Elettori del Sud Sudan uccisi in un agguato

JUBA, Sudan, 12 gennaio 2010 (IPS/Al Jazeera) (IPS) – Almeno 11 persone sarebbero rimaste uccise nelle violenze scoppiate durante il referendum che si sta svolgendo nel Sud Sudan, secondo fonti ufficiali.

Elettori in fila al seggio a Juba, Sud Sudan Ranjit Bhaskar/Al Jazeera

Elettori in fila al seggio a Juba, Sud Sudan
Ranjit Bhaskar/Al Jazeera

Il general maggiore Gier Chuang Aluong, ministro dell’Interno del Sud Sudan, ha riferito che lunedì scorso 10 persone sono morte in un agguato mentre si recavano ai seggi.

L’annuncio è stato fatto il terzo giorno di referendum sulla secessione del meridione dal resto del paese africano.

Si pensa alle milizie della tribù dei Misseriya dietro all’ultimo attacco, avvenuto nel Kurdufan, nella parte settentrionale della regione contesa tra nord e sud.

“La tribù dei Misseriya appartiene a un paese, appartiene a uno stato, e a una leadership. Qualcuno deve assumersi la responsabilità e rendere conto di ciò che è accaduto”, ha detto Aluong, ribadendo che il nord deve accettare di assumersi le responsabilità dell’attacco.

Mohamed Wad Abuk, membro dei nomadi arabi Misseriya, ha negato ogni coinvolgimento nell’agguato.

“È falso, i Misseriya non hanno attaccato nessun convoglio. L’SPLM vuole solo sfruttare la situazione per creare confusione”, ha detto, riferendosi al principale partito del sud, il Movimento di liberazione del popolo sudanese. L’ultimo attacco è arrivato quattro giorni dopo gli scontri tra i nomadi Misseriya e la polizia del sud nella contesa regione di confine di Abyei, in passato punto caldo delle tensioni tra nord e sud.

Terzo giorno

Gli osservatori temono che gli ultimi disordini possano alimentare ulteriori scontri nel corso di un referendum per l’indipendenza altrimenti pacifico.

La regione di Abyei resta il nodo più controverso nel conflitto tra nord e sud, dopo una guerra civile durata vent’anni che ha provocato due milioni di morti.

Anche a questa regione, che ospita le riserve di petrolio del paese, era stato promesso il voto per l’auto-determinazione, ma ancora non si sa se rimarrà parte del Sudan o si unirà a un sud indipendente.

I sette giorni di referendum nel Sud Sudan potrebbero portare a un voto schiacciante per l’indipendenza, e il presidente sudanese Omar al-Bashir ha dichiarato che in questo caso lascerà che il sud, ricco di petrolio, si separi in modo pacifico.

I risultati preliminari dovrebbero essere annunciati il 7 febbraio, seguiti dai cinque giorni contemplati per possibili ricorsi in appello, e dall’annuncio dell’esito finale e incontestato previsto per il 14 febbraio.

Il Sud Sudan è tra le regioni più povere al mondo, percorsa da appena 50 chilometri di strade asfaltate.

Ma la maggior parte del petrolio sudanese si trova nel sud, dove gli oleodotti raggiungono il mare passando attraverso il nord, e collegando le due regioni tra loro economicamente.

Bashir sembra abbia detto all’ex presidente Usa Jimmy Carter che il nord si assumerebbe l’intero debito del Sudan, di circa 38 miliardi di dollari, anche in caso di secessione del Sud.

Carter, che al momento è nel paese come osservatore internazionale, ha affermato che “in un certo senso, il Sud Sudan comincerebbe con la fedina penale pulita sul debito”.

Il portavoce del presidente sudanese, Emad Sayed Ahmed, ha però negato le affermazioni in una dichiarazione all’agenzia stampa nazionale.

Bashir avrebbe detto semplicemente a Carter che dividere il peso del debito non sarebbe di nessun aiuto per il nord né per il Sud, poiché nessuno dei due ha le risorse per adempiere ai pagamenti, ha detto Ahmed.

L’ufficio di Bashir ha dichiarato che cercare di dividere il debito tra il nord e una eventuale nazione meridionale non sarebbe di “nessuna utilità”, perché il nuovo stato non sarebbe in grado di onorare il debito.

Nella dichiarazione si dice che il debito del Sudan dovrebbe essere annullato del tutto, e si aggiunge che “le responsabilità sono del nord, del sud e della comunità internazionale”. © IPS