Si alzano le voci contro il nucleare a Vienna

VIENNA, Dic, 2014 (IPS) – Il pubblico è scoppiato in una risata amara
alle
parole di un delegato della società civile, che
si
è detto “ammirato per il rappresentante
statunitense il quale, con un intervento
indelicato, inopportuno e diplomaticamente
inetto”
era “riuscito a disperdere la notevole volontà
mostrata dagli Usa nella decisione di
partecipare”
alla Conferenza sull’impatto umanitario delle
armi
nucleari recentemente tenutasi a Vienna.

Delegati alla Conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari tenutasi a dicembre a Vienna  Ippnw Deutschland/cc by 2.0

Delegati alla Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari tenutasi a dicembre a Vienna
Ippnw Deutschland/cc by 2.0

L’oratore era Richard Lennane, che si fa chiamare il “chief inflammatory officer” di Wildfire, un’iniziativa per il disarmo con sede a Ginevra, intervenuto a Vienna in occasione della terza conferenza dedicata a questo tema dopo quella di Oslo (Norvegia) del 2013 e di Nayarit (Messico) di febbraio 2014.

Ma al meeting di Vienna erano presenti per la prima volta Stati Uniti e Gran Bretagna, due dei cinque membri del cosiddetto “club nucleare”, insieme a Francia, Russia e Cina.

Il linguaggio diplomatico di Washington era tuttavia ben lontano dal clima suscitato dalle dichiarazioni dei sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki e ai test nucleari in Australia, Kazakhastan e Isole Marshall: tutte testimonianze di un forte impatto emotivo sugli effetti terribili delle armi nucleari, affiancate da presentazioni che hanno illustrato dati e studi.

L’ambasciatore Adam Scheinman, rappresentante speciale del presidente degli Stati Uniti per la non proliferazione, ha assicurato che “l’impegno da noi sostenuto in questi decenni è stato la dimostrazione di aver chiaramente compreso le conseguenze umanitarie dell’utilizzo di armi nucleari”.

Un’affermazione che non solo ha lasciato indifferenti i partecipanti ma che non ha dato nessun motivo di speranza sul fatto che la conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione (TNP) del prossimo anno possa dare qualche frutto.

Tanto più che in una dichiarazione congiunta, l' Associazione per il controllo delle Armi, l’Istituto per l’Energia e la Ricerca Ambientale, il Progetto per l’informazione sul nucleare della Federazione degli Scienziati americani, gli Scienziati per la responsabilità sociale e l’Unione degli scienziati impegnati hanno sottolineato come “quasi cinque anni dopo la conferenza di revisione del TNP del 2010, l’attuazione del piano d’azione per il consenso – in particolare le 22 fasi interconnesse verso il disarmo – sia stata molto deludente”.

“Dall’entrata in vigore del nuovo Trattato per la riduzione delle armi strategiche (nuovo START) nel 2011 – si precisa nella dichiarazione – Russia e Stati Uniti non sono riusciti ad avviare dei colloqui per ridurre ulteriormente i loro arsenali nucleari, ancora smisurati, che vanno ben oltre ogni plausibile criterio di deterrenza”.

Il 2015 è anche l’anno del 70esimo anniversario dei bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki, le cui conseguenze sono ancora vive tra gli hibakusha (sopravvissuti) e le loro famiglie, come ha ricordato in un’appassionata dichiarazione Setsuko Thurlow, Ambasciatore per la pace di Hiroshima, sopravvissuto all’esplosione nucleare del 6 agosto 1945.

“Le conseguenze dell’uso di armi nucleari sarebbero devastanti, durature e inaccettabili. I governi non possono limitarsi a constatare l’evidenza e a sentire le testimonianze di queste vicende umane senza agire”, ha detto Akira Kawasaki, della Ong giapponese Peace Boat.

“L’unica soluzione è bandire ed eliminare le armi nucleari, e dobbiamo cominciare adesso”, ha aggiunto Kawasaki.

L’ambasciatore Usa Scheinman ha tentato di rassicurare la platea con una dichiarazione preparata prima del dibattito: “Gli Stati Uniti sono pienamente consapevoli delle conseguenze dell’uso di armi nucleari e danno la massima priorità ad evitarne l’utilizzo. Gli Stati Uniti stanno dalla parte di tutti coloro che cercano la pace e la sicurezza in un mondo senza armi nucleari”.

Gli Usa, ha proseguito, “hanno lavorato e continueranno a farlo per creare le condizioni per un mondo senza nucleare con l’aiuto dei diversi strumenti, trattati e accordi a disposizione, incluso il Trattato di non proliferazione”.

Noncurante della veridicità delle affermazioni Usa, il discorso asciutto e stereotipato di Scheinman contrastava nettamente con gli appelli appassionati dei rappresentanti di 44 sui 158 Stati partecipanti, secondo i quali finché le armi nucleari esisteranno, i rischi legati al loro utilizzo per volontà, errore di calcolo o follia, errore tecnico o umano, resteranno reali.

Tra i paesi che si sono detti favorevoli ad un trattato per il divieto alla Conferenza di Vienna: Austria, Bangladesh, Brasile, Burundi, Ciad, Colombia, Congo, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Egitto, El Salvador, Filippine, Ghana, Giamaica, Giordania, Guatemala, Guinea Bissau, Indonesia, Kenya, Libia, Malawi, Malesia, Mali, Messico, Mongolia, Nicaragua, Qatar, Saint Vincent e Grenadine, Santa Sede, Samoa, Senegal, Sud Africa, Svizzera, Tailandia, Timor Est, Togo, Trinidad e Tobago, Uganda, Uruguay, Venezuela, Yemen, Zambia e Zimbabwe.

Papa Francesco, facendo eco ai sentimenti dei popoli di tutto il mondo, ha chiesto in un messaggio trasmesso ai presenti che le armi nucleari vengano “vietate una volta per tutte”.

In una nota trasmessa da Angela Kane, Alto Rappresentante dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Disarmo, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha dichiarato che le iniziative di Oslo, Nayarit e Vienna hanno “portato l’aspetto umanitario in prima linea tra i temi legati al disarmo nucleare; hanno motivato la società, così come i governi; ci hanno costretto a tenere a mente i catastrofici effetti che qualsiasi uso delle armi nucleari provocherebbe”.

Contestando il fondamento logico alla base delle armi nucleari, Ban – noto per il suo impegno per il disarmo – ha detto che avere sempre presente le terribili conseguenze del nucleare è fondamentale per contrastare coloro che considerano queste armi la risposta logica alle crescenti tensioni internazionali, o un segno di prestigio nazionale.

Ban Ki-moon ha poi criticato “l’insensatezza di investire nella modernizzazione dei mezzi per la distruzione reciproca, mentre non riusciamo a risolvere le sfide poste dalla povertà, dal cambiamento climatico, dall’integralismo e dall’accumulo destabilizzante di armi convenzionali”.

“Nel settantesimo anno dell’era nucleare – ha detto Ban – il possesso di armamenti nucleari non impedisce le dispute internazionali ma al contrario rende i conflitti più pericolosi”.

Inoltre, ha aggiunto, mantenere le proprie forze in allerta non garantisce la sicurezza ma aumenta la probabilità di incidenti. Sostenere la teoria della deterrenza nucleare non impedisce la proliferazione ma rende queste armi più appetibili.

L’aumento del numero di paesi dotati di nucleare non assicura la stabilità globale ma piuttosto la compromette: una prospettiva sulla quale hanno concordato anche le organizzazioni religiose riunite a Vienna.

(Traduzione e editing a cura di Francesca Buffo)