ENERGIA-EGITTO: Ripartono i progetti per l’energia solare dopo le rivolte

IL CAIRO, 24 giugno 2011 (IPS) – Visto il caldo asfissiante, il ronzio dell’aria condizionata e dei ventilatori non si ferma un attimo nella capitale egiziana. Così, diventa sempre più importante aggiungere nuove fonti energetiche alla rete nazionale di fornitura elettrica, che attualmente dipende per l’85 percento dai combustibili fossili.

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Questa popolosa città ha subito diversi tagli ad acqua e elettricità l’estate scorsa, che hanno creato il caos. I consumi nel 2010 ha raggiunto i 2.600 megawatt, un incremento del 13,5 percento rispetto all’anno precedente.

Fino a mille anni fa, gli antichi egizi adoravano il dio del Sole, Ra. Ma ci sono voluti secoli prima che il paese cominciasse a rendersi conto della sua importanza come fonte di energia. I progressi in questo campo sono lenti, nonostante l’Egitto sia una delle zone del mondo dove la radiazione solare è massima.

A meno di 100 chilometri dal Cairo sorge Kuryamat, il primo impianto solare del paese che si prevede sarà in grado di produrre 120 megawatt. È una centrale mista, 20 megawatt verranno generati dall’energia solare e 100 dal gas naturale.

L’attivazione dell’impianto era inizialmente prevista per dicembre 2010, ma è stata rinviata diverse volte per vari motivi. L’ultimo, la rivolta popolare cominciata il 25 gennaio.

“I partner stranieri del progetto se ne sono andati e non possiamo andare avanti”, ha detto Jaled Fekry, direttore ricerca e sviluppo dell’Autorità dell’energia nuova e rinnovabile (NREA). La tecnologia è stata fornita dalle imprese tedesche Ferrostaal e Flagsol, filiale di Solar Millenium.

Kuryamat è all’ultima fase dei test di messa a punto, che Fekry spera siano ultimati alla fine di questo mese.

A luglio 2010 era stata annunciata la costruzione di un secondo impianto a energia solare di 100 megawatt a Kom Ombo, che dovrebbe essere pronta per il 2017.

“Puntiamo a ricavare altri 200 megawatt per le fabbriche di cemento, e 1.000 megawatt per il settore privato”, ha segnalato.

Sono piani ambiziosi, ma in linea con l’obiettivo di generare il 20 percento dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2020. Un terzo, o 7.200 megawatt proverranno dall’energia solare, che Fekry considera un traguardo fattibile.

I progetti su larga scala non avranno per ora conseguenze dirette sulla popolazione in generale, ma un’impresa sostenuta dalla NREA e il ministero per l’Ambiente italiano ha cambiato la vita alle popolazioni del deserto occidentale.

I villaggi di Ain Zahra e Umm al Saghir non sono collegati alla rete elettrica nazionale, ma da dicembre 2010 le loro scuole, moschee e ospedali sono alimentate a pannelli fotovoltaici.

Gli ingegneri della NREA sono rimasti sul posto per offrire formazione alla popolazione locale. In sei mesi non c’è stata nessuna lamentela, ha detto Fekry.

L’energia prodotta da pannelli fotovoltaici è adatta alle zone più remote, ha spiegato l’esperto Mohab Hallouda, della Banca mondiale, ma “il prezzo deve scendere perché possa diventare un’alternativa percorribile per la rete nazionale”.

Lontano dalla burocrazia delle proposte statali, il progetto SolarCITIES permette di portare elettricità alle zone svantaggiate, come Darb el Ahmar e Manshiet Nasser, due dei quartieri più poveri del Cairo.

Molti degli abitanti della zona non possono comprare impianti di riscaldamento. Le donne sono costrette a bollire l’acqua in cucine a cherosene. In genere in inverno aumentano i casi di ustione.

Mustafa Hussein, residente a Dar bel Ahmar, è uno dei primi partecipanti di SolarCITIES. Si è convinto della sua utilità dopo aver incontrato Thomas Culhane, fondatore dell’iniziativa, che ha disegnato un prototipo di pannello solare e di radiatore.

Il sistema è stato costruito con 25mila dollari concessi dall’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, e sono già state collocate 35 unità.

Amm Hassain, 70 anni, è stato uno dei primi ad accedere all’impianto dell’unità sul tetto di uno degli edifici. Nella sua famiglia, nessuno è costretto all’arduo compito di bollire l’acqua per il bagno, né è esposto al pericolo di ustioni.

L’unità offre 200 litri di acqua al giorno, che è sufficiente per 10 persone e permette anche di avere una riserva fredda di 200 litri nel caso di tagli alla fornitura nella zona.

“Abbiamo coinvolto direttamente la comunità. Io vivo qui, conosco il posto e so come rapportarmi con le persone”, ha detto Mustafa Hussein, che crede che i progetti di questo tipo abbiano più valore.

Ma senza nuovi fondi, SolarCITIES non potrà prosperare. Il costo di ogni unità, 678 dollari, è una cifra molto alta per gli abitanti del posto, il cui reddito si aggira intorno ai 610 dollari all’anno.

Secondo Hussein, la gente si renderà conto dell’importanza dell’energia solare nei prossimi anni. “Ci saranno altri tagli alla rete elettrica. L’estate scorsa è mancato il gas e alcune persone sono morte per assicurarselo”, ha raccontato.

Fekry vorrebbe che l’Egitto seguisse l’esempio di Tunisi. “Il governo tunisino ha sovvenzionato scalda acqua solari dandoli a credito e a bassi tassi di interesse”, ha spiegato.

Ma con regole del gioco inique è poco probabile che ci sia un cambio di paradigma in favore del settore delle energie rinnovabili. Anche con l’eliminazione progressiva dei sussidi al gas, l’energia ricavata dai combustibili fossili continua ad essere la più economica, e l’assenza di concorrenza non permetterà di ridurre i costi dell’energia solare come alternativa.

L’impianto di Kuryamat è costato 360 milioni di dollari, e si stima che quello di Kom Ombo raggiungerà i 270 milioni. Il governo egiziano prevede di spendere tra i 100 e i 120 miliardi di dollari per triplicare la capacità di generare elettricità entro il 2027.

Fekry attribuisce la responsabilità degli alti costi dell’energia solare alle tasse imposte sui componenti di questi impianti. Gli investitori stranieri devono inviare denaro in Egitto adesso, non aspettare che ci sia stabilità”, ha aggiunto. © IPS