IRAQ: In declino il potere dei kurdi?

WASHINGTON, 7 marzo 2010 (IPS) – Nella corsa alle elezioni parlamentari, oggi in Iraq, i kurdi non solo devono fare i conti con profonde divisioni interne – che, combinate con l’ascesa di altre potenti coalizioni nel resto del paese, potrebbe portare a una riduzione del potere dei kurdi sulla scena politica dell’Iraq.

Negli ultimi sette anni i kurdi hanno mantenuto un fronte unito a Baghdad, cosa che ha portato a un’ascesa senza precedenti del loro potere: per la prima volta dalla nascita del moderno stato iracheno negli anni ’20, Jalal Talabani, un kurdo, è diventato presidente del paese; la costituzione irachena ha riconosciuto ai kurdi ampi diritti, in particolare nella sfera dell’autogoverno.

Ma dopo il voto di domenica i kurdi rischiano di perdere il potere conquistato negli ultimi anni.

Le divisioni interne si erano consolidate lo scorso luglio, con l’emergere alle parlamentari regionali di diversi gruppi d’opposizione, che hanno conquistato quasi il 30% dei seggi. La nascita dell’opposizione si spiega soprattutto con il forte malcontento verso i due principali partiti kurdi, il Partito democratico del Kurdistan (Pdk) e l’Unione patriottica del Kurdistan (Puk).

Il Puk è guidato da Talabani, mentre Masoud Barzani, attuale presidente del Kurdistan, è leader del Pdk. I due partiti formano il governo kurdo, che comanda le tre province di Irbil, Sulaimaniya e Dohuk, nell’Iraq settentrionale.

Il principale gruppo d’opposizione è il Gorran, “Cambiamento”, un gruppo laico fondato soprattutto da ex alti dirigenti del Puk di Talabani. Gorran è riuscito a guadagnare una forte popolarità alle elezioni regionali kurde, grazie a una programma contro la corruzione che ha attirato molti consensi. L’altro partito d’opposizione è l’islamico-moderata Unione islamica del Kurdistan (Uik).

In questi giorni nel Kurdistan iracheno si respira grande tensione, con diversi gruppi che si accusano a vicenda di violazioni nella campagna e “azioni antidemocratiche”. Il Gorran ha rivolto aspre critiche ai due partiti al governo, in particolare al Puk, accusati di atti intimidatori e aggressioni contro i giornalisti.

E molti kurdi temono che questi piccoli incidenti possano portare a gravi violenze. Il Kurdistan è stato teatro di una guerra civile dal 1994 al 1998, che ha lasciato migliaia di morti.

Pdk e Puk nascondono forti, storiche rivalità, anche se si presentano con una lista comune, l’Alleanza per il Kurdistan – ma poi ciascun partito promuove i propri candidati.

Dopo aver perso la propria roccaforte di Sulaimaniya, che nelle elezioni di luglio è passata nelle mani del Gorran, per il Puk ora è cruciale ottenere abbastanza seggi per ripresentarsi alla pari con il Pdk – che in quelle stesse elezioni di luglio è invece emerso come il principale partito kurdo.

Molti, dentro e fuori l’Iraq, si chiedono in che modo le divisioni tra i kurdi si rifletteranno sulla loro influenza a Baghdad nei prossimi quattro anni. Con il ritiro delle truppe Usa dal paese previsto entro la fine del 2011, molti kurdi temono che perdere il loro potere nella capitale significherebbe tempi duri con gli altri gruppi iracheni.

Tra kurdi e arabi restano dispute irrisolte sulla regione del Kirkuk, ricca di petrolio, così come su altri territori reclamati da entrambi; sui diritti su gas e petrolio, sul potere del governo kurdo autonomo rispetto al governo federale di Baghdad, e sullo status dei Peshmarga, i combattenti kurdi.

Per questo i leader kurdi sottolineano la necessità di una “posizione unitaria” a Baghdad.

“Possiamo avere liste, partiti e opinioni diversi, scontrarci nel nostro parlamento, ma quando si tratta di questioni nazionali (kurde), dobbiamo mettere da parte ogni altra cosa e soffermarci su come difendere la nostra esistenza e proteggere le nostre conquiste”, ha dichiarato Masoud Barzani a Irbil la settimana scorsa.

Non è chiaro in che misura l’opposizione del Gorran collaborerà con la coalizione Pdk/Puk nel parlamento nazionale. Negli ultimi quattro anni il gruppo indipendente del Uik (5 deputati) ha sempre collaborato da vicino nel parlamento iracheno con il principale blocco kurdo, sui temi chiave.

Nonostante il Gorran assicuri che non comprometterà i diritti dei kurdi nella costituzione irachena, resta da vedere se e in che modo collaborerà con Pdk/Puk.

“Abbiamo gli stessi obiettivi e lavoriamo sulle stesse basi su cui lavorare. Ma ci muoviamo diversamente”, diceva Noshirwan Mustafa, leader del Gorran, a Al Jazeera all’inizio di febbraio.

Va detto che l’attuale schieramento delle forze politiche in Iraq potrebbe garantire un ruolo ai kurdi. Perché questa volta molti piccoli gruppi sono in corsa per le parlamentari, e presumibilmente nessuno riuscirà a governare da solo.

Le due principali coalizioni sono quella guidata dal primo ministro Nouri al-Maliki, e l’Alleanza nazionale irachena, in gran parte rappresentata dal Supremo consiglio islamico iracheno (Siic) guidato da Ammar al-Hakim e dal movimento di Muqtada al-Sadr. Entrambe queste coalizioni sono formate soprattutto da gruppi sciiti.

Un terzo gruppo è il movimento laico al-Iraqiya, una combinazione di elementi sciiti e sunniti, guidato dall’ex primo ministro laico sciita Iyad Allawi.

Il governo, secondo la legge irachena, sarà formato dalla coalizione con il maggior numero di seggi, ma è assai probabile che serviranno altri partner per superare la soglia del 50 più uno necessaria per governare. E questo potrebbe essere l’elemento di forza per i kurdi: le grandi coalizioni li stanno corteggiando per avere il loro appoggio nel nuovo parlamento.

Anche Maliki, che non ha ottimi rapporti con i kurdi, si è detto recentemente pronto a coalizzarsi con loro, per il “ruolo fondamentale” che avrebbero avuto nel ridisegnare il nuovo stato iracheno. © il manifesto

* Pubblicato su “il manifesto” domenica 7 marzo 2010.