Organismo ONU sul clima, urge un focus sulle donne

NAZIONI UNITE, 10 settembre 2010 (IPS) – A due settimane dal summit sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs) alle Nazioni Unite, cresce la preoccupazione sulla separazione forzata fra uguaglianza di genere e sforzi rivolti al cambiamento climatico nonostante le donne, spesso le più colpite, svolgano un ruolo fondamentale nella soluzione del problema.

Secondo Rebecca Pearl, advisor per i Cambiamenti Climatici di Oxfam America, i due obiettivi di Sviluppo del Millennio sono spesso separati e difficilmente le iniziative ambientali comprendono un approccio di genere.

Molte organizzazioni e enti scientifici sui cambiamenti climatici difettano totalmente di un approccio di genere e ignorano i modi diversi in cui l’uomo e la donna sono colpiti dai disastri naturali.

“E’ importante continuare a diffondere la consapevolezza che le risposte al problema dei cambiamenti climatici devono tenere in considerazione i diversi bisogno e responsabilità di uomini e donne”. Un approccio di genere sarebbe il requisito necessario per il successo di qualunque intervento sul clima. Molti tentativi falliscono perché le donne sono lasciate fuori”.

Sebbene le donne siano le più colpite dai disastri naturali, perché sfavorite nella società e spesso in condizioni di dipendenza, hanno dimostrato di essere molto capaci nel mobilitare e motivare le comunità in risposta ai disastri causati dal cambiamento climatico.

Molte sono le ONG che lavorano sull’identità di genere e il cambiamento climatico, molte di queste collaborano con il Global Gender e Climate Alliance (GGCA) nato in occasione della Conferenza ONU a Bali sul Cambiamento Climatico del dicembre 2007 e che oggi include 25 istituzioni, fra organizzazioni delle Nazioni Unite e società civile. Diversi e tutti importanti gli obiettivi dell’Alliance, spega Pearl, fra questi, stabilire una politica globale sulle questioni di genere e sul cambiamento climatico attraverso la Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC).

“L’UNFCC è uno dei tre più importanti accordi multilaterali sull’ambiente che manca di un serio approccio di genere”. Gli altri accordi multilaterali che hanno scarsi riferimenti all’identità di genere, sono la Convenzione sulle Diversità Biologiche e la Convenzione ONU per Combattere la Desertificazione.

La Convenzione sulla Eliminazione delle Descriminazioni contro le Donne dovrebbe spingere l’UNFCCC a mobilitarsi. Ma l’UNFCCC ha a lungo ignorato questi mandati, preferendo utilizzare il linguaggio convenzionale dell’Hyogo Framework for Action, che si occupa della riduzione del rischio di catastrofi.

Un gruppo di pressione noto come Women's Environment and Development Organisation e ENERGIA, rete internazionale sull’identità di genere e sull’energia sostenibile, è riuscito a inserire la questione di genere nel programma del clima e dell’energia. Le due organizzazioni sono riuscite a far inserire nel testo dell’UNFCC del 2009 circa 30 riferimenti al problema di genere.

Le ONG “sperano di sensibilizzare la comunità sulla questione di genere relativa al cambiamento climatico”. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), in collaborazione con ONG e agenzie ONU, ha creato il primo manuale di formazione sulla questione di genere e sul cambiamento climatico. Il manuale contiene una grande quantità di informazioni per la società civile, su come UNFCCC, ONG e agenzie ONU conducono i corsi di formazione a livello globale e regionale.

Lorena Aguilar, Consulente di Genere per la IUCN, sostiene che “la IUCN ha avuto a che fare per anni con le principali convenzioni in materia ambientale, ma ha deciso di adottare una strategia più strutturata della convenzione UNFCCC, per sottolineare l'importanza del collegamento tra l'identità di genere e il cambiamento climatico”.

Il manuale descrive una serie di casi studio su microprogetti che mirano a promuovere la sostenibilità ambientale e, contemporaneamente, lo sviluppo delle donne.

Uno di questi è quello di Mama Watoto Group, che prevede dal 1994 un programma di rimboschimento della regione Kakamenga nel Kenya occidentale. Il progetto, animato da 28 donne e dalle loro famiglie, è iniziato quando, a causa dell'erosione del suolo non fertile, le donne erano costrette a raccogliere legna da ardere illegalmente dalla vicina riserva National Forest. In questo modo, sono state esposte al rischio di multe e hanno danneggiato la zona circostante contribuendo al degrado generale del paese.

Gli obiettivi del progetto inizialmente erano di ridurre l'eccessivo sfruttamento delle risorse forestali e trovare una fonte alternativa di reddito per le comunità. Un obiettivo raggiunto, insieme a quello di conferire maggior potere alle donne rendendole responsabili del programma di rimboschimento, piantando alberi a crescita rapida nella propria terra.

Questo è un esempio di come, attraverso l'educazione delle donne sulle questioni climatiche e ambientali sia è possibile ottenere risultati che possono migliorare la vita e la condizione delle donne e allo stesso tempo mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici e ambientali.

“I programmi sono molto ben accolti dalla comunità, sia dai gruppi di donne che di uomini, sostiene Aguilar. “Il contrasto maggiore proviene da istituzioni, decisori pubblici e esperti in materia di ambiente, che però non capiscono la dimensione sociale del cambiamento climatico” .

“Spesso le donne sono escluse dai processi decisionali degli organismi locali anche se potrebbero, visto che conoscono meglio di altri le varietà delle coltivazioni locali, le fonti d'acqua, e la risorse necessarie ai bisogni delle loro famiglie e delle comunità”.

“Nonostante questo, qualsiasi intervento, sia nel campo dello sviluppo che in quello del cambiamento climatico, avrebbe la potenziale capacità di promuovere contemporaneamente la leadership femminile”.