PENA DI MORTE-USA: Si teme un’ondata di esecuzioni

BOSTON, 14 maggio 2008 (IPS) – Gli attivisti contro la pena di morte si preparano a un’ondata di
esecuzioni in tutti gli Stati Uniti, dopo che lo stato della Georgia si
è affrettato a giustiziare William E. Lynd, non appena la Corte
suprema ha decretato che l’iniezione letale non costituisce una
violazione della costituzione.

Il 6 maggio, i boia della Georgia hanno messo fine alla vita di Lynd, 53 anni, con la stessa formula chimica letale utilizzata in 34 altri stati che applicano la pena di morte. L’esecuzione ha interrotto una moratoria in atto da sette mesi in tutto il paese, mentre la Corte suprema esaminava un ricorso secondo cui il cocktail di farmaci utilizzato violava il divieto costituzionale sulle pene “crudeli e inusuali”.

”Qualche rischio di sofferenza è insito in qualsiasi metodo di esecuzione – a prescindere da quanto sia umano”, ha scritto il presidente della Corte suprema John Roberts il 16 aprile nel documento di valutazione, approvato per maggioranza dalla corte, di un caso che riguardava due detenuti nel braccio della morte in Kentucky.

Ma in un altro caso, il giudice John Paul Stevens ha discordato, sostenendo che i tanti problemi legati all’applicazione della pena di morte la renderebbero implicitamente incostituzionale. La sua posizione ha sorpreso la comunità forense, visto che il giudice era noto come un sostenitore della pena capitale.

Il giudice Stevens ha anche auspicato che il caso del Kentucky possa stimolare il dibattito sulla legittimità della pena di morte.

Le dichiarazioni del giudice Stevens sono “quasi un’accusa sulla pena di morte”, ha commentato all’IPS Sarah Tofte, ricercatrice di Human Rights Watch.

David Elliot, portavoce della Coalizione nazionale per l’abolizione della pena di morte, ha apprezzato l’opinione del giudice, aggiungendo che la luce verde della corte sull’iniezione letale “non ha risolto nulla”.

”La pena di morte era difettosa prima del caso della Corte suprema. Dopo la sentenza, continua ad essere difettosa”, ha detto Elliot all’IPS.

Secondo Michael Mello, docente di diritto presso la Vermont Law School, l’88enne Stevens è più in sintonia con le idee in continua evoluzione dell’opinione pubblica Usa, rispetto agli altri giudici che sedevano con lui nel caso del Kentucky.

”Il voto 7 contro 2 mi fa pensare quanto la corte sia in contatto con le domande genuine e fondamentali che la gente e i politici si pongono sulla pena di morte”, ha detto Mello all’IPS.

Tofte ha preannunciato che la “controversa” sentenza della Corte suprema aprirà le porte a nuovi ricorsi legali contro l’iniezione letale.

Sui 50 stati Usa, in 36 ancora vige la pena di morte, e tutti tranne il Nebraska utilizzano l’iniezione letale per giustiziare i condannati.

Dopo l’esecuzione della Georgia, almeno altri 9 stati hanno dichiarato di voler presto ripristinare le esecuzioni: Alabama, Arkansas, Illinois, Louisiana, Mississippi, Oklahoma, Sud Dakota, Texas e Virginia.

Diversi stati hanno già comunicato i nomi dei condannati a morte e la data delle esecuzioni. Il Mississippi ha fissato per il 21 maggio l’esecuzione di Earl Wesley Berry; il 27 maggio, la Virginia giustizierà Kevin Green; e il Texas prevede quattro esecuzioni per giugno e luglio.

Il Texas, con 360 detenuti nel braccio della morte, l’anno scorso ha effettuato il 60 per cento di tutte le esecuzioni del paese. Tra i detenuti che dovrebbero essere presto giustiziati vi è Harry Smith, 70 anni, che vive su una sedia a rotelle. Smith è nel braccio della morte da 30 anni.

”È probabile che nella seconda metà dell’anno assisteremo a una straordinaria ondata di esecuzioni”, ha detto all’IPS Steve Hall, direttore esecutivo di Stand Down Texas. “Per i difensori pubblici (avvocati nominati dalla corte) potrebbe essere un incubo”.

Il Centro d’informazione sulla pena di morte (Dpic), un istituto di ricerca che si batte contro la pena capitale, prevede che il numero di esecuzioni potrebbe arrivare addirittura a 60 entro la fine dell’anno, rispetto ai 42 casi del 2007. Gli Usa manterrebbero il loro posto tra i cinque paesi che commettono più esecuzioni al mondo. Il Dpic calcola che i detenuti nel braccio della morte sono in totale 3.263.

Ma diversi stati che prevedono la pena di morte negli Usa hanno aperto un dibattito sul tema, o stanno affrontando ricorsi legali. E stanno facendo marcia indietro sulle esecuzioni. Tra questi, California, Maryland, Missouri, North Carolina, Ohio, Oklahoma e Tennessee, segnala Elliot.

Le elezioni nazionali di novembre dei funzionari statali potrebbero essere decisive nel portare avanti il dibattito sulla pena capitale, secondo Elliot.

”Saranno le legislature dello Stato, e non la Corte suprema, a decidere su questo tema per il futuro”.

In un editoriale del 7 maggio sul New York Times si legge che il paese dovrebbe raccogliere l’appello del giudice Stevens per un dibattito nazionale sul futuro della pena capitale.

”Queste esecuzioni programmate arrivano in un momento in cui molti americani, a ragione, stanno prendendo le distanze dalla pena capitale. Crediamo che togliere la vita per mano dello Stato sia in ogni caso sbagliato, ma questo è particolarmente vero nel sistema profondamente difettoso che abbiamo oggi''.