. Ma adesso che la frenesia morbosa dei media si è placata, preoccupa è che sparisca l’interesse a porre fine alle morti dei poveri disperati in Pakistan.

Murad A Moosa, Capo del Dipartimento Psichiatrico dell’Università di Karachi Aga Khan, vede un forte legame tra povertà e salute mentale dei poveri. “Non tutti i poveri si uccidono, compie questi gesti solo chi è clinicamente depresso” afferma Moosa.

La povertà e la depressione sono un mix fatale. La miseria rende le persone soggette a depressione e limita i mezzi per cercare aiuto quando si sentono alle strette e hanno poco per vivere. Il 36 percento dei 170 milioni di pakistani, vivono sotto il livello di povertà.

Non vi è nessuno studio sul “suicidio” su scala nazionale, denuncia la ricerca di Moosa. A Karachi il 90 per cento di coloro che si uccidono sono risultati affetti da “disturbo psichiatrico diagnosticabile” e avrebbero potuto rispondere bene ad un trattamento tempestivo.

Gli esperti sostengono che molti sono i casi di suicidio non denunciati per vergogna.

Il ministro federale dei diritti umani, Mumtaz Alam Gilani, ha detto all’Assemblea Generale che più di 180 suicidi sono stati registrati in diverse parti del paese solo lo scorso anno. L’autorità indipendente per i diritti umani della Commissione del Pakistan ha parlato di 1.393 casi di suicidio e 439 tentativi solo tra gennaio e ottobre 2009.

Il Daily Times ha citato il “Charitable Trust Edhi Foundation” che segnala, solo nelle prime tre settimane di giugno, 11 suicidi a Lahore. Secondo il rapporto la motivazione “gravi problemi finanziari” è quella invocata nella maggior parte dei casi.

Ma secondo la giornalista e attivista per i diritti Najmä Sadeque il tragico fenomeno non è una novità. “Gli effetti della privazione e della fame non si presentano immediatamente, la gente ha vergogna e cerca quindi di nascondere la propria miseria come meglio può e il più a lungo possibile. E’ sofferenza accumulata per almeno un decennio”.

Asad Sayeed, economista di Karachi, punta il dito contro la globalizzazione causa delle disuguaglianze crescenti tra la gente del Pakistan.

E’già abbastanza brutto che i poveri restino “stabili nella condizione di povertà”, ma è ancora più deplorevole che altri vengano spinti nella miseria, commenta Sayyed. La globalizzazione ha aumentato la vulnerabilità della classe considerata non povera e di quella a basso reddito.

“Molti suicidi avvengono tra persone spinte in una situazione di povertà” dice Sayyed. “Circostanze e modelli di consumo per i poveri non cambiano molto tranne per coloro che cadono in povertà, il cambiamento è psicologicamente più dannoso”.

Finora, i casi come quelli di Ali Akbar, spinto a uccidere se stesso e la sua famiglia, restano rari. Moosa spiega cosa possa essere accaduto dentro la testa di Ali: “Queste persone sentono che le loro famiglie soffrirebbero della loro mancanza, quindi preferiscono ucciderli, per il loro bene”.

Quando è morto, Ali guadagnava 200 rupi al giorno (circa 2,3 dollari) non sufficienti a soddisfare le esigenze della sua famiglia, nonostante condividessero l’appartamento con parenti.

Muzammar Akbar racconta che il suocero rimproverava il marito ogni giorno, perché aveva venduto gioielli per essere in grado di soddisfare le esigenze della famiglia, e di una figlia con disabilità fisica e mentale. Un vicino dice che i problemi economici spesso portano le famiglie della porta accanto a litigi. Paradossalmente, quello che Ali non è riuscito a guadagnare nel corso della sua vita è finalmente pervenuto alla famiglia grazie alla sua morte. Secondo il ministro del Punjab, Mian Shahbaz Sharif, la vedova riceverà un milione di rupie (11.904 dollari).

“Dare dei soldi non è la risposta” critica Moosa.. “Il pericolo è che una tale scelta possa incoraggiare altre persone compiere questo gesto per il bene delle proprie famiglie. Sarebbe meglio investire nella realizzazione di programmi di salute mentale a basso costo”.