L’Onu chiede chiarimenti sull’operazione Bin Laden

NAZIONI UNITE, 11 maggio 2011 (IPS) – L’uccisione la scorsa settimana di un Osama bin Laden disarmato, nascosto nel suo rifugio in Pakistan è stata legittima difesa, un omicidio fondato o un’esecuzione extragiudiziale?

Barack Obama in visita al quartier generale del Commando che ha ucciso Osama Bin Laden Pete Souza/Casa Blanca

Barack Obama in visita al quartier generale del Commando che ha ucciso Osama Bin Laden
Pete Souza/Casa Blanca

Due esperti Onu per i diritti umani, Christof Heyns e Martin Scheinin, hanno chiesto agli Stati Uniti di rivelare maggiori dettagli sull'assassinio, e se esistevano dei piani per catturarlo vivo.

L'amministrazione del presidente Barack Obama, che ha cambiato alcuni aspetti della versione iniziale sull’assassinio, alla fine ha concluso senza esitazione “giustizia è stata fatta”. Una conclusione che però è stata messa in discussione da alcuni esperti costituzionalisti e attivisti dei diritti umani, che descrivono l'omicidio come un'esecuzione arbitraria o una possibile violazione del diritto internazionale.

Secondo Michael Ratner, presidente del Centro per i Diritti Costituzionali di New York, il modo in cui Bin Laden è stato ucciso solleverebbe controverse questioni di natura legale. La prima, se dovesse effettivamente essere ucciso quando il Navy Seals, il plotone chiamato ” killer-cacciatore “, si è trovato di fronte a lui nella camera da letto del suo nascondiglio di Abbottabad, in Pakistan.

In una drastica revisione della storia, l'amministrazione statunitense ha poi ammesso che Bin Laden era disarmato e che non ha usato nessuna donna come scudo umano, come aveva dichiarato inizialmente.

“In simili circostanze, avrebbero dovuto limitarsi a catturarlo. E ucciderlo potrebbe anche essere considerato un crimine di guerra”, sostiene Ratner.

Gli Stati Uniti hanno cercato di giustificare l'uccisione di Bin Laden sostenendo che c'era stata resistenza, ma alla domanda su come avesse opposto resistenza, il portavoce per la stampa non ha risposto. Il giorno successivo, gli Stati Uniti hanno dichiarato che Bin Laden aveva una pistola a portata di mano e, pertanto, doveva essere ucciso prima che potesse afferrarla.

“Probabilmente non conosceremo mai la vera storia, ma emerge sempre di più che i militari statunitensi avrebbero ordinato di ucciderlo e non di prenderlo vivo”, dice Ratner, insegnante presso la Columbia University Law School e autore di diversi libri, tra cui “Guantanamo: quello che il mondo deve sapere”.

“Ciò farebbe pensare che l'amministrazione americana abbia deciso che un Bin Laden morto era meglio di uno vivo”, ha aggiunto.

Per anni, il governo americano non è riuscito a processare i responsabili dell'11 settembre, e ancora meno avrebbe desiderato un Bin Laden sotto processo.

Un processo pubblico sarebbe stato un precedente importante e forse, l’idea di condannare Bin Laden avrebbe convinto gli scettici che era davvero lui la mente degli attacchi del 11 settembre e di altri reati, osserva Ratner.

Stephen Zunes, docente di politica e preside del dipartimento di Studi Mediorientali presso l'Università di San Francisco, ha definito il tutto come “un caso limite”.

“Poiché nello stesso rifugio c'era stata una sparatoria, anche il semplice gesto di alzare le mani poteva essere considerato una potenziale minaccia e, perciò, auto-difesa”, ha detto.

“Al tempo stesso, vista la storia recente di omicidi illegali da parte delle forze Usa, è possibile che ci saranno molti interrogativi “, dice Zunes.

Il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon si è mostrato politicamente cauto nelle sue dichiarazioni.

Il suo portavoce Farhan Haq ha detto che è piuttosto chiaro che le Nazioni Unite rispettano il diritto di tutti i paesi di portare avanti operazioni di antiterrorismo. Ma queste operazioni “devono essere conformi al diritto internazionale. È un dovere per ogni paese”.

Nel frattempo, Heyns e Scheinin, i due esperti ONU che si occupano di uccisioni extragiudiziali e di lotta al terrorismo, sostengono che sarà particolarmente importante sapere se la pianificazione della missione prevedeva un qualche impegno di prendere Bin Laden vivo”.

“Sarebbe meglio che le domande poste sull'operazione trovassero risposta”, hanno detto in una dichiarazione rilasciata la scorsa settimana.

In un comunicato hanno inoltre evidenziato che in alcuni casi eccezionali è permesso l'uso della forza come ultimo ricorso, secondo gli standard internazionali, per proteggere la vita, anche nelle operazioni contro i terroristi.

“Ma la legge dovrebbe prevedere che i terroristi siano trattati come i comuni criminali, con le normali procedure legali di arresto, processo e pena giudiziaria”.

Una inaspettata critica dell'assassinio è arrivata anche dall'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.

Durante un incontro a Londra con i giornalisti la settimana scorsa, Williams ha dichiarato: “Penso che l'uccisione di un uomo disarmato crei sempre disagio, non si può parlare di giustizia se avviene in quelle circostanze”.

Alla domanda se l'uccisione di Bin Laden poteva essere interpretata come “omicidio mirato”, Ratner ha risposto “è assai probabile”.

“Le circostanze dell’uccisione indicano che le forze statunitensi avevano l'ordine di uccidere, anche se con tutte le diverse versioni fornite, non possiamo esserne certi”,

L'ordine di uccidere, Bin Laden o altri, come l’ecclesiastico radicale Anwar al-Awlaki in Yemen, o gli uomini uccisi dai droni in Pakistan, potrebbe essere contrario al diritto internazionale e costituire un'esecuzione sommaria.

Fuori dalle zone di guerra, l'ordine di uccidere può essere emesso solo nei confronti di persone che rappresentano una minaccia imminente, concreta e specifica. Altrimenti, devono essere utilizzate prima forze non letali e, solo se assolutamente necessario, forze letali, ha detto Ratner.

Ha anche sottolineato che attraversare la frontiera di uno stato per uccidere, o per inviare droni in un altro stato, tranne che in situazione di guerra, è vietato dall'articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite.

Naturalmente uno stato contro il quale vengono inviati droni può anche aver dato il proprio consenso. Oppure, se il paese che invia droni o squadre di cecchini dice che si tratta di auto-difesa, perché l'altro stato si è rifiutato o non è riuscito a fermare gli attacchi dal suo territorio, non si potrebbe parlare di violazione della Carta. © IPS