IRAQ: La battaglia per i diritti delle donne riparte da zero

BAGHDAD, 16 settembre 2011 (IPS) – All'inizio di quest'anno, quando una madre di mezza età ha preso un taxi da sola da Baghdad a Nassiriya, a 300 chilometri di distanza, l’autista ventenne si è fermato, l’ha costretta a scendere dall’auto e l’ha violentata sul ciglio della strada. L’episodio ha dato il via ad un’aspra battaglia legale.

“Non è un caso semplice”, spiega Hanaa Edwar, responsabile dell’Associazione irachena per i diritti al-Amal, fondata nel 2003 a Baghdad dopo l'invasione statunitense.

“(La donna) viene da una famiglia benestante, è una professionista, e ha raccontato alla sua famiglia della violenza. Hanno fatto arrestare l'autista”, dice Edward. “Poi lei è venuta da noi per un aiuto legale. Ci ha detto: Voglio che i miei diritti mi vengano restituiti. Quello che ha fatto a me lo farà ad altre donne. Voglio che sia punito”.

La vittima dello stupro ha perso la causa. “Il giudice aveva una mentalità maschilista. Pensano che non bisogna dare scandalo, e rimanere in silenzio. “Aiutava l'imputato con domande del tipo: ‘L'hai fatto mentre eri ubriaco, no?’. Così ti intimoriscono”, ha detto Edwar. “Adesso stiamo ricorrendo in appello”.

L' Associazione al-Amal è uno dei tanti gruppi in Iraq che sostengono le donne nella lotta per la parità nel matrimonio e nel divorzio, e si oppone a un codice penale draconiano che favorisce i responsabili di abusi domestici e i delitti d'onore all'interno delle famiglie.

Secondo le statistiche dell'Onu, una donna su cinque tra i 15 e i 49 anni ha subito violenze fisiche per mano del marito. “Le cifre reali sono probabilmente più elevate”, secondo l'UNDP. “Le denunce per violenza domestica sono generalmente molto poche, le donne temono la stigmatizzazione sociale e non hanno fiducia nel fatto che le autorità porteranno avanti le loro denunce”.

“Il deterioramento della sicurezza ha portato ad un aumento degli usi tribali e degli estremismi politici e religiosi, con un effetto devastante sui diritti delle donne, sia all'interno che all'esterno delle mura domestiche”, si legge in un rapporto di Human Rights Watch pubblicato quest'anno. “Per il codice penale iracheno, il movente dell’onore è considerato un’attenuante nei reati, compresi quelli di omicidio, e il marito ha il diritto legale di punire la propria moglie”.

Per le donne irachene, che godevano di forti tutele dei loro diritti e partecipazione sociale nella regione prima del 1991, è stato un duro colpo.

Anche se nell'Iraq del 1959 le norme che regolavano il matrimonio, il divorzio, la custodia dei figli e l'eredità erano basate su principi settari, e in sostanza il sistema giudiziario favoriva gli uomini, alcuni combattuti emendamenti avevano discretamente miglioramento lo stato dei diritti delle donne.

Ma quando le guerre e le sanzioni internazionali inflitte all’Iraq hanno devastato le infrastrutture del paese, Saddam Hussein ha corteggiato i gruppi religiosi per mantenere il potere, cancellando alcuni dei risultati che le donne irachene avevano conquistato a fatica.

Dopo la caduta di Saddam nel 2003, i tentativi delle autorità religiose di sostituire le norme civili con la Sharia sono stati vanificati dalle battaglie dei difensori dei diritti. Ma con l'articolo 41 della nuova Costituzione irachena, la legge sulla famiglia è di nuovo soggetta all'interpretazione religiosa delle diverse sette.

Hanaa Edwar, di al-Amal, spiega la nuova realtà: “Ci sono molti matrimoni e divorzi illegali. La legge fissa a 15 anni l’età minima per sposarsi, ed è necessario il consenso dei padri e di un giudice. Il matrimonio tra minori è vietato dalla legge, ma le autorità religiose autorizzano queste unioni in cambio di 200 dollari “.

La guerra ha aumentato la violenza nel paese”, ha detto Sundus Hasan, direttrice dell'Istituto per la Leadership delle Donne (Wli). “La guerra ha sempre delle ripercussioni sulla vita delle persone e della famiglia”.

“Prima del 2003, tutti andavano a scuola senza problemi, mentre adesso le figlie femmine devono avere una protezione quando escono di casa. Alle volte costa troppo. Ecco perché il matrimonio precoce è un fenomeno recente in Iraq: le ragazze si sposano tra i 10 e i 12 anni. L'età legale è 18 anni, ma nessuno rispetta la legge”.

Hasan, che è stata minacciata personalmente dalle milizie per la sua attività, ha perso una cara amica che era stata rapita e violentata. “Quando la sua famiglia ha pagato il riscatto, è tornata a casa e mi ha chiamato. “Sto morendo”, ha detto. Le ho consigliato di andare a dormire, che tutto sarebbe tornato a posto. Ma il giorno dopo la famiglia l'ha ritrovata morta nella sua stanza: si era suicidata. Sono sicura che quando è tornata a casa ha visto una profonda tristezza negli occhi del marito e della famiglia, e che l’ha sentita anche dentro di sé”.

Il Wli sta lavorando assieme ad altre organizzazioni per incorporare nella legislazione irachena trattati internazionali come la Convenzione per l'eliminazione della discriminazione contro le Donne (CEDAW) – di cui l'Iraq è uno dei firmatari – e far approvare una legge contro la violenza di genere.

Un punto di partenza positivo è il 25 per cento di quote rosa per i parlamentari. Anche se, sostiene Hasan, il ministero delle Pari Opportunità è molto debole, e ci sono solo due posti ministeriali assegnati alle donne su 48, inclusi i ministri di Gabinetto. “Prima erano sei, poi quattro, ora due. Stiamo andando nella direzione sbagliata”.

Amnesty International avverte che “anche se in Iraq dovesse tornare presto la pace e una maggiore stabilità, i livelli di violenza contro le donne potrebbero mantenersi elevati, se le autorità continueranno a permettere che gli uomini uccidano e danneggino impunemente le donne, e se si lascerà che la segregazione di genere e la discriminazione contro le donne diventino più radicate”. © IPS