MESSICO: Giornalisti e cittadini sfidano le barriere

CITTÀ DEL MESSICO, 3 maggio 2011 (IPS) – In Messico, il paese vittima della più efferata ondata di violenza contro i giornalisti in tutto il continente americano, tre diverse esperienze tentano di opporsi a queste dinamiche generatrici di autocensura.

Radio Chinelo Radio Chinelo

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“Abbiamo imparato ad affrontare il temporale in tempi in cui piovono proiettili”, ha detto all’IPS il giornalista Javier Valdez, giornalista del settimanale Río Doce, diffuso nelle principali città e municipi dello stato nordoccidentale di Sinaloa.

“Vivere a Sinaloa è già di per sé una minaccia, ed essere un giornalista lo è ancor di più, ma non c’è soluzione, perché l’unica alternativa è non fare nulla”, ha affermato Valdez, autore di diversi libri sul narcotraffico.

Río Doce è stato fondato nel febbraio 1993 da alcuni reporter provenienti dal quotidiano Noroeste, e in poco tempo è diventato un punto di riferimento obbligato del giornalismo di approfondimento, in uno stato che ospita uno dei più potenti cartelli della droga (il cartel di Sinaloa, guidato da Joaquín “El Chapo” Guzmán Loera).

Nel settembre 2009, il giornale subì un attacco con delle granate lanciate contro la redazione. “Quando abbiamo fondato Río Doce non abbiamo detto: faremo del giornalismo investigativo sul narcotraffico, in realtà è che ci siamo ritrovati improvvisamente in questo uragano. Perché è inevitabile. Qui, come in molte altre zone del paese, tutte le strade portano al narcotraffico”, ha commentato il giornalista.

Il settimanale, che quest’anno ha cominciato a lavorare con le reti sociali, ha quattro direttori – tutti giornalisti – e sei collaboratori. Fa parte di una società che comprende imprenditori, politici e accademici. Ma la linea editoriale non si negozia con nessuno.

“Verifichiamo molto le informazioni e tra di noi c’è piena fiducia. Ed è fondamentale, perché qui in alcuni giornali ci sono stati casi in cui un giornalista non firmava un pezzo, e il giorno dopo l’agente di polizia citato nell’articolo gli diceva di sapere che era stato lui a scriverlo”, racconta Valdez.

“Abbiamo dovuto anche imparare a gestire l’informazione, perché è meglio pubblicare il 10 percento delle notizie che abbiamo a disposizione, ben documentate, piuttosto che non pubblicare niente”, ha aggiunto.

Questo 3 maggio, Giornata mondiale della libertà di stampa, il tema scelto dalle Nazioni Unite è i “Media del ventunesimo secolo: nuove frontiere, nuove barriere”.

La data coincide quest’anno con il ventesimo anniversario della Dichiarazione di Windhoek per la promozione dei mezzi di comunicazione liberi e pluralisti, una sfida ogni giorno più difficile in Messico.

Il Rapporto speciale sulla libertà d’espressione in Messico 2010, presentato il 7 marzo dall’ufficio del Rapporteur speciale sulla libertà d’espressione della Commissione interamericana dei diritti umani, segnala che “dal 2000, il Messico è il paese più pericoloso per l’esercizio del giornalismo nelle Americhe”.

Lo studio, parte del capitolo II del Rapporto annuale 2010 del Rapporteur speciale, sottolinea tre preoccupazioni in particolare: l’impunità generalizzata per l’assassinio di giornalisti e altri “gravissimi” atti di violenza contro la stampa, la “forte concentrazione della proprietà e del controllo” dei mezzi di comunicazione che utilizzano frequenze radio e televisive, e la crescente tendenza a limitare il diritto di accesso all’informazione pubblica”.

Il settantadue percento delle stazioni radio sono controllate da 10 gruppi, secondo l’Associazione mondiale delle radio comunitarie, che ha denunciato la criminalizzazione e le continue persecuzioni contro le emittenti comunitarie del paese.

Ma mentre le violenze aumentano e i due principali gruppi monopolistici messicani – Televisa e Telmex – mantengono una guerra aperta per il mercato delle telecomunicazioni, progetti alternativi o regionali riescono a sollevare la testa nonostante l’ambiente ostile.

Nell’ottobre 2010, nello stato di Morelos, confinante con la capitale messicana e vittima di forte ondate di violenza, un gruppo di giovani ha organizzato il festival “Tutte le voci per una radio comunitaria”.

Da lì è nata Radio Chinelo, che vuole essere uno spazio “in cui diversi settori della società abbiano pari accesso ai mezzi elettronici, per diffondere e discutere dei loro problemi e idee”.

Un “chinelo” è un ballerino dei popoli originari del centro del paese.

“Abbiamo fatto diversi spettacoli, usando il ricavato per comprare i computer e una cabina di regia”, ha detto il responsabile del programma di notizie, Sergio Sánchez.

Radio Chinelo ha un canale di notizie su Internet che trasmette due volte alla settimana e che si è rivelato fondamentale nella diffusione delle manifestazioni contro la violenza e il movimento contro l’impunità guidato dal poeta Javier Sicilia, il cui figlio è stato assassinato il 28 marzo.

La prima trasmissione è partita l’8 gennaio, ed è già pronto il progetto di TV su Internet (TVChinelo), anche se per ora si occuperà solo di eventi speciali.

“All’inizio eravamo in sette, adesso siamo quasi 30. Ci siamo consultati con altre radio comunitarie importanti, come la Ke Huelga e Radio Zapote”, ha spiegato Sánchez.

“Ma a differenza loro, che sono militanti e hanno informazioni molto rivolte alla loro base politica, noi cerchiamo di fare una radio più aperta, con contenuti sociali, culturali e politici”, ha aggiunto.

Un altro progetto regionale che è riuscito a superare le barriere dell’informazione è Transparencia para Todos, nato dal programma di accesso all’informazione pubblica dell’Università del Centro de México, un istituto privato dello stato centrale di San Luis Potosí.

“Cerchiamo di avvicinare la gente al diritto all’informazione, far vedere loro che è un diritto che serve nella loro vita di tutti i giorni”, ha detto all’IPS il coordinatore del progetto, Samuel Bonilla, che dal 2007 ha realizzato 18 workshop per i cittadini sull’utilizzo degli strumenti disponibili, come la Legge federale sulla trasparenza e l’accesso all’informazione pubblica governativa, approvata nel 2003.

I laboratori durano 10 settimane e sono guidati da una rete di formatori che lavorano nelle biblioteche pubbliche statali. Inoltre, è in cantiere un libro che raccoglierà le diverse esperienze vissute.

L’anno scorso, il progetto si è esteso a Puebla, nel sud del paese, e a Sonora, nel nord, visto che Bonilla è membro di México Infórmate, una rete nazionale di giornalisti e accademici che promuovono il diritto all’informazione.

Il progetto iniziale prevedeva di ampliare i laboratori a cyber-caffè e centri di convergenza digitale delle università, ma quest’anno la Commissione statale per la trasparenza ha tolto le risorse che aveva assegnato a queste attività negli anni passati.

“Stiamo cercando fondi presso diverse istituzioni statali e federali responsabili di promuovere la trasparenza. Se non avremo risposta o un qualche appoggio istituzionale, ci troveremo in una situazione molto difficile”, ha detto Bonilla.

“Ma se funzionerà, potremo mettere un freno ai tentativi di ostacolare legalmente i progressi verso l’accesso all’informazione pubblica”. © IPS