Cittadinanza globale: ‘Dall’io al noi alla pace’

NAZIONI UNITE, sett, 2014 (IPS) – Se esistesse una Silicon Valley della cultura di pace, probabilmente punterebbe alla cittadinanza globale come cardine della prossima grande rivoluzione industriale.

Le Nazioni Unite hanno organizzato negli ultimi tre anni diversi Forum di alto livello sul tema della Cultura della Pace. L’Ambasciatore Chowdhury è stato moderatore di uno degli incontri dello scorso anno. ONU/Evan Schneider

Le Nazioni Unite hanno organizzato negli ultimi tre anni diversi Forum di alto livello sul tema della Cultura della Pace. L’Ambasciatore Chowdhury è stato moderatore di uno degli incontri dello scorso anno.
ONU/Evan Schneider

“La cittadinanza globale, o l’umanità nella sua interezza, è l’elemento fondamentale della cultura della pace”, ha detto all’IPS l’ex sottosegretario generale e alto rappresentante delle Nazioni Unite Anwarul Chowdhury a latere del recente incontro di alto livello dell’Assemblea Generale dell’Onu sulla Cultura della Pace.

L’incontro ha ospitato dibattiti sulla cittadinanza globale e il contributo delle donne e dei giovani nella costruzione di una comunità globale basata sulla non violenza.

Alla fine degli anni ’90, l’Ambasciatore Chowdhury era stato il primo ad introdurre il tema della cultura della pace nell’agenda dell’Onu. Un concetto che cominciava a prendere piede nell’Organizzazione per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), ma che Chowdhury aveva voluto portare ad un più alto livello di dibattito.

Le Nazioni Unite avevano bisogno di una svolta radicale nelle operazioni di peacekeeping “per incentrarsi sulla trasformazione degli individui e delle comunità umane”, ha detto Chowdhury all’IPS.

Nel 1999, su pressioni di Chowhdury, l’Assemblea Generale ha adottato la fondamentale Risoluzione 53/243 nel quadro della “Dichiarazione e Programma d’Azione su una Cultura della Pace”. Nella risoluzione si afferma che la cultura di pace è un modello di vita basato sulla non violenza, l’integrità territoriale, i diritti umani, il diritto allo sviluppo, la libertà d’espressione e la promozione di pari diritti tra uomini e donne.

Nell’articolo 4 si specifica che “l’istruzione a tutti i livelli costituisce uno dei principali strumenti per costruire una cultura di pace”. Governi, società civile, media, genitori e insegnanti sono tutti chiamati a promuovere una cultura pacifica.

La risoluzione del 1999 ha inoltre proclamato il “Decennio internazionale per una cultura di pace e non violenza per i bambini del mondo”, dal 2001 al 2010.

Nonostante il decennio sia formalmente terminato, la cultura di pace resta un tema fondamentale quindici anni dopo l’adozione della Risoluzione 53/243: ogni anno, l’Assemblea Generale adotta una nuova risoluzione che ribadisce l’impegno degli Stati membri a costruire una cultura di pace.

L’evento di quest’anno si è costruito sulle basi del successo dei due forum precedenti, nel 2012 e 2013, rendendo possibile un confronto di idee tra Stati membri, organismi dell’Onu e società civile sul modo migliore per promuovere la non violenza, la cooperazione e il rispetto per tutti.

Il segretario generale Ban Ki-moon ha dichiarato all’apertura dell’incontro: “Occorrono nuove forme di alfabetizzazione culturale e diplomazia tra le società e all’interno di esse, e (…) servono programmi educativi per consolidare la solidarietà e la cittadinanza globale”. “Ogni giorno – ha detto – vedo quanto ci sia bisogno di una nuova cultura della mediazione, della risoluzione dei conflitti, della costruzione e del mantenimento della pace”.

Tra i diversi interventi al forum, la direttrice esecutiva di UN Women, Lakhsmi Puri, ha sottolineato il ruolo delle donne nella costruzione e nel sostegno di una cultura di pace.

Le donne devono essere viste come attori fondamentali nella prevenzione dei conflitti”, ha detto. “Le donne, le madri, le nonne e le altre componenti della famiglia infatti sono spesso le prime insegnanti dei ragazzi: hanno un ruolo centrale nell’educazione dei giovani ai valori della pace”.

Le donne dovrebbero portare la propria leadership e le proprie soluzioni al tavolo della pace, secondo i partecipanti. Anche i giovani sono cruciali nel fare della cultura di pace una realtà.

“I giovani sono agenti di pace”, ha detto Ahmad Alhendawi, inviato speciale per la gioventù del segretario generale. “Dobbiamo continuare a collaborare per garantire che la più folta generazione di umani rappresenti un’opportunità, non un ostacolo per la società attuale”.

Kathleen Kuehnast, direttrice del Centre for Gender and Peacebuilding dell’Istituto degli Stati Uniti per la Pace, ha ricevuto gli applausi del pubblico per la sua idea di una nuova prospettiva della cultura di pace, associata ad un’imprenditoria creativa e vitale.

“Dobbiamo incentivare la costruzione della pace”, ha detto. “Dobbiamo pensare alla cultura di pace come a un’esperienza di start-up. Serve una Silicon Valley orientata agli approcci non violenti per la risoluzione dei problemi a livello globale”.

Dorothy J. Maver, presidente della National Peace Academy di New York, ha individuato nuove tendenze e concetti forieri di un’ascesa della cittadinanza globale, come quelli di economia condivisa (sharing economy), beni comuni globali (global commons) e dialogo bio-regionale (bioregional dialogue).

Come comunità umana, “stiamo passando dall’io al noi”, ha detto Mayer. La cittadinanza globale è la strada “dall’io al noi alla pace”.

Le nazioni Unite sono grandi sostenitrici della cittadinanza globale e della cultura di pace, ma potrebbero fare di più per diffondere il messaggio, secondo Chowdhury.

“L’Onu ha puntato e investito quasi tutti i fondi in attrezzature per il mantenimento della pace”, ha detto l’ambasciatore all’IPS, mentre dovrebbe concentrarsi di più sulla “trasformazione degli individui in agenti di pace e non violenza”.

Investire denaro in infrastrutture educative non basta, ha aggiunto, perché non ci sono garanzie di una corretta istruzione. Le Nazioni Unite devono lavorare di più con le comunità e la società per costruire sistemi educativi che insegnino ai giovani ad essere cittadini del mondo.

“Deve essere un approccio onnicomprensivo”, ha detto. “E un investimento nella trasformazione”.

Dorothy J. Maver ha osservato che “l’energia segue il pensiero, e sappiamo che su qualsiasi cosa decidiamo di puntare, avremo maggiori risultati in quella direzione”.

I sostenitori della cultura di pace contano sul fatto che le energie e le idee sorte dal forum di settembre porteranno un forte messaggio di cittadinanza globale alla comunità mondiale, per una vera trasformazione.

(Traduzione e editing di Francesca Buffo)