MEDIA: Isole Figi, nuova stretta repressiva sui media

SUVA, 14 aprile 2009 (IPS) – Nelle isole Figi si respira una calma inquietante, da quando pochi giorni fa il presidente ha abrogato la costituzione, promulgato regolamenti d’emergenza, e reinsediato il leader golpista del 2006, il commodoro Frank Bainimarama, come primo ministro ad interim.

L’amministrazione di Bainimarama ha immediatamente emesso un decreto che prevede una dura repressione sui media.

All’origine dei singolari sviluppi della vicenda, una sentenza emessa giovedì scorso da una corte d’appello che dichiarava illegittima la nomina di Bainimarama e del suo governo ad interim del presidente Ratu Josefa Iloilo dopo il colpo di stato del 2000. Il ricorso era stato presentato dal primo ministro spodestato Laisenia Qarase contro una precedente sentenza della Corte suprema che aveva convalidato la nomina del governo ad interim presieduto da Bainimarama.

Poche ore dopo la sentenza di giovedì, Bainimarama ha dichiarato in un discorso al paese che sarebbe tornato in caserma per rispettare il giudizio della corte e aspettare la mossa successiva del presidente. Il giorno seguente, il presidente ha abrogato la costituzione, promulgato regolamenti d’emergenza e sciolto la magistratura, e si è autonominato capo di stato sotto un nuovo “ordine legale”.

Sabato scorso, ha rinominato Bainimarama primo ministro ad interim, attirandosi le forti critiche della comunità internazionale.

Il ministro degli Esteri neozelandese Murray McCully ha definito l’iniziativa un grave passo indietro che non farà altro che “aggravare i problemi che gli abitanti delle Figi già devono affrontare”.

Secondo il primo ministro australiano Kevin Rudd, le iniziative di Bainimarama hanno trasformato le Figi in una dittatura militare, con la sospensione della libertà di stampa e altre azioni che rischiano di compromettere la prosperità per gli abitanti dell’arcipelago.

Bainimarama, come suo solito, si è fatto beffe delle reazioni internazionali; in un discorso alla nazione sabato scorso ha chiarito che le prossime elezioni si terranno solo nel 2014.

Note come un paradiso del Pacifico, le Figi hanno subito ben quattro colpi di stato negli ultimi 20 anni, a causa delle tensioni tra gli indigeni figiani e le popolazioni di etnia indo-figiana.

Gli indigeni figiani rappresentano il 56,8 per cento della popolazione, di 837mila abitanti, mentre il 37,5 per cento è costituito dagli indo-figiani, portati alle Figi dall’India sotto il dominio coloniale inglese per soddisfare la richiesta di manodopera per le coltivazioni di canna da zucchero.

Nel 1987, il colonnello Sitiveni Rabuka orchestrò due golpe militari per impedire ciò che considerava un governo dominato dagli indiani. Il terzo golpe nel 2000 fu organizzato dall’imprenditore demagogo George Speight, anche in nome dei diritti degli indigeni.

Nel 1986, gli indo-figiani erano il 51 per cento della popolazione totale, ma una forte migrazione seguita ai colpi di stato e il minore tasso di natalità a partire dagli anni ’60 hanno portato ad un calo nella presenza di questa etnia nell’arcipelago. Bainimarama ha definito l’ultimo golpe un’“operazione di pulizia” contro il governo di Qarase, giudicato razzista e corrotto. La comunità internazionale, guidata da Australia e Nuova Zelanda, ha respinto questa visione: dopo che le accuse contro Qarase si erano rivelate infondate, hanno intensificato le pressioni sul capo militare dopo che questi aveva disatteso la promessa di indire le elezioni a marzo di quest’anno.

Gli sviluppi della scorsa settimana hanno lasciato sconcertate le due superpotenze della regione. Australia e Nuova Zelanda avevano sperato che le minacce di esclusione dal Commonwealth, un gruppo di nazioni formato dalle ex-colonie britanniche, e dal raggruppamento politico ed economico regionale del Forum delle Isole del Pacifico, avrebbero alla fine portato Bainimarama a cedere. Ma la loro strategia sembra essere fallita, e il commodoro non solo ha consolidato il proprio potere sul paese, ma anche attuato ulteriori restrizioni alle libertà grazie alle leggi d’emergenza.

Da sabato scorso, poliziotti in borghese e funzionari per il controllo dell’informazione setacciano tutte le redazioni dei principali media per bloccare la pubblicazione di qualsiasi materiale che possa “incitare alla rivolta”. Domenica scorsa, il principale quotidiano nazionale The Fiji Times ha lasciato alcuni spazi in bianco per mettere in risalto la censura effettuata sulle notizie; a causa delle restrizioni, la Fiji Television non ha messo in onda il consueto notiziario delle 18.

Di fronte a questa situazione, Bainimarama ha dichiarato di voler rivolgere un appello alla cooperazione ad altre nazioni, ma sempre assicurando che il suo governo sarebbe rimasto al potere fino al 2014.

Alcuni leader hanno definito poco utile la posizione di Australia e Nuova Zelanda nei confronti delle Figi. Il primo ministro della Papua Nuova Guinea, Michael Somare, aveva dichiarato ai leader del Forum delle Isole del Pacifico lo scorso gennaio di essere contrario a qualsiasi proposta dell’Australia di sospendere le Figi a causa della promessa non mantenuta di Bainimarama di indire le elezioni. ”Sono fermamente convinto che adottare un approccio isolazionista non sarà d’aiuto”, aveva detto Somare in un discorso scritto fatto circolare tra i 15 ministri durante il meeting.

La Nuova Zelanda ha dichiarato che non prenderà in considerazione sanzioni commerciali, ma l’Australia ha detto di non escludere l’applicazione di misure punitive.

La situazione economica delle Figi è drammatica. La Reserve Bank ha dichiarato che le previsioni di crescita del 2,4 per cento per il 2009 non verranno raggiunte. L’economia è rimasta colpita dalle forti alluvioni di gennaio, e dalle previsioni di un calo del turismo dovuto alla recessione globale. Anche l’industria dello zucchero, un tempo pilastro dell’economia del paese, è in grave difficoltà.