AMBIENTE: I prati americani diventano ecosostenibili

BOSTON, 16 giugno 2010 (IPS) – Un nuovo movimento radicale e alternativo comincia a farsi strada nei quartieri residenziali degli Stati Uniti.

I proprietari di immobili, aziende e scuole cominciano ad avvicinarsi all'idea di creare spazi dove la natura possa crescere rigogliosa Adrianne Appel / IPS

I proprietari di immobili, aziende e scuole cominciano ad avvicinarsi all’idea di creare spazi dove la natura possa crescere rigogliosa
Adrianne Appel / IPS

Da una costa all'altra degli States, i proprietari di immobili sensibili alle tematiche ecologiste, cominciano ad estirpare i loro tradizionali giardini di casa, tanto accuditi e curati con fertilizzanti chimici, per sostituirli con orti biologici, fiori locali o anche solo pietre.

“È una pratica sempre più diffusa. Cresce di anno in anno”, ha affermato Steven Saffier, coordinatore del programma Audubon Society's At Home, che invita a lasciar crescere i giardini che circondano le case americane in maniera spontanea per favorire la presenza di uccelli e di altri animali selvatici.

I “front garden” tanto diffusi negli Usa, grandi almeno un terzo di acro, diventano sempre più ecosostenibili, man mano che aumenta la consapevolezza del loro impatto sull'ambiente.

Diverse associazioni, come i circoli per i giardini urbani, gruppi ambientalisti e per la tutela della fauna selvatica, stanno diffondendo l'idea che un prato troppo grande e lussureggiante danneggi la biodiversità e rappresenti un disastro ambientale.

“I giardini domestici influiscono sul cambiamento climatico”, ha detto Saffier all'IPS. “I combustibili fossili utilizzati nella produzione di fertilizzanti e pesticidi aggiungono CO2 nell'atmosfera”.

Il giardino più diffuso negli Stati Uniti è costituito per lo più da erba di prato non autoctona, che richiede grandi quantità di acqua, pesticidi e fertilizzanti. Molti proprietari vorrebbero il prato perfetto, ossia un tappeto d'erba verde scuro accuratamente falciato e senza erbacce, un modello promosso dai produttori di fertilizzanti chimici.

Ma tra i proprietari di case, aziende e scuole comincia a prendere piede l’idea di creare uno spazio naturale dove lasciar crescere la natura in modo spontaneo.

La scorsa settimana, Saffier ha partecipato alla semina di una spezia locale in una scuola della Pennsylvania. Gli studenti avevano appena finito di ricoprire di terra le radici della pianta quando una farfalla a coda di rondine è atterrata su una foglia e ha deposto le uova.

“Questo è il genere di cose che vorremo diffondere, su larga scala”, ha detto Saffier.

Ciò che avviene per ogni singolo prato ha un effetto moltiplicatore, poiché aumenta la superficie complessiva negli Usa destinata a prato a scapito di ogni altra coltura, secondo un'analisi della National Aeronautics and Space Administration (NASA).

Il Lawn Institute, che rappresenta la ricca industria del tappeto erboso, fatturando circa 35 miliardi di dollari all'anno, stima che negli Stati Uniti si coltivino ogni anno 10 milioni di ettari di prato. Questi terreni prima ospitavano alberi autoctoni, erba ed arbusti e interi ecosistemi, mentre ora non più.

“I cicli nutritivo, idrologico e dell'azoto, che avvengono naturalmente negli ecosistemi ricchi di biodiversità, nei prati sono completamente assenti”, ha detto Saffier.

Queste vaste arre destinate a prato hanno influito pesantemente sulla scomparsa degli uccelli negli Stati Uniti”, ha osservato l’esperto, aggiungendo che “il prato è un habitat che non ha niente da offrire ai volatili”.

Il 96 per cento degli uccelli si nutre principalmente di bruchi e particolari insetti, che mangiano solo due o tre tipi di piante autoctone.

“Gli uccelli non trovano insetti sui prati”, dice Saffier. Meno bruchi vuol dire che gli uccelli non hanno cibo a sufficienza per sfamare i loro piccoli.

Delle 800 principali specie di uccelli presenti negli Stati Uniti, 200 sono quasi a rischio di estinzione, spiega Audubon. Il numero di allodole e di altre specie animali da prato si è ridotto del 60 per cento nella zona centro-occidentale degli Stati Uniti, mentre il numero degli esemplari che vivono nelle foreste interne, come la piranga olivacea, si sta velocemente riducendo.

Le specie di uccelli selvatici, come il mimo rossiccio e il pipilo fianchirossi, sono diminuite del 75 per cento dal 1966, secondo uno studio sulla riproduzione degli uccelli condotto dall'Istituto Usa Geological Survey and Environment Canada.

Quando i terreni erbosi vengono spruzzati con pesticidi e diserbanti, la popolazione dei volatili è doppiamente danneggiata.

“È sufficiente una quantità minima di sostanze chimiche sugli insetti o sulle piante per danneggiare gli uccelli, che hanno un sistema nervoso molto sensibile”, ha spiegato Saffier.

Dei 30 pesticidi più comuni usati per i prati, più della metà sono tossici per uccelli e pesci, provocando il cancro e difetti alla nascita negli esseri umani, secondo il gruppo ambientalista Beyond Pesticides.

Di questi, undici sono “distruttori endocrini”, cioè sostanze chimiche che agiscono su diversi ormoni, tra cui quelli riproduttivi, di esseri umani e animali.

I pesticidi vengono usati maggiormente su prati e giardini che sui terreni agricoli, e il diserbante erbicida è tra i più utilizzati (40 milioni di chili all’anno). Circa 78 milioni di famiglie statunitensi spruzzano ogni anno pesticidi nei loro giardini, secondo l'associazione ambientalista.

L'erba del prato tende a far scivolare l'acqua piovana, così, durante un acquazzone, i prodotti chimici si mescolano alle acque superficiali e finiscono nelle falde acquifere, aumentando il pericolo di contaminazione sia per gli animali che per gli esseri umani”, ha detto all'IPS il capo progetto di Beyond Pesticides.

“I bambini sono i più vulnerabili”, sottolinea.

I prati domestici erano in origine un simbolo evidente del benessere degli europei, il segno che una famiglia era abbastanza ricca da poter destinare la terra a crescere un prato anziché cibo.

E sono uno status symbol ancora oggi, dice Julian Agyeman, preside della facoltà di Urbanistica e Pianificazione ambientale presso la Tufts University.

“Il paradosso è che oggi si vuole avere un ‘prato inglese’ ad ogni costo, anche se non ce lo si può permettere”, sostiene Agyeman.

Milioni di americani non possono permettersi case e giardini, alle volte nemmeno il cibo, e vengono assunti, spesso con bassi salari, per falciare i prati e spruzzare prodotti chimici sui prati delle famiglie ricche.

“Al danno si aggiunge la beffa, perché i poveri non possono permettersi un prato e poi finiscono per prendersi cura di quello degli altri”, dice Agyeman.

“Food Not Lawns”, una associazione con diverse sedi negli Stati Uniti, lavora con persone disposte ad abbandonare completamente il prato come status symbol.

“Noi lo chiamiamo sradicamento dei prati” dice all'IPS Steve Mann, co-fondatore di Food Not Lawn Kansas City, Missouri.

Invece di distese erbose, le persone vengono incoraggiate a coltivare alberi da frutta, noci americane, noci, mandorle e ortaggi. Dal 2007, ben 250 persone hanno chiesto consiglio all'associazione.

Il gruppo sta cercando nuove aree, in modo che chi vive in città possa vendere i prodotti in eccedenza del proprio giardino e prendere in affitto altri terreni per migliorarli. Ma si sono scontrati di fronte al sorprendente rifiuto degli agenti immobiliari.

“Pensate, si potrebbero raccogliere lattuga e pomodori freschi direttamente sotto casa. Cosa c'è di male?” dice Mann.

La possibilità di usare i giardini di Kansas City sarebbe infinita, data l’ampia distesa di prati. “Qui la gente qui ne possiede a ettari”, dichiara Mann.

Penny Lewis, direttore esecutivo dell'Associazione Ecological Landscaping, un gruppo di professionisti e proprietari di immobili, ha detto all'IPS che questo sistema deve cambiare.

“Invece del prato da cartolina, ora lo status symbol diventa il prato ecosostenibile”, dice. ©IPS

* Questa storia fa parte di una serie di articoli sulla biodiversità prodotti da Inter Press Service (IPS), CGIAR/Biodiversity International, Federazione Internazionale dei Giornalisti Ambientali (IFEJ), e United Nations Environment Programme / Convenzione sulla diversità biologica (UNEP / CBD) – tutti membri della Alliance of Communicators for Sustainable Development (www.complusalliance.org).