CAMBIAMENTI CLIMATICI: Un referendum mondiale e Tribunali di giustizia

COCHABAMBA, 23 aprile 2010 (IPS) – Un referendum mondiale sul cambiamento climatico verrà convocato ad aprile 2011, perché i popoli del pianeta possano dire la loro su questo problema globale.

Franz Chávez/IPS Franz Chávez/IPS

Franz Chávez/IPS
Franz Chávez/IPS

È prevista la collaborazione di alcuni governi, ma non sarà fondamentale la loro partecipazione. Saranno le organizzazioni sociali ad occuparsi dell’organizzazione del referendum, secondo le dinamiche, gli usi e le tradizioni di ciascun paese.

È una delle risoluzioni con cui si è conclusa giovedì 22 la Conferenza mondiale dei Popoli sul cambiamento climatico e i diritti della Madre Terra, tenutasi nella città boliviana di Cochabamba.

Anche se il testo finale è ancora soggetto a modifiche, le domande proposte per il referendum sono le seguenti: a. È d’accordo a ristabilire l’armonia con la natura riconoscendo i diritti della Madre Terra? b. È d’accordo a cambiare questo modello di spreco e iperconsumo rappresentato dal sistema capitalistico? c. È d’accordo che i paesi sviluppati riducano e riassorbano le loro emissioni di gas serra a livello nazionale, così che la temperatura non salga di più di un grado centigrado (1° C)?

d. È d’accordo a trasferire tutto ciò che si spende per la guerra destinando un budget superiore alla difesa della Madre Terra?

e. È d’accordo sulla creazione di un Tribunale per la giustizia climatica, per giudicare coloro che distruggono la Madre Terra? La conferenza, che si è aperta lunedì 19, ha adottato un’agenda radicale, destinata ad influire sui negoziati ufficiali sul cambiamento climatico portati avanti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu).

Questo secolo, l’aumento della temperatura media del pianeta non potrà superare un grado, perciò – si afferma nelle risoluzioni – i paesi industrializzati dovranno ridurre le loro emissioni di gas responsabili del riscaldamento dell’atmosfera di oltre il 50 per cento entro il 2020, rispetto ai volumi del 1990.

Si chiede ai paesi industrializzati – ritenuti responsabili del ruolo da protagonisti avuto nello sviluppo industriale, causa dell’inquinamento climatico – che paghino il loro debito nello sfruttamento eccessivo dell’atmosfera comune, e che siano previste azioni legali per chi non dovesse adempiere ai propri obblighi.

Si propone inoltre la creazione di un organismo multilaterale per gestire le questioni legate all’ambiente, il riconoscimento internazionale dei diritti della Madre Terra, la non privatizzazione delle conoscenze, la tutela dei migranti climatici e il pieno rispetto delle libertà e garanzie degli indigeni.

Circa 35mila persone sono confluite a Cochabamba, convocate dal presidente boliviano Evo Morales, con la prospettiva di rafforzare la voce della società civile mondiale nella prossima Conferenza delle parti della Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico (COP16), prevista per novembre a Cancún, Messico.

“Che il prossimo incontro in Messico non sia invano, e che le decisioni vengano prese per il beneficio di tutti e di tutte”, ha detto Morales giovedì durante il vertice, che si è chiuso con un raduno popolare al quale era presente il presidente del Venezuela Hugo Chávez. Il presidente venezuelano ha proposto che i governi membri della Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA) siano il veicolo per presentare le proposte di Cochabamba a Cancún.

Il ministro degli Esteri boliviano David Choquehuanca ha segnalato che tra i 35mila partecipanti vi erano 9.254 visitatori provenienti da 142 paesi, e delegazioni ufficiali di 47 paesi. Circa 5mila intellettuali e attivisti hanno partecipato alle sessioni online, culminate con la presentazione di proposte da 17 tavoli di lavoro su altrettanti tematiche.

Il tradizionale metodo di dibattito dei vertici ufficiali è stato sovvertito a Cochabamba, dove i discorsi si sono concentrati sull’analisi delle cause della crisi climatica. E Morales ha completato la prospettiva attribuendo al capitalismo ogni responsabilità.

“Il modello della società capitalista è in crisi e i popoli hanno le alternative”, ha dichiarato il presidente.

Il pomeriggio soleggiato dello stadio del calcio “Felix Capriles” è stato lo scenario della festa e dei discorsi finali.

Il 22 aprile, consacrato dall’Onu giornata della Madre Terra, è stato anche l’occasione per costituire un movimento che chieda al forum mondiale l’adozione di una dichiarazione universale dei diritti della natura. Le risoluzioni di Cochabamba hanno rifiutato il classico principio della “condizionalità” in cambio di aiuti finanziari. Il mondo vive una “grande crisi” dovuta al fatto che il 75 per cento dei gas serra viene emesso dal 25 per cento dei paesi, quelli industrializzati, e questo produce un impatto diretto, come siccità e inondazioni. Si è denunciato il sistema delle compensazioni delle emissioni inquinanti, il mercato del carbonio e altri meccanismi finanziari e di lucro, lontani dalla soluzione centrale del problema.

È probabile, dice la dichiarazione finale, che i danni alla natura saranno irreversibili se la temperatura continuerà ad aumentare, e che decine di migliaia di persone saranno costrette ad emigrare quando i ghiacciai si estingueranno e le zone desertiche si estenderanno.

Il documento chiede anche l’eliminazione di ogni forma di nuovo colonialismo, e l’adesione dei paesi ricchi ad una nuova fase di impegni nel quadro del Protocollo di Kyoto.I partecipanti hanno espresso il loro rifiuto ai programmi di tutela delle foreste per compensare le emissioni di carbonio, denunciando l’intenzione di espellere i contadini e gli indigeni dalle zone ricche di acqua e di risorse naturali.

“Condanniamo i programmi REDD” (Riduzione delle emissioni di carbonio causate da deforestazione e degrado forestale) nelle loro differenti versioni, poiché violano i diritti dei popoli e la sovranità degli stati, e attentano contro gli usi e i costumi dei popoli originari, dice il documento finale.

La Conferenza ha chiesto infine la creazione di un “Tribunale di giustizia climatica” che abbia la facoltà di perseguire persone o imprese responsabili di inquinare, e una profonda riforma delle Nazioni Unite, che permetta di giudicare i paesi che non adempino agli impegni di riduzione delle emissioni. © IPS