PAKISTAN: Incubo per i civili sfollati nel conflitto

PESHAWAR, 13 gennaio 2009 (IPS) – “È un inferno! Niente elettricità, niente acqua potabile! Questa non
è vita, stavamo meglio a casa nostra!”, sbotta Arjumand Khanum,
rifugiata della Bajaur Agency, al confine tra Pakistan e Afghanistan.

Kashmala Bibi sorride mentre porta una scatola di provviste alla sua tenda. Ashfaq Yusufzai/IPS

Kashmala Bibi sorride mentre porta una scatola di provviste alla sua tenda.
Ashfaq Yusufzai/IPS

Khanum, 60 anni, vive in una tenda del campo di Kacha Garhi, alla periferia di Peshawar, capitale della Provincia della Frontiera del Nord-Ovest (NWFP).

Si stima che dal 22 settembre circa 400mila persone avrebbero abbandonato le loro case nella Bajaur Agency, in seguito all’operazione militare lanciata dall’esercito pakistano contro i militanti talebani.

Nel campo di Kacha Garhi, le condizioni di vita sono terribili. I più colpiti sono i bambini. I sette bambini di Khanum, tra i 12 anni e pochi mesi d’età, sono ricoperti di punture di zanzare. “I bambini piangono tutta la notte”, racconta.

Il governo della NWFP ha installato 11 campi per ospitare gli sfollati interni (IDP, dall’acronimo inglese) provenienti dalla Bajaur Agency e Mohmand Agency, due delle Aree tribali di amministrazione federale (FATA), e dallo Swat, un distretto della NWFP, dal 2006 devastato dalle violenze.

I civili, intrappolati nel fuoco incrociato, sono fuggiti a Peshawar e in altre parti della NWFP.

“Un quarto delle persone sfollate vive nei campi profughi; gli altri vivono in casa di parenti o in appartamenti in affitto”, spiega Jamil Amjad, presidente della NWFP Disasters Management Cell.

“Circa il 51 per cento dei residenti nei campi soffre di infezioni respiratorie acute, e il 19 per cento ha sofferto di diarrea acquosa acuta”, segnala Saeed Akbar Khan, medico dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che insieme al Programma alimentare mondiale (PAM) e all’UNICEF, il Fondo ONU per l’infanzia, ha lanciato ad ottobre un appello per 30 milioni di dollari in aiuti per gli IDP.

L’UNICEF stima che il 15 per cento dei bambini nei campi profughi sia gravemente malnutrito. I più colpiti sono i bambini dei distretti di Nowshera, Lower Dir, Mardan, Charsadda, secondo il medico Saeed Anwar. L’incidenza di scabbia è del 4 per cento, dei casi di febbre inspiegabile del 6 per cento, sospetta malaria del 3 per cento, e diarrea sanguinolenta dell’1 per cento, riferisce.

In assenza di tende attrezzate per l’inverno, con l’intensificarsi del freddo pungente si moltiplicano le difficoltà per gli IDP, spiega all’IPS Amjad, della NWFP Disasters Management Cell. “Nessuno và al bagno di notte. È un grosso guaio”, commenta Khanum.

I residenti del campo di Mardan hanno chiesto strutture migliori. “Abbiamo protestato per avere più strutture sanitarie, acqua potabile pulita e derrate alimentari, ma nessuna delle nostre domande ha trovato ascolto”, lamenta Shakoor Khan, un agricoltore da Mohmand.

Safia, di sette anni, proveniente dalla Bajaur Agency, è morta di diarrea nel campo di Mardan il 21 ottobre. Gli operatori del campo non sono riusciti a far arrivare un’ambulanza per portarla in ospedale, denuncia un rapporto del dipartimento della salute.

Alla fine di novembre, Mardan ospitava 3.120 famiglie. L’OMS ha riportato un’epidemia di diarrea nel campo, con il ricovero di 5.325 persone e la morte di un bambino di 6 anni, Hazirullah. “Poteva essere salvato se fosse stato portato in tempo in ospedale”, si legge in un rapporto dell’OMS.

Anche nel campo di Peshawar è stato registrato un morto. “Una donna anziana è morta dopo che le è stato negato il ricovero nel Hayatabad Medical Complex (HMC), il 15 ottobre scorso. Abbiamo quindi presentato un reclamo al governo, ma non è successo niente”, confida un funzionario dell’OMS che non ha voluto essere identificato.

L’UNICEF, in uno sforzo di sensibilizzazione sul tema della nutrizione, ha lanciato un programma per addestrare 10 persone in ogni campo in 'gestione su base comunitaria della malnutrizione acuta' (Community Based Management of Acute Malnutrition, CMAM).

Un funzionario delle Nazioni Unite ha posto l’accento sullo scarso coordinamento tra il governo e le agenzie di donatori, come causa principale della scarsa assistenza umanitaria attiva nei campi. “Finora, ci sono stati tre morti, uno a Kacha Garni e due nel campo di Mardan, e tutto a causa della negligenza del governo”, sostiene il funzionario.

Le cose potrebbero peggiorare, avverte Anjad della NWFP Disasters Management Cell. “Con l’attività incessante dei militanti, temiamo che arriveranno sempre più persone in questi campi”, osserva.

“Dopo due giorni di piogge continue, l’8 e il 9 dicembre, la vita nel campo si era paralizzata. Non si cucinava più; ogni attività si era fermata”, racconta Shukria Bibi, 55 anni, giunta al campo di Peshawar da Dir lo scorso mese.

Non ci sono scuole per i bambini, e nessuna speranza di occupazione per gli adulti.

Abdul Hameed, presidente dell’Associazione pediatrica del Pakistan (PPA), ha dichiarato: “Il governo dovrebbe occuparsi del problema della salute infantile, delle strutture di ricovero ed educative”. Il Pakistan, firmatario della Convenzione ONU dei diritti dell’infanzia, è obbligato a tutelare i diritti di circa 17mila bambini tra gli IDP.

“Desidero tantissimo ritornare alla mia scuola. Passo tutto il giorno qui (nel campo di Mardan) a non far niente”, lamenta Kashmala Bibi, 11 anni. Frequentava il quarto anno di scuola primaria nella Mohmand Agency, Spiega, prima che scoppiassero gli scontri tra le truppe governative e i militanti talebani, che hanno sradicato la sua famiglia.

“Questi bambini potrebbero diventare dei mostri in futuro, se non verranno riabilitati”, avverte Hameed, facendo un parallelo con i talebani provenienti dalle famiglie afgane rifugiate in Pakistan, che hanno preso il potere a Kabul ponendo le basi dell’attuale conflitto in entrambi i paesi.