Il riciclaggio dei rifiuti, un mestiere retribuito in Colombia

BOGOTA, Colombia, mag 2013 (IPS) – Nora Padilla, una delle sei vincitrici del premio Goldman per l’ambiente 2013, coordina il riciclaggio dei rifiuti nella capitale colombiana, i cui otto milioni di abitanti cominciano solo ora, e con riluttanza, a separare i rifiuti alla fonte.

Matt Lemmon/CC BY-SA 2.0 Matt Lemmon/CC BY-SA 2.0

Matt Lemmon/CC BY-SA 2.0
Matt Lemmon/CC BY-SA 2.0

I raccoglitori di rifiuti in Colombia sono stati finalmente riconosciuti dallo Stato, dopo 10 anni di battaglie legali.

I riciclatori informali di Bogotà sono adesso ufficialmente fornitori di un pubblico servizio, e dallo scorso marzo ricevono dal municipio l’equivalente di 44 dollari ogni tonnellata di rifiuti solidi riciclabili raccolta e consegnata.

Questo introito si aggiunge al ricavo ottenuto vendendo materiale riciclabile pulito e processato nei centri di smistamento, che pagano al chilo.

Finora, prima che il Comune emanasse il decreto che riconosce il compenso per un servizio che i riciclatori offrono al sistema di gestione dei rifiuti urbano, solo i grandi consorzi privati venivano retribuiti per il trasporto dei rifiuti solidi, in un’industria che raccoglie giornalmente 7.700 tonnellate di spazzatura.

Siamo soddisfatti perché è una conquista per i riciclatori non solo di Bogotà ma di tutto il paese”, ha detto Padilla all’IPS di recente intervistata al telefono da San Francisco, California, dove era andata per ritirare il Goldman Prize, ribattezzato “Nobel Verde”.

“Questa vittoria – perché è una vittoria il fatto che dopo così tanti anni di lotta il lavoro di queste persone sia stato riconosciuto e valorizzato, e sia stata fatta giustizia sociale, stabilendo una retribuzione – è una conquista che comincia a essere notata dal resto del mondo”, ha aggiunto.

Padilla guida l’Associazione per il riciclaggio di Bogotà (ARB), organizzazione pioniera nata nel 1987 che oggi riunisce circa 5mila membri, un terzo dei riciclatori informali della città.

“Chi fa questo mestiere in tutti i continenti, in ogni paese che conosciamo, sta dicendo ‘se è stato possibile, allora anche per noi’ può essere riconosciuto il modello applicato nella capitale colombiana, nel quadro del sistema più generale di gestione dei rifiuti, spiega Padilla.

“Non è solo una vittoria per i riciclatori di Bogotà, ma per quelli di tutto il mondo”, dice. “Ringraziamo la città, perché ha cominciato a riconoscere il riciclaggio come una professione con dei diritti”.

Pandilla si definisce un “raccoglitore della base, cioè fornitore di un servizio pubblico fondamentale”. Calcola che i raccoglitori di rifiuti come lei raccolgono 100 volte più materiale riciclabile dell’industria formale di Bogotà.

Finora, i camion delle imprese private trasportavano l’immondizia nella gigantesca discarica di Doña Juana a sud della città, dove vengono pagati a peso, perciò la separazione dei rifiuti riciclabili non è una priorità per loro.

La discarica è nata nel 1988 e ormai ha raggiunto il limite della sua capacità. Negli ultimi anni ci sono state frequenti denunce per i liquidi in decomposizione scaricati da qui nel vicino Tunjuelo, affluente del fiume Bogotà, che a sua volta sfocia nel fiume Magdalena che attraversa da sud a nord il paese.

Negli Stati Uniti, si stima che la quantità di energia rilasciata dai rifiuti in alluminio e acciaio, vetro e plastica non riciclati equivale a quella di 15 centrali elettriche di media grandezza, secondo la Global Alliance for Incinerator Alternatives (GAIA). In Colombia questi dati non esistono.

“Cominciai a fare questo lavoro sin da molto piccola. Quando avevo sette o otto anni andavo già nelle discariche, o a El Cartucho”, uno slum nel cuore di Bogotà, racconta Padilla.

La donna ricorda con orgoglio che la prima decisione dell’associazione è stata quella di garantire che i figli dei soci non dovessero uscire con i genitori a rimestare tra i rifiuti. Per garantirlo, tutti i membri cominciarono a pagare un salario ad alcune donne della ARB per occuparsi dei bambini mentre gli adulti andavano a lavorare per strada.

Sarebbero circa 25mila le persone che a Bogotà vivono della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti, che rivendono ai circa 1.360 centri di smaltimento.

Un censimento sui raccoglitori di rifiuti di Bogotà commissionato dal Comune della città nel 2012 ha registrato 13.984 raccoglitori organizzati, di cui il 68,7 percento uomini. La metà ha un’età compresa tra i 26 e i 50 anni, il 10 percento più di 60 anni e il 5,2 percento è minorenne, mentre il 14,8 percento ha tra i 18 e i 25 anni.

Ma l’analisi non ha incluso la popolazione sommersa e non organizzata del settore, tra cui i senzatetto, non associati alla ARB.

Lo scorso 21 marzo si è verificato un evento storico in Colombia, che ha richiamato l’attenzione della giuria del Premio Goldman: 790 riciclatori sono stati pagati per aver trasportato nell’arco di due mesi ben 5.700 tonnellate di rifiuti riciclabili ai centri di smistamento. Pochi giorni dopo, è avvenuto lo stesso con altre 700 persone.

Questo nuovo progetto è nato in risposta ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2011, che ordinava di promuovere iniziative di inclusione sociale per la popolazione emarginata di raccoglitori e riciclatori di rifiuti di Bogotà.