MEDIA-AMERICA LATINA: Le donne meritano un giornalismo migliore

LIMA, 4 dicembre 2009 (IPS) – “La stampa cambierà quando si smetterà di dare notizie solo dal punto di vista maschile”, ha detto Norma Añaños, viceministro per le Donne del Perù, durante il seminario internazionale per i giornalisti “Donne al Lavoro, Donne Leader”, tenutosi nella capitale peruviana.

Prima giornata del seminario

Prima giornata del seminario “Mujeres trabajando, Mujeres liderando”
Luis Gamero/IPS

Il rimprovero di Añaños si riferisce soprattutto al modo in cui i media hanno riportato la notizia dei 116 “femminicidi” (omicidi di donne basati sul genere) perpetrati in Perù tra gennaio e ottobre dai partner delle vittime, la gran parte in ambito domestico.

“Quasi tutte le notizie dei delitti vengono dalla sezione omicidi, il che è di per sè una forma di discriminazione”, ha affermato Añaños. “Sembra che, per la stampa, le donne siano importanti e meritino la prima pagina solo quando vengono uccise. Questo deve cambiare”, ha sottolineato.

Il seminario è stato organizzato a fine novembre dall’agenzia di stampa Inter Press Service (IPS), il Comitato dell’America Latina e dei Caraibi per la Difesa dei Diritti delle Donne (CLADEM) e l’Associazione dei Comunicatori Sociali Calandria, ed è stata sponsorizzata dal Fondo per il Terzo Obiettivo di Sviluppo del Millennio (Fondo MDG3) del governo olandese.

Il terzo obiettivo del millennio – per promuovere la parità di genere e l’empowerment delle donne – è uno degli otto obiettivi dello sviluppo adottati dalla comunità internazionale nel 2000, che includono inoltre la riduzione della povertà e della fame, il miglioramento della salute e dell’educazione e la protezione dell’ambiente, con traguardi specifici da raggiungere entro il 2015.

L’incontro è stato convocato da Ong quali il Centro per la Difesa dei Diritti delle Donne (DEMUS), l’Associazione di Sviluppo Comunale (ADC) e l’Associazione Nazionale dei Giornalisti (ANP), con la partecipazione del blocco commerciale Comunità Andina, il Fondo delle Nazioni Unite per le Donne (UNIFEM) e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

I rappresentanti della società civile e delle istituzioni statali, insieme a molti giornalisti, si sono occupati di parità di genere, eguaglianza nel mondo del lavoro, partecipazione politica delle donne.

In agenda, un problema concreto: come fare per rendere questi temi più allettanti per i mezzi di comunicazione?

Durante il seminario, IPS ha lanciato il manuale “Le relazioni di genere nel lavoro produttivo e riproduttivo”, scritto dalle esperte uruguayane Lilián Celiberti e Serrana Mesa.

L’antropologa Mesa, che ha partecipato alla cerimonia di presentazione del 24 novembre, ha spiegato che il manuale è pensato per aiutare ad apportare “quei piccoli cambiamenti” nel modo in cui i giornalisti e i media affrontano questi argomenti, che possono provocare nel tempo un cambiamento culturale.

In chiusura, la parlamentare peruviana Hilaria Supa ha ringraziato il pubblico nella sua lingua nativa, il Quechua, e ha raccontato la sua esperienza di vita di sfruttamento, di lotta e rivendicazione in nome delle donne indigene.

Mezzi di comunicazione e genere

“È impensabile che le donne, che costituiscono metà della razza umana, subiscano atti di violenza, e che la stampa non rifletta su questo, se non nelle pagine di cronaca nera”, ha affermato Lola Valladares, rappresentante per la regione andina di “Governance e Violenza contro le donne” di UNIFEM.

I rappresentanti delle Ong si sono uniti all’ondata di critiche contro i media, che invece di promuovere un’informazione equa per uomini e donne, continuano a ricreare stereotipi sessisti sulle donne.

Una contadina ha chiesto la parola per raccontare la sua interessante esperienza: Rosa Palomino, proveniente da Puno, sul Lago Titicaca, negli altipiani del sud est peruviano, si è definita una comunicatrice del popolo Aymara.

Palomino ha parlato ai presenti del programma radio settimanale della durata di un’ora “Wiñay Pankara” (che in lingua aymara significa “sempre in fiore”), che ha condotto per 21 anni e che intende continuare a produrre fino al giorno della sua morte.

Al contrario di molti oratori, Palomino non si è lamentata delle lacune dell’informazione. “Visto che nessuna della stazioni radio dava informazioni sulle donne, e certo non in lingua aymara, mi sono incaricata di produrre da sola il programma”, ha detto.

“Non traduco quello che dicono i giornali o le altre stazioni radio, né quello che trasmette la TV. Io visito le comunità affinché le donne possano parlarmi dei loro problemi, delle loro delusioni e speranze. E poi vado in onda e trasmetto ciò che dicono. A volte non vogliono parlare, quindi chiedo loro di cantare. Lo fanno, e poi si sentono meglio”, ha aggiunto.

Il capo dell’Associazione Calandria, Mirtha Correa, ha riconosciuto le ragioni della giornalista aymara quando ha affermato che i media ignorano molte notizie importanti, come la sempre più scarsa partecipazione delle donne in politica.

“Viviamo in un paese in cui le statistiche mostrano una sensibile crescita del PIL e una riduzione della povertà, nonostante la crisi economica mondiale, ma sono ancora i fattori economici che limitano la partecipazione politica delle donne”, ha affermato.

Ad esempio, Correa ha sottolineato come il cinque per cento dei sindaci “erano donne tra il 1999 e il 2002, ma adesso raggiungono appena il due per cento. Tra il 2003 e il 2006 tre donne erano governatori regionali, mentre ora nessuna. Questo dovrebbe fare notizia, ma non è così”.

Al seminario di Lima, Mariela Jara di DEMUS ha presentato l’Osservatorio Regionale sulle Donne nei Media, un progetto condiviso da organizzazioni in Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù, con lo scopo di monitorare e analizzare la copertura dei giornali sulla violenza di genere.

“Lo scopo è promuovere un tipo di giornalismo che sostenga l’eguaglianza, invece della violenza di genere” ha aggiunto.

“L’osservatorio fornirà indicatori per avvisare i media sui messaggi trasmessi alla gente che sanciscono la violenza di genere, e incoraggeremo la stampa a chiedersi se esiste parità nelle loro stesse redazioni”, ha aggiunto.

Inseguire le notizie

Diana Cariboni, editore regionale di IPS per l’America Latina, ha dimostrato invece come secondo l’esperienza di questa agenzia stampa, è possibile coprire le notizie sostenendo una prospettiva di genere. Ha però puntualizzato come questo dipenda più dai giornalisti stessi che dalle testate per cui essi lavorano.

Citando il rapporto del 2005 del Global Media Monitoring Project, ha sottolineato come le donne rappresentino solo il 21 per cento delle fonti cui la stampa si affida. Per i temi economici, solo il 20 per cento delle fonti sono donne, e sui temi di politica e governo, appena il 14 per cento.

Tra i portavoce citati dalla stampa, l’86 per cento sono uomini, così come l’83 per cento degli esperti consultati. Quando si tratta invece di esperienze personali, le donne vengono citate nel 31 per cento dei casi.

“I risultati del monitoraggio mostrano chiaramente una discriminazione nei confronti delle donne nell’informazione, il che significa una mancanza di equilibrio, e senza equilibrio non si può fare un buon giornalismo”, ha detto Cariboni.

“Ma come si può raggiungere un equilibrio? Prima di tutto, abbandonando l’uso di fonti stereotipate. E possiamo iniziare a farlo ora, invertendo i ruoli. Per esempio, in una storia sulla crisi economica, intervistare un’esperta, e invece che parlare con una casalinga che brontola, trovare per la strada un uomo da intervistare”.

Attraverso alcuni esempi della copertura mondiale dell’IPS, Cariboni ha poi sfidato i giornalisti ad andare a cercare le notizie. “Le notizie non cadono dal cielo, dobbiamo uscire per andare a cercarle perché questo è il nostro lavoro, e questo è ciò che la gente si aspetta da noi”, ha sottolineato.

“Dobbiamo parlare con le persone, visitare le comunità in cui vivono, e dare notizie dai luoghi in cui gli eventi stanno accadendo. Nessuno lo farà al posto nostro”, ha affermato.

Cariboni ha inoltre parlato della necessità di sviluppare una rete di fonti non tradizionali, e di mostrare le donne non solo come vittime o soggetti passivi, ma anche come attori chiave e personaggi centrali. “Se vogliamo che si smetta di parlarne in modo discriminatorio nelle notizie, registriamo il loro nome per intero, e smettiamola di chiamare le donne povere solo con il loro nome”.

Cariboni ha presentato numerosi articoli di IPS caratterizzati da ricerche approfondite, dall’uso di diverse fonti, con un’immediata analisi degli eventi, e che in particolar modo riportano le voci di persone che difficilmente fanno notizia.

“Il nostro lavoro non è riprodurre comunicati ufficiali e dichiarazioni, ma andare fuori e pubblicare le notizie di cui la gente ha bisogno”, ha concluso l’editrice regionale. © IPS