INDIA: I computer, un’opportunità di lavoro per le donne rurali

BAGAR, India, 10 giugno 2009 (IPS) – Ciò che più colpisce il visitatore che entra nel Source for Change business processing centre (BPO) del Rajasthan rurale, uno stato indiano profondamente conservatore dove le donne girano con il velo e il matrimonio tra minori è ancora una pratica diffusa, è la quasi totale assenza di uomini nell’edificio.

Una fiduciosa Neelam Saini, 18 anni, ha detto ai genitori di non volersi sposare subito, ma di voler continuare a lavorare e studiare Gagandeep Johar/IPS

Una fiduciosa Neelam Saini, 18 anni, ha detto ai genitori di non volersi sposare subito, ma di voler continuare a lavorare e studiare
Gagandeep Johar/IPS

Si vedono solo file interminabili di donne dietro i loro computer, lungo l’intero edificio a un piano di colore verde che è stato trasformato negli uffici del Source for Change. I BPO rappresentano in India un’industria da 28 miliardi di dollari, con sedi soprattutto nelle città come Bangalore.

Source for Change ha lanciato una rivoluzione sociale dentro e intorno a Bagar, una tranquilla cittadina di 10mila abitanti, 600 chilometri a nord-ovest di Nuova Delhi. Prima dell’apertura, le giovani istruite qui avevano due possibilità: lavorare in un’azienda agricola oppure a casa.

Adesso, dopo due mesi di formazione, ogni impiegata è stata assegnata all’inserimento dati, compito principale dei BPO per clienti come il Piramal Group, una importante casa farmaceutica indiana, e Pratham, un’organizzazione non governativa per l’infanzia con sede a Delhi.

Neelam Saini, 18 anni, lavora qui da 18 mesi. “Ho cominciato alla fine del decimo anno di scuola [all’età di 16 anni]”, spiega. “Siamo quattro ragazze e due ragazzi. Io sono la più grande. Mio padre – un agricoltore – mi ha detto che non poteva permettersi di farci proseguire gli studi oltre il decimo anno”.

Oggi, una fiduciosa Saini dice di voler continuare a lavorare e a studiare.

“Prima pensavo che avendo solo il diploma del decimo anno non ci fosse niente che potessi fare. Ma dopo aver cominciato a lavorare qui sento di poter fare molte cose. Ho fatto domanda per il dodicesimo anno, e vorrei dare l’esame di ammissione il prossimo anno come studente privato”, racconta.

I suoi genitori sono fieri di lei? Sono “molto fieri di me”, dice con un gran sorriso. “E poi”, aggiunge in tono serio, “adesso che lavoro, anche i miei fratelli potranno continuare a studiare”. Il salario medio è di 4mila rupie per otto ore di lavoro al giorno.

Il BPO, un’iniziativa della Piramal Foundation, è stato creato nel 2000 da tre uomini: Shrot Katewa, un biotecnologo dell’Università di Rajasthan; Alim Haji, ingegnere ottico dell’Università del New Mexico (Usa) e Karthik Raman, laureato in economia presso la Case Western Reserve University, Usa.

Solo Katewa è un locale – di Bakhtawarpura, un villaggio vicino a Bagar. Ma, al contrario degli altri co-fondatori, lui aveva già esperienza nei BPO, avendo lavorato con due imprese di Mumbai.

Sia Haji che Raman si sono ritrovati per caso a Bagar. Il primo “stanco del mio ufficio senza finestre” negli Usa, ha deciso che non voleva passare il resto della sua vita in quel modo, e ha scoperto la Piramal Foundation su Internet. Raman lavorava tra le comunità tribali nello stato meridionale del Tamil Nadu.

La Piramal Foundation è finanziata dal Piramal Group, a gestione familiare, un colosso farmaceutico con un giro d’affari di 5 miliardi di dollari.

I fondatori del gruppo sono nati e cresciuti nei pressi di Bagar, e la Fondazione è coinvolta in diversi altri progetti nella zona, come il Bagar Employment Institute, che organizza corsi di lingua inglese e di informatica.

Sonam Jangir, 18 anni, che frequenta il primo anno parauniversitario, dice di essere la prima donna del suo villaggio, Islampur, ad avere un lavoro. “I miei genitori mi hanno chiesto perché volessi lavorare, mentre nessuna donna della famiglia lo ha mai fatto. Ho spiegato che siamo nell’era dei computer, e che oggi è fondamentale conoscere questo strumento”, racconta.

Potrebbe aver ispirato una rivoluzione nel suo villaggio. “Quando ho cominciato a lavorare, altre cinque ragazze del mio villaggio si sono iscritte ai corsi”, ha detto soddisfatta.

Il BPO spiega che la sua missione è rivolgersi ai gravi problemi della mancanza di opportunità di lavoro per le donne istruite nell’India rurale. Come dice Katewa, uno dei fondatori: “Un grosso problema in questa parte del paese era che sebbene le donne ricevessero un’istruzione, poi si sposavano e il loro potenziale veniva sprecato”.

“Abbiamo pensato che uno dei modi per utilizzare le loro capacità fosse di tenerle qui, visto che un altro impedimento è che le donne non possono allontanarsi dalle loro case in cerca di lavoro”, ha aggiunto.

Inizialmente, è stata un’impresa ardua. C’era molta resistenza da parte dei membri della famiglia. “Abbiamo dovuto convincere gli uomini del nucleo familiare, come il suocero, il fratello, il padre, il marito, ad offrire questa opportunità alla loro nuora, figlia, sorella”, ha spiegato Haji.

“Il primo giorno di corso, c’era tutta una folla di uomini fuori dagli uffici”, ricorda. “Volevano verificare come fosse il posto e chi fossimo noi, e controllare che le loro donne fossero al sicuro!”.

Adesso, Source for Change sta pensando di espandersi, e vuole aumentare il numero dei suoi datori di lavoro a Bagar a 100 soci, entro il gennaio 2010. Si pensa di creare una rete di uffici diffusi in tutta la regione del Rajasthan, che assumerebbero tra le 100 e le 150 impiegate ciascuno.

Con nuovi clienti come il governo del Rajasthan e la Confederazione industriale indiana, la maggiore associazione di imprese del paese con 7.500 membri, il BPO può permettersi di fare nuovi progetti.

A Bagar, le impiegate più giovani hanno 18 anni e la più grande è Sunita, di 30 anni. Per Sunita Chowdhary, il BPO le ha salvato la vita. “Mio marito non lavora”, confessa. “Grazie a questa attività, ora sono in grado di garantire un’istruzione ai miei due figli”.

Anche per Saini la vita è cambiata. “Prima ero molto silenziosa e non esprimevo mai le mie idee”, racconta in confidenza. “Ma adesso mi sento sicura di dire ciò che penso. I miei genitori mi hanno chiesto di sposarmi, ma io ho risposto che per altri quattro anni non lo farò. Voglio lavorare per Source for Change!”. ©IPS

  • luidgi_bonuchi12

    Domanda standard, me la han fatta anche quando cercavo lavoro in Germania. La risposta che do è sempre molto facile: il mio contratto non mi permette di rivelare il mio stipendio. https://it.jooble.org/lavoro-confezionamento-svolgere-casa Lavoro in consulenza quindi per me è anche credibile come cosa. Se dici tu il primo numero sarai sempre in svantaggio, sia se dici la tua RAL sia se gli dici quanto vorresti come stipendio. Tanto se il loro budget è meno di quello ti tagliano subito fuori, se invece pensavano di offrirti di più di quanto vuoi abbassano subito il tiro. Facile. Mai dire il primo numero! Piuttosto chiedi qual è il budget per la posizione oppure dai un range molto grande con estremo inferiore uno stipendio poco sotto ciò che vorresti accettare e preparati a contrattare per salire un po’.