INTERVISTA: Il dialogo interreligioso, una risposta alle sfide della modernità

ROMA, 6 maggio 2010 (IPS) – Se guardiamo alla storia delle comunità musulmane ed ebraiche, scopriamo quanto fosse fluido e ricco il dialogo fra questi due mondi nel passato. “Un dialogo che andrebbe oggi rinvigorito, cominciando col pensare alle persone come credenti, piuttosto che come ebrei o cristiani”. Ne è convinta Mona Siddiqui, teologa musulmana anglo-pakistana, direttrice del “Center for the Study of Islam” dell'università di Glasgow.

Mona Siddiqui all'Angelicum con il Rabbino Bemporad e Father Bliss

Mona Siddiqui all’Angelicum con il Rabbino Bemporad e Father Bliss

Tenere in vita il dialogo è fondamentale per affrontare le sfide poste dalla società moderna, e per cambiarla in meglio. “E’ vero che è molto difficile quantificare il cambiamento, ma sono convinta che se anche una sola persona cambia il suo modo di pensare grazie alle mie parole, allora ho ottenuto qualcosa, ho fatto il mio lavoro.”

IPS ha incontrato Mona Siddiqui in occasione della terza conferenza annuale sul dialogo interreligioso della Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, che ha riunito all’Angelicum di Roma rappresentanti del mondo ebraico, cristiano e musulmano.

Un intervento tutto improntato sul concetto di “compassione” che favorisce l’incontro e il dialogo fra le religioni monoteiste, poiché il pluralismo e la diversità che sono “volontà di Dio”.

Quanto è difficile trasferire questi concetti dentro la vita?

Nonostante certamente molto del mio lavoro sia teorico, non direi mai nulla in pubblico che io non possa ripetere in privato, e viceversa. La mia stessa vita, il modo in cui educo i miei figli, come musulmani che vivono in occidente, con amici sia musulmani che non che frequentano la nostra casa. Tutto questo rispecchia i miei studi teologici. Si potrebbe pensare che questo non c’entri con la teologia, ma al contrario, questo è teologia. Teologia non è solo riflettere sul mondo, ma tentare di renderlo migliore, in qualunque forma possibile.

Certamente, non posso fare nulla per il conflitto israelo-palestinese, o sulla questione delle sette in Iran, ma se mi si chiede di parlare delle cause di ciò che sta accadendo, o mi si chiede un’opinione, penso di avere il dovere etico di partecipare al dibattito.

Come preservare l’identità nel dialogo?

E’ importante che la gente capisca che ebrei, musulmani e cristiani non sono gruppi omogenei, che pensano e agiscono allo stesso modo; sono persone che appartengono a una fede e cercano modi per esprimerla. Anche dopo tanti anni, i media tendono a considerarmi una donna musulmana che in quanto tale rappresenta tutte le donne musulmane. Ma il massimo che io possa fare è instillare argomenti di riflessione, osservare i fenomeni del mondo, dal mio punto di vista.

Quali sono le sfide maggiori per le donne musulmane in occidente?

Il problema più grande delle donne musulmane in Europa oggi sembra essere il modo in cui si vestono, e il modo in cui vengono percepite: come persone oppresse.

Non c’è dubbio che ci siano molte donne alle quali viene impedito di scegliere o esprimere la propria opinione, essere autonome, fare la differenza per la propria vita e per quella dei propri figli. Questa è una vergogna, che però riguarda solo una parte delle comunità musulmane.

Ci sono moltissime donne musulmane che sono colte, autonome, che si esprimono e fanno molto per la loro vita e quella delle loro comunità. Ma di solito non trovano spazio sui media.

Come portare il dibattito aldilà del velo?

Penso che il velo sia un grosso problema oggi in Europa perchè è considerato un’icona dell’Islam, che mette a disagio l’occidente. E capisco anche perché. Molte donne lo indossano per autentica convinzione religiosa, ma per molte altre assume un valore quasi politico, a sottolineare la propria diversa identità.

E l’Europa sembra molto preoccupata della visibilità delle minoranze religiose. Come dire, va bene che ci siano minoranze religiose, ma quando cominciano ad affermare i propri diritti allora c’è un problema, come abbiamo visto in Germania e in Francia. © IPS