INTERVISTA: Serve volontà politica ma anche sostegno economico

NAZIONI UNITE, 16 febbraio 2011 (IPS) – “L’agenda sui diritti e l’empowerment delle donne in ogni paese deve essere sostenuta dalle autorità politiche”, dice Norah Matovu-Winyi, direttrice esecutiva della African Women’s Development and Communication Network (Femnet).

NORAH MATOVU-WINYI. Gentile concessione di Femnet

NORAH MATOVU-WINYI.
Gentile concessione di Femnet

Femnet è una rete aperta, nata per facilitare lo scambio di informazioni, di esperienze, idee e strategie tra le diverse Ong africane di donne, per rafforzare la loro capacità di partecipare attivamente nel processo di sviluppo. Questa condivisione “è un ottimo meccanismo di solidarietà per le donne”, sostiene Norah Matovu-Winyi.

Nei futuri Forum sociali mondiali, “occorre sostenere la partecipazione di più donne nei dibattiti”, dice Matovu-Winyi. Le donne possono imparare moltissimo l’una dall’altra e in molti casi scoprono che le loro lotte sono le stesse anche se provengono da diversi continenti.

Alcuni estratti dell’intervista:

D: Quali sono le questioni più urgenti per le donne in Africa?

R: Una povertà sempre più diffusa e in particolare fra le donne, questa è una delle maggiori sfide per l’Africa. Donne e ragazze, soprattutto nelle comunità povere urbane e rurali, continuano a vivere con meno di un dollaro e mezzo al giorno, mentre si riduce la capacità delle famiglie di generare reddito. Una situazione che è peggiorata con le recenti crisi su diversi livelli, come il crollo finanziario ed economico globale, l’insicurezza alimentare, il cambio climatico e la crisi dei carburanti: tutte si sono combinate andando a colpire i nuclei familiari dei paesi in via di sviluppo e aumentando la vulnerabilità delle donne di fronte alla povertà. La maggior parte delle donne africane hanno opportunità limitate di realizzare il loro pieno potenziale nella vita.

L’insicurezza derivante da guerre e conflitti (fra e dentro gli stati, così come all’interno delle comunità), in cui le organizzazioni di donne sono sempre più presenti sul campo di battaglia, sta creando scompiglio nella regione.

La pandemia di Hiv/Aids è una delle maggiori minacce per la sicurezza degli esseri umani e un incubo quotidiano per molte donne, uomini e giovani sul continente africano.

In Africa domina il sistema sociale del patriarcato, dove i diritti delle donne in quanto cittadini sono soggetti alle restrizioni sociali di inferiorità riservate al genere femminile, dove donne e ragazze non godono dello stesso riconoscimento accordato a uomini e ragazzi, e non sono considerate una risorsa per lo sviluppo del continente.

D: Il Forum sociale mondiale risponde ai bisogni delle donne africane?

R: Il FSM è uno spazio aperto e significativo per le donne, attiviste e femministe africane, che possono incontrarsi e creare legami con altri movimenti sociali e organizzazioni della società civile che promuovono un mondo alternativo libero dal neoliberismo e da ogni forma di imperialismo. Le migliaia di persone che convergono qui da ogni parte del mondo scambiano idee ed esperienze, identificano temi chiave e si coordinano per lavorare in armonia ad un mondo migliore.

Nel recente FSM 2011, Femnet ha organizzato in collaborazione con Panos un workshop sul tema di “genere e media”, insieme a due giornaliste che hanno lavorato per il quotidiano Flame of Africa, prodotto e distribuito durante il FSM. Per le giovani giornaliste è stata un’esperienza di capacity building perché hanno avuto la possibilità di confrontarsi sull’esigenza di un giornalismo attento alle tematiche di genere, di aiutarsi per adottare posizioni più forti nei media e utilizzare nuove tecnologie dell’informazione per portare l’agenda delle donne in primo piano nei processi di sviluppo globale. Il ruolo principale di Femnet in questa partnership è stato offrire una prospettiva di genere nella copertura dei diversi temi affrontati nel FSM, esortando le giornaliste africane a parlare del FSM con un’attenzione particolare al genere.

Il FSM ha offerto uno spazio a Femnet come organizzazione regionale per lavorare con altre organizzazioni di donne come Wide (Network of European women’s rights NGOs), o Awid (una Ong per i diritti delle donne che lavora con l’Europa, l’America Latina e l’Africa).

In quanto Ong per l’Africa, America Latina e Europa, abbiamo usato il FSM per confrontarci con le donne di diverse regioni del mondo. Abbiamo potuto discutere della Dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti, per preparare le donne africane a prendere parte nel dibattito su questo tema in vista del quarto Forum di alto livello (HLF4) che si terrà a novembre a Busan, Korea.

Il FSM risponde ai bisogni delle donne africane offrendo uno spazio dove si può discutere e articolare molte tematiche legate al genere e cercare terreni comuni su specifici argomenti. È anche un’opportunità per condividere esperienze, sfide e esempi di buone pratiche.

D: Crede che ci sia sufficiente volontà politica per portare al cambiamento per le donne africane?

R: La volontà politica e/o l’impegno politico sono fondamentali perché la leadership dall’alto fa sì che le cose si muovano su tutti i livelli. Per esempio in Ruanda, è grazie alla volontà politica che si è potuta programmare un’agenda per migliorare la salute materna, e questo ha avuto ripercussioni a livello della comunità, dove le donne sono state sensibilizzate sulla necessità di lavorare insieme al governo per cambiare alcune abitudini come l’attenzione all’igiene, ai servizi igienici e ad un ambiente pulito. O ancora, in Uganda, il presidente ha permesso al paese di spostare l’agenda per l’Hiv/Aids da un piano individuale/personale a una questione riguardante il paese e la comunità, per attivare tutti in prima persona nelle attività di prevenzione, terapia e cura. In questo modo è aumentata la consapevolezza e si è diffusa una cultura di accettazione delle persone affette da Hiv/Aids, riducendo la stigmatizzazione e migliorando l’accesso alle cure.

Non abbiamo percepito però una sufficiente volontà politica tra le autorità del Senegal nell’ospitare il FSM.

Per esempio sono stati cancellati molti incontri, perché mancava la sede, nonostante le organizzazioni avessero pagato le sale prima di arrivare al FSM. O ancora, tutti gli incontri delle donne si sono svolti nelle tende perché le autorità non hanno voluto assegnare gli spazi all’interno dell’università di Cheikh Anta Diop, che ospitava il Forum. Gli spazi alternativi (le tende) erano troppo cari per le organizzazioni femminili che non potevano permettersi di pagare la traduzione simultanea e le attrezzature per l’interpretariato.

L’impegno e la volontà politica devono essere accompagnati dallo stanziamento delle risorse economiche necessarie.

L’agenda sui diritti e l’empowerment femminile in ogni paese deve essere appoggiata dalle autorità politiche, ma occorre anche mettere a disposizione le risorse finanziarie per permettere il cambiamento necessario.

Per Femnet, il Decennio della donna africana (2010-2020) è una grande opportunità per tutte le donne africane di mobilitarsi e organizzarsi e creare una massa critica a livello nazionale, regionale e sub-regionale per sollecitare l’adozione di un’agenda comune – quella della cambiamento radicale per le ragazze e le donne dell’Africa. @ IPS