E emergenza per i profughi ivoriani in Liberia

BUTUO, Liberia, 4 aprile 2011 (IPS) – Il cortile di Peter Saye è gremito: di bambini, di polli, di capre, di pentole, di pacchi e pacchetti di ogni tipo. Le donne attizzano il fuoco e rimuovono la brace, intrecciano i capelli alle bambine e cercano di tenere a bada i più piccoli che scorrazzano nella polvere. Un centinaio di profughi sono arrivati qui cercando di un riparo, in fuga dalle violenze della vicina Costa d’Avorio.

Jessica McDiarmid/IPS Jessica McDiarmid/IPS

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Le forze di Alassane Ouattara, vincitore alle ultime elezioni di novembre 2010 riconosciuto dalla comunità internazionale, hanno rapidamente abbandonato il nord del paese – che controllavano dalla guerra civile del 2002-2003.

I veloci e recenti passi avanti nella loro avanzata verso sud per circondare la capitale economica Abidjan, ormai ultima roccaforte del presidente in carica Laurent Gbagbo, hanno provocato un rapido aumento dei profughi in cerca di un rifugio in Liberia.

Le popolazioni locali sono accerchiate e gli aiuti stanno tardando molto ad arrivare. Le grandi crisi adesso in corso in altre aree e paesi sottraggono l’attenzione e il sostegno internazionale dalla regione, e una serie di intoppi, ritardi e ostacoli logistici stanno creando una situazione senza via d’uscita in una crisi che minaccia di diventare ogni giorno più grave.

Nella Contea di Nimba, dove la maggior parte degli oltre 100mila profughi ivoriani in Liberia sono distribuiti tra le circa 100 comunità remote, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha dichiarato che adesso il cibo verrà dato solo a chi si trasferisce nei “centri di transito”, nelle comunità ospiti designate o in uno dei campi principali a 60 chilometri di distanza.

Ma molti rifugiati preferiscono aspettare vicino alla frontiera, dove hanno ancora qualche speranza di ritrovare dei parenti dispersi e di racimolare cibo locale – riso e cassava – invece di doversi avventurare in viaggi lunghi e scomodi a bordo di un camion per finire in un campo dove potranno ricevere solo bulgur, un tipo di frumento integrale.

Sayeh Gayegbaye, portavoce dei rifugiati a Butuo, spiega che loro sanno che riceveranno cibo solo nel campo di Bahn.

“Andrei anche con piacere a Bahn, ma non per il cibo”, dice Gayehbaye. “È per quello che non voglio andarci”. Finché ci sarà da mangiare qui alla frontiera, resteremo qua, aggiunge.

Esistono diversi canti e poemi sugli orrori del bulgur, un alimento base comunemente distribuito nella regione dal Programma alimentare mondiale (WFP/PAM). Le lamentele sono diffuse: fa rivoltare lo stomaco, in altre parole, provoca diarrea.

Gli operatori del PAM dicono di conoscere queste preoccupazioni e che stanno cercando di far arrivare altri tipi di alimenti. Ma ci vuole tempo, dice il vice direttore per la regione Jerry Bailey.

“Ci sono problemi con i trasporti, con i tempi e gli arrivi”, dice Bailey. “Stiamo cercando di ottenere riso dai paesi vicini… ma se non troveremo il riso, continueremo con il bulgur”.

L’agenzia deve far fronte a una situazione in continuo mutamento, in particolare a Nimba, dove i rifugiati sono distribuiti lungo una vasta area, in gran parte difficilmente accessibile via strada, e per di più si spostano continuamente da una parte all’altra della frontiera.

Ad aprile, con l’inizio della stagione delle piogge, la praticabilità di strade e ponti sarà sempre più difficile, e alcune comunità che ospitano i profughi diventeranno praticamente inaccessibili per mesi.

La frontiera è molto permeabile e registra diffusi movimenti di mercenari. A volte gli scontri sono così vicini che si percepiscono fino in Liberia, una regione in cui le guerre hanno da sempre la tendenza ad oltrepassare il confine.

Il portavoce dell’Unhcr Sulaiman Momodu spiega che i profughi devono essere spostati per motivi di sicurezza e per una consegna efficace degli aiuti, sottolineando la difficoltà di gestire le aspettative della popolazione e al tempo stesso far fronte alla crisi.

“Siamo in uno stato di emergenza. Cerchiamo di creare stabilità e assicurare regolari campi profughi”, dice Momodu. “Ma spostare le persone è necessario”.

Mentre gli scontri si muovono velocemente verso sud in Costa d’Avorio, avviene lo stesso per la crisi dei profughi in Liberia: più di 24mila rifugiati sono da poco arrivati nella Contea di Grand Gedeh, a sud di Nimba, e il problema è allestire le infrastrutture necessarie nonostante le gravi mancanze di fondi.

A gennaio, l’Unhcr aveva chiesto 55 milioni di dollari prevedendo 50mila rifugiati. Adesso, con il doppio delle persone stimate solo in Liberia, l’agenzia sostiene di aver bisogno di oltre 132 milioni di dollari. Ad oggi, ha ricevuto appena 17,5 milioni.

“Il grosso problema è che ci servono fondi, e finora non ne abbiamo ricevuti abbastanza, ne mancano ancora molti”, dice Momodu.

Peter Saye è uno dei migliaia di liberiani le cui riserve alimentari, che sarebbero dovute durare fino al prossimo raccolto, tra almeno sei mesi, sono state decimate. Ha dato via tutto ciò che aveva nella sua cucina e in magazzino; le scorte di cassava sono quasi esaurite. La pompa dell’acqua è rimasta quasi a secco e la latrina ha straripato.

La gente va avanti e indietro per prendere il cibo in Costa d’Avorio, spiega, ma i soldati di Ouattara che adesso controllano l’area intorno al fiume prendono quasi tutta l’acqua. Ma Pellagie dice di non voler andare nel campo. “(Saye) si prende cura di noi, non c’è motivo per andare al campo”, dice.

I suoi amici sono preoccupati per lui perché ha finito quasi tutto il cibo, ma lui ribadisce che quello che ha è per tutti.

“Possono restare finché vogliono. Divideremo tutto ciò che abbiamo. Quando il cibo finirà…”. Fa una pausa, e una risatina, “beh, staremo qui ad aspettare. Possiamo solo pregare affinché Dio provveda”.© IPS